Antonella Lattanzi, Rolling Stone gennaio/febbraio 2014, 15 gennaio 2014
MELISSA P.
Dieci anni dopo 100 colpi di spazzola prima di andare a dormire – autobiografia erotica di una 16enne che scandalizzò l’Italia e diventò un bestseller – Melissa Panarello, in arte Melissa P., riparte da quel momento per arrivare a oggi. E raccontare, certo, i retroscena di un successo tale che «dicevano che non sarei sopravvissuta», ma ancor più: per scrivere un romanzo. Chi si aspetta (come mi aspettavo io) che la parte più riuscita sia il dietro le quinte di 100 colpi... sarà sorpreso: è il racconto dell’oggi il più potente, quello che ti parla. Melissa P. vs Melissa Panarello, io narrante vs personaggio narrato, scrittore vs persona: in La bugiarda, Melissa trova la sua voce, il suo fuoco, che va davvero ben oltre la domanda: quanto c’è di autobiografico?
Chi sono i bugiardi? Chi è la bugiarda? I bugiardi sono tutti quelli che non si riconoscono in quello che fanno, quelli che hanno perso l’autenticità nascondendosi dietro idee su se stessi completamente sbagliate. La bugiarda, in questo caso, è una ragazza che ha così tanto ostentato la propria verità che, per paradosso, è stata accusata di essere bugiarda. Come scrivo nel libro, la gente è così abituata alle menzogne che la verità diventa faticosa da accogliere e accettare.
Chi sono le tre Melissa di questo romanzo (Melissa pubblica. Melissa privata di ieri. Melissa privata di oggi)? Pubblicamente ho sempre dato piccoli pezzi di me non sapendo che è su quei pochi pezzi che il pubblico costruisce l’intero personaggio. La differenza fra la Melissa di ieri e quella di oggi è quindi essere riuscita a capire davvero, finalmente, il personaggio pubblico. Ho sempre scisso il pubblico dal privato perché non volevo infettare il privato. Questo, in un certo senso, mi ha salvata. La Melissa di ieri era sicuramente più coraggiosa, forse perché era spinta dal desiderio di cambiare la sua vita. Quella di oggi è felice della propria vita, e forse per questo è diventata meno coraggiosa.
Come nasce La bugiarda? A un certo punto un caro amico cominciò a farmi delle domande: quando avevo scritto 100 colpi...? Perché? Chi ero mentre avevo scritto quel romanzo? Pensai che se a chiedermelo era una persona così legata a me, evidentemente avevo saltato un passaggio: come può la gente rendersi conto di quello che è veramente successo se non glielo spiego? Volevo inoltre chiudere definitivamente un cerchio: ora sono una donna, non più una ragazzina di 16 anni. Quel primo romanzo mi ha aiutato a essere ciò che sono ora, ma questo non significa che debba pesarmi sulle spalle per il resto della vita. E stato un modo per chiudere col passato senza rinnegare niente. Anzi: amandolo, il passato.
«Dalla morte rinasco più bella»: quando è morta Melissa P.? Quando tu? Io sono sempre stata Melissa P. Melissa Panarello e Melissa P. sono la stessa persona, quindi sono morte è rinate contemporaneamente. La prima volta a 17 anni, quando 100 colpi... cambiò drasticamente la vita. La seconda adesso, quando mi libero di 100 colpi.... Morire poi mi piace, a ogni rinascita segue qualcosa di nuovo, di avventuroso. E una specie di fame.
Da 100 colpi... passando per altri tre romanzi, una graphic novel, due saggi, una canzone, a La bugiarda: cosa hai scoperto? Che non bisogna mai abbandonare la propria voce, che l’unica cosa che conta è mantenere viva la propria freschezza, la propria ingenuità. Più si va avanti, più si è disposti a fare compromessi con la menzogna. Mai cedere. Bisogna dare spazio alla propria individualità, al proprio nucleo incandescente. La verità, l’onestà con se stessi e quindi con gli altri sono l’ingrediente principale.
La bugiarda è un romanzo sulla madre? Meglio, un romanzo d’amore sulla madre? Assolutamente sì. Tutti i miei romanzi, in qualche modo, parlano della madre. Ma questo parla della mia. La mia madre vera. Naturalmente è la madre vista con i miei occhi, quindi parla moltissimo della madre che mi porto dentro. Nella società occidentale è ancora così difficile parlare di madri cattive, sembra che l’unica maternità autorizzata sia quella fatta di bontà e virtù. Ma il femminile è diviso in chiaro e scuro e non può esistere bontà senza cattiveria.
«Dissero che ero una bambina fortunata». Lo sei stata? Lo sei? Direi di sì. Non mi sono mai sentita vittima delle circostanze, delle persone né di me stessa. Ho sempre fatto quello che volevo, quando volevo. Mi sono sempre sentita libera di essere. Per questo mi ritengo fortunata. Non mi sono mai sentita schiava di niente e di nessuno.
C’è differenza tra vita e narrazione? Per me nessuna. Tutto è narrazione. Leggo i tarocchi come fossero narrazione, consulto gli oroscopi con lo stesso atteggiamento. La mia vita è narrazione come quella di chiunque altro. Chi di noi scrittori non si è mai sentito dire da uno sconosciuto: «Ah! Tu scrivi? Allora devo raccontarti la mia vita, non sai quello che mi è successo!». È normale. Ogni tanto vogliamo fermarci per dare voce e parole alle cose che ci appartengono, che ci sono appartenute. È un modo per ripulire il sangue infetto, immagino.