Katie Van Syckle, CQ gennaio 2014, 15 gennaio 2014
CHE GUARDI?
Mercoledì pomeriggio, Los Angeles. Ben Lashes sta fumando una sigaretta elettronica sul Sunset Boulevard, a West Hollywood. Indossa jeans attillati, cappello di feltro nero, Ray-Ban scuri, AirJordan 1. Il suo cliente, Grumpy Cat, attende il pulmino del sito di “celebrity gossip” Tmz in una scintillante Cadillac Escalade nera.
Ha organizzato l’incontro davanti al club Comedy Store, spera di avere uno speciale su Tmz. «Voglio vedervi quando arrivano», dice A Tabatha Bundesen, 28 anni, la proprietaria del gatto. La figlia di Tabatha, Chrystal, beve un frappuccino. A lei si deve il vero nome di Grumpy Cat – Tardar Sauce – con relativo errore di ortografia («Prima era bianco-arancio, poi è diventato bianco e nero come la salsa», spiega, «ma non sapevo come si scrive “tartar”...»). È una tappa del tour promozionale di Grumpy Cat: A Grumpy Book, di cui Chrystal funge da macchina pubblicitaria, pr e braccio destro. Lashes spera di portare Grumpy Cat al Saturday Night Live. «Tutto è possibile», assicura.
Nato Benjamin Clark a Spokane nello Stato di Washington, 35 anni fa, sa il fatto suo. Ex frontman del gruppo power pop The Lashes, già scritturato dalla Columbia Records, oggi fa il manager di “merne” (ovvero: un’unità auto-propagantesi di evoluzione culturale, analoga a ciò che un gene è per la genetica, quindi un elemento di una cultura o civiltà trasmesso da mezzi non genetici, soprattutto per imitazione, ndr) a Los Angeles: è merito suo se uno dei personaggi virali più famosi di internet, da link sul web, si è trasformato in marchio da sei zeri.
Il pulmino si ferma davanti al Comedy Store. «Oddio, è Grumpy Cat!», grida un fan, mentre Tabatha sale a bordo tenendo il siamese come un ventriloquo regge il suo pupazzo. Lui guarda la padrona e gli occhi azzurro-cielo (in attesa di brevetto) si spalancano come a dire: «Mi avete svegliato per questo? Nooo». Quando il pulmino riparte tutti salgono su un suv. Prossima fermata, l’Hotel Standard, a un isolato di distanza. «Potevamo andare a piedi», osserva Tabatha. «Grumpy Cat non si fa a piedi Sunset Boulevard», risponde Lashes. «Lui fa lo splendido, così lo vedono scendere da una Escalade».
Cappello un po’ di sbieco, Lashes beve una Corona al bar dello Standard. Da quando i Bundesen hanno firmato il contratto, 6 mesi fa, Grumpy Cat ha ottenuto un’opzione sui diritti di un film, è diventato testimonial di Friskies, il libro è entrato nella bestseller list del New York Times, oltre a 35 mila cartoline di auguri ha venduto più di 100 mila magliette e prima di Natale 100 mila peluche sono arrivati nei grandi magazzini Usa. Quest’anno, poi, verrà lanciato il caffè “Grumppuccino”.
Tutte idee di Lashes, il primo ad avere l’intuizione che Grumpy Cat non è diverso da una rockstar o da Topolino. È solo un’altra personalità della cultura pop da trasformare in brand e da vendere.
Per diventare celebre, una band e un gatto hanno bisogno della stessa cosa: una comunità di irriducibili fans che trasformino un successo di nicchia in fenomeno di massa. «Prendi i Van Halen: senza il loro pubblico fuori di testa sarebbero solo quattro tizi che suonano in un locale vuoto». Compito del manager è soddisfare i fans e contemporaneamente cercare nuove opportunità promozionali: un approccio che somma la lungimiranza del talent scout, l’abilità del consulente di marketing, l’appetito insaziabile del tifoso e la sfacciataggine di una squillo di Chinatown.
La lista dei clienti di Lashes comprende Keyboard Cat, Nyan Cat, Scumbag Steve, Success Kid, Chuck Testa e Ridiculously Photogenic Guy; inoltre è iniziata la collaborazione con America’s Funniest Home Videos per la promozione e la gestione del catalogo. «Il mio scopo? Far si che questi fenomeni siano trattati come ogni altra fonte d’intrattenimento», spiega. È convincente, quasi dimentichi l’assurdità di quel che vende.
«Nessun altro fa quel mestiere», dice Martin Brochstein, vicepresidente della International Licensing Industry Merchandisers’Association. «Molti specialisti di marketing e del licensing conoscono il loro mestiere, ma nel digitale è il solo a occuparsi di animali».
L’impegno di Lashes per la celebrità felina nasce nel 2009 grazie all’amico Charlie Schmidt, creatore di Keyboard Cat. Registrato in origine nel 1984, il video mostra il gatto Fatso che suona una pianola indossando una maglietta azzurra. Schmidt l’ha pubblicato su YouTube nel 2007, ma il video è diventato virale nel 2009. Incerto su come gestire l’ondata di attenzione, Schmidt l’ha contattato. «Era evidente che a Keyboard Cat servisse un manager: mica poteva farsi promozione da solo!». Colte subito le opportunità pubblicitarie e di merchandising, insieme a Schmidt ha compilato un lungo elenco di iniziative: depositare i diritti della canzone, trovare inserzionisti su YouTube, avviare trattative per magliette e altri prodotti, creare nuovi video, tenere aggiornato il canale.
Un successo: Keyboard Cat vanta un giocattolo animatronico, un’apparizione in uno spot dei dolcetti Starburst, un video per gli MTV Video Music Awards e, pare, un cameo nel film di Grumpy Cat. A coronare il tutto c’è lo spot televisivo per Wonderful Pistachios, in onda in tutti gli Stati Uniti da tre anni.
Con il passare del tempo Lashes ha incontrato altre persone cui è esploso fra le mani un fenomeno di cultura pop: la parola d’ordine è proteggerli dai loschi figuri che offrono pessimi contratti con magliette da quattro soldi. «Questa gente viene fregata di continuo», spiega Kia Kamran, avvocato specializzato in proprietà intellettuale e consulente di Lashes. «Un video diventa virale e arrivano subito gli avvoltoi. Come trentanni fa: vogliono i diritti per farci quello che pare a loro».
Lashes, che si è costituito come fiduciario ed è quindi obbligato per legge ad agire nell’interesse dei clienti, percepisce una percentuale pari a quella di un manager musicale, circa il 20%. Dopo Keyboard Cat ha preso Nyan Cat, una grafica animata dell’artista Christopher Torres, e insieme hanno creato prodotti per la catena di negozi di giocattoli Toys’ R’ Us e aperto un temporary shop a New York. Oggi Lashes offre un ventaglio di servizi ai meme più famosi. Elabora strategie di carriera, stimola nuove idee, trova consulenti specializzati come Al Hassas, esperto in contratti nel settore intrattenimento e l’avvocato specializzato in diritti musicali Kia Kamran.
Parla di continuo con nuovi clienti, ma sostiene di non essere un talent scout. «Mi muovo in questi spazi e cerco dei meme che mi piacciono, come mi piacciono i miei brand preferiti: Guerre stellari, i Muppet, Peewee Herman. Tutti originali, classica cool. Non sono uno sciacallo che chiama chiunque abbia un milione di visualizzazioni: mi concentro su cose che trascendono tempo e mode. Il merchandising è un modo per avvicinarsi ai marchi, insomma, ma se sono diventati tali è perché la loro priorità è prima far felice la gente, dopo fare soldi».
Nel pomeriggio, mentre sfiliamo in limousine sul Santa Monica Boulevard, capisco che il successo di Grumpy Cat è dovuto anche all’impegno dei Bundesen. Soprattutto di Bryan, fratello di Tabatha. Tecnico della tv via cavo Time Warner Cable in Ohio, ha pubblicato per primo una foto del gatto sul sito social Reddit, nel settembre del 2012. L’espressione di Tardar Sauce era quella poi diventata immortale: cipiglio severo e angoli della bocca rivolti all’ingiù, a significare sommo disprezzo per qualunque cosa gli passi davanti. Un milione e mezzo di visualizzazioni in 36 ore (accusato di aver ritoccato l’immagine, Bryan ha pubblicato un video altrettanto esplosivo).
Iniziarono i colloqui con ditte di magliette e abbigliamento, poi segui un articolo ripreso dalla stampa nazionale, quindi la prima apparizione ai talk show della mattina. A dicembre i Bundesen erano nelle mani di Lashes, che li aveva contattati tramite YouTube. «Gestire tante cose in così poco tempo è pazzesco», ammette Bryan, «ma Ben è bravissimo a tenere i rapporti e ci ha aiutato in campi di cui io sapevo poco o nulla».
Anche Tabatha, mamma single e cameriera alla catena di ristoranti Red Lobster, è entusiasta. Il suo compagno era da poco scomparso, faceva nove turni di lavoro alla settimana. «Dal punto di vista economico stavo affondando. Poi, il successo. Ma non sopportavo il cellulare che esplodeva continuamente, notte e giorno».
L’entusiasmo enorme suscitato da Grumpy Cat sembra l’apoteosi della cultura di internet, non solo dell’amore per i gatti. Il muso perennemente imbronciato pare sarcasmo puro. In realtà è un difetto congenito, ma ormai è il simbolo di chi è sempre critico e incontentabile. «D potenziale espressivo è molto maggiore di altri atteggiamenti burberi nei confronti dell’universo», sostiene Henry Jenkins, coautore di Spreadable Media: Creating Value and Meaning in a Networked Culture (con “Media spalmabili” indica la grande diffusione di contenuti grazie a reti formali e informali, ndr): «Se la cultura va nella direzione della posa sarcastica, devi avere immagini che comunichino sarcasmo». Più attenzione ricevevano i Bundesen, più nascevano fonti di profitto. La comunità di Reddit, per esempio, ha preteso le magliette, mentre i commentatori su Facebook volevano un peluche. A quel punto funzionava tutto: tazze, calamite, portachiavi, adesivi, calendari, libri, cinture, carte da gioco, auricolari, custodie per smartphone, biglietti di auguri. «Non è questione di prostituirsi, di andare con chiunque», precisa l’avvocato Kamran, «è che stiamo parlando di un maledetto meme di Internet. Per cui non stiamo a fare tanto i preziosi: se qualcuno vuole un portabevande con sopra il muso di Grumpy Cat, si accomodi pure».
Un team legale in gamba è essenziale perché la capacità di generare profitti dipende dalla propria protezione dell’immagine, un problema delicato per le celebrità basate su un meme. «La differenza fra i prodotti cacciati a forza in gola ai consumatori e le cose che crescono gradualmente? La gente pensa che, visto che è stata la massa a renderle famose, i diritti di proprietà del creatore vengano meno», spiega l’avvocato.
I pirati che sfruttano Grumpy Cat in modo illegale non sono solo ragazzi che vendono felpe in giro, ma anche grandi aziende: Kamran ha appena concluso un patteggiamento con Warner Bros, per conto di Keyboard Cat e Nyan Cat, in una causa per violazione del marchio e dei diritti d’autore. E in un’industria in cui le royalty oscillano fra il 6 e il 10% del prezzo dell’articolo, simili battaglie legali hanno decisamente molto senso.
Infatti i Bundesen già possiedono una quota della nuova società di caffè e pretenderanno una parte degli incassi del film, mentre per le pubblicità Lashes chiede compensi di tutto rispetto. «Neanche alzo il telefono per 200 dollari al giorno», commenta a proposito del cachet di Grumpy Cat. Come gli altri clienti di Lashes, i Bundesen hanno realizzato il sogno americano creando un meme. Charlie Schmidt pare abbia guadagnato più di 300 mila dollari tra spot tv e merchandising. Christopher Torres vive dei guadagni di Nyan Cat e ne dona una parte a vari enti benefici. Le entrate garantite da Grumpy Cat sono ancora troppo sporadiche perché Bryan lasci il lavoro, ma Tabatha già si è licenziata dal ristorante.
La limousine si ferma accanto al tappeto rosso (altra idea di Lashes) di Kitson, catena californiana di cianfrusaglie amata da Paris Hilton e Kim Kardashian.
Quasi 800 persone aspettano di farsi fotografare con Grumpy Cat. Tabatha scende dalla limousine e lo esibisce. Un marinaio di mezza età in divisa, venuto apposta da San Diego, aspetta accanto a una cinquantenne asciutta e abbronzata con in testa un paio di orecchie da gatto e una canotta bianca con la scritta “Gattara matta”. Chiedo a Bryan se Grumpy Cat è assicurato. Risponde che l’avvocato ci sta lavorando.