Micaela Urbano, Macro, il Messaggero 15/1/2014, 15 gennaio 2014
È QUESTIONE DI CUORE
[Micaela Ramazzotti]
L’INTERVISTA
Sciroccata, sbandata, candida, innamorata, struggente, disperata, svampita, sognatrice, moglie, madre, oggetto del desiderio, adolescente, adulta, problematica. Tanti ruoli di donne diverse tra loro, tutte «amiche» sue. «Le incontro, le conosco, ci vado d’accordo per forza, le vivo, le porto con me. Ognuna di loro mi lascia qualcosa», racconta Micaela Ramazzotti, 35 anni, la più brava attrice di quella generazione nata alla vigila degli anni 80 della strage di Bologna, dell’attentato al Papa, di Madonna e di Bowie, della moda urlata, del nuovo femminismo. Faccia da bambina, nasino all’insù, bocca carnosa, con quell’accenno di occhiaie che la rendono ancora più sensuale e che lei rivendica, «cercano di nascondermele con il trucco e le luci, ma fanno parte di me», fisico slanciato, efebico quasi, a Micaela non piace cantare nel coro. È un’antidiva. Fresca, spontanea, la risata piena, gli slanci che riesce a restituire intatti sul set. Affamata di vita, semplice e croccante, due volte madre, fan sfegatata di Papa Francesco. E, nonostante un’incetta di premi prestigiosi si sente «fragile, come tutti gli attori. Ci squagliamo per un complimento e andiamo in tilt per una critica negativa». In questo periodo, su Raiuno, è protagonista di Un Matrimonio, film in sei parti di Pupi Avati. Un grande affresco italiano, di emozioni e immagini, che copre 50 anni di storia attraverso una saga familiare.
All’inizio di Un Matrimonio, Micaela ha 18 anni...
«E alla fine 70. Avevo paura di invecchiare di mezzo secolo. Mi truccavano sei ore, mi spalmavano sulla pelle una maschera spessa due dita, e io rabbrividivo per chi si fa il taglia e cuci dai chirurghi estetici con tanta disinvoltura. Dopo quel trattamento, gli altri attori e io, credendo di dare un tocco di verità in più, zoppicavamo, trascinavamo i piedi, tremavamo come avessimo il Parkinson. Inorridito, Avati ci ha gridato: ma siete matti? Che forse, io che ho 75 anni, arranco, pendo? Invecchiare non significa rimbambire, ammalarsi».
Com’é Avati?
«A 17 anni mi prese per una comparsata nella Via degli angeli, e da quel momento ho sempre sognato di entrare in un suo film, ma lui per 12 anni mi ha dimenticata, fino al Cuore grande delle ragazze. Poi mi voluta in Un Matrimonio. Lavorare con lui è rassicurante. È un capocantiere senza fronzoli, con la forza di un ventenne, ama gli attori, li prende per mano, li accende di coraggio. È un grande padre che si cura di 259 orfani, tanti eravamo su questo set».
Il suo ruolo?
«Francesca è una ragazzina imbranata, generosa, sognatrice eppure determinata. Intelligente, capace di trasformarsi da proletaria in donna borghese. Diventa elegante, padrona di una casa - magari l’avessi io - con la grande cucina, il lungo corridoio lungo delle case bene di una volta, un bel salotto. Con grazia, dedizione e amore attraversa i momenti felici e le delusioni di un’intera vita».
Quali ricordi ha della sua famiglia?
«Mio padre e mia madre che lavorano tutto l’anno per portarmi in vacanza in estate, papà che la domenica esce con me e mi fa conoscere Roma, i monumenti, i palazzi più belli. La mia è una famiglia di estrazione popolare, unita, appiccicatissima, i miei stanno insieme da 44 anni».
Quando ha deciso di fare questo mestiere?
«A 12 anni. Colpa di mia nonna, lettrice accanita di fotoromanzi... Mi misi a divorarli anche io, a scuola.Sotto il libro di storia nascondevo “Cioé”. Non Dickens, ma Ciavarro e gli altri. E dai forotromanzi ho iniziato anche io, arrivarono le prime particine al cinema, in tv. Da allora so che senza un paio di scarpe adatte non sarei in grado di recitare bene, e non è solo una metafora...»
Dopo Questione di cuore, girerà il nuovo film di Francesca Archibugi.
«Un’altra autrice che amo molto, sensibile, sicura».
E nel frattempo ha girato Più buio di mezzanotte non può fare.
«Sì, ma è solo una partecipazione, interpreto la mamma di David Cordova, noto come Fuxia, storica drag queen della Mucca assassina».
Cosa si prova a essere dirette da Paolo Virzì, suo marito?
«Ci siamo innamorati, io per prima, durante le riprese di Tutta la vita davanti. Eravamo sicuri che la nostra storia fosse segreta, mentre eravamo sulla bocca di tutti. All’inzio ero imbarazzata, dopo averlo sposato ancora di pù».
Crede nel matrimonio?
«Sono ancora una dilettante, sono sposata da 5 anni... Sì, ci credo, soprattutto nella promessa. Dire sì a uno sconosciuto è di per sé grandioso. Il matrimonio lo è, con gli alti e i bassi. Una squadra, che spera in un futuro migliore per i figli. Quando i miei avranno 20 anni le cose saranno cambiate. Devono cambiare».
Micaela Urbano