Marta Serafini, Corriere della Sera 15/1/2014, 15 gennaio 2014
UN TERMOSTATO CHE SI COLLEGA ONLINE COSÌ GOOGLE ENTRERÀ NELLE NOSTRE CASE
È la domanda che ossessiona il mondo del tech da due giorni. Analisti, giornalisti e perfino economisti sono scesi in campo per spiegare perché Google abbia speso 3.2 miliardi di dollari per acquisire Nest Labs, un’azienda produttrice di termostati e sistemi di allarme anti-incendio. Detta così la faccenda può sembrare un’enorme follia. La cifra è da capogiro per un marchingegno che ci permette di risparmiare sulla bolletta o che suona quando ci dimentichiamo il pollo in forno. Ma forse la ragione è più semplice di quello che sembra: Mountain View ha speso così tanti soldi per fare soldi.
In questi ultimi mesi le grandi della Silicon Valley si sono date allo shopping selvaggio di startup, idee, progetti e social network. Ultimo caso eclatante, Zuckerbeg disposto a sborsare 3 miliardi per Snapchat, il social network che tanto piace ai ragazzini. E se re Mark è rimasto a bocca asciutta, con tanto di mail di offerta pubblicate online, la concorrenza per arrivare primi sul futuro dalle parti di San Francisco è sempre più spietata.
I social e i servizi web faticano a generare utili, devono affidarsi alla pubblicità e questo li porta inevitabilmente a doversi continuamente reinventare. Morale, tutti, compresi Larry Page e Sergey Brin, sono alla caccia del prossimo cavallo su cui puntare. E il puledro di razza potrebbero essere proprio la domotica e le case ad alta tecnologia. Dispositivi che ti danno il benvenuto, schermi ricurvi e piatti dai quali comandare le nostre vite. Smartphone che diventano vere e proprie estensioni delle nostre mani. Certo, Google non mollerà la presa sui social, i motori di ricerca e le comunicazione. Semplicemente scommette sulla prossima corsa. Che porta dritto all’internet delle cose. Nest oggi produce allarmi e termostati che dialogano con la rete. Ma questo non vuol dire che un domani non possa ampliare il suo raggio di azione. E se un giorno ci alzeremo grazie a sveglie che suoneranno prima in caso di traffico, o torneremo a casa e la cucina ci avrà preparato la cena praticamente da sola, molto probabilmente dovremo ricordarci di questa società di Palo Alto composta da 300 impiegati e di questa cifra da capogiro. Una scommessa azzardata? Si vedrà. Intanto Wall Street ieri sembra aver dato ragione all’intuizione e il titolo di Mountain View è salito del 1.83 per cento.
C’è un dettaglio che però non va dimenticato. Come sottolinea Forbes , la decisione di comprare Nest per gli uomini di Big G ha a che fare anche con il «capitale umano». Virzì e la Brianza questa volta non hanno colpe. Il fondatore di Nest, Tony Fadell, è l’uomo che ha disegnato il primo iPod per Apple, con la ghiera dei comandi rotonda. E non solo. Dopo essersi licenziato nel 2010, Fadell giurò a Steve Jobs in persona che non sarebbe mai andato a lavorare per la concorrenza. Una promessa che ha mantenuto finché Jobs era in vita. Ma ora le cose potrebbero cambiare. Se è vero che Fadell conserverà la sua autonomia, è pur vero che per Google l’acquisizione significa anche dare una spallata ad Apple e togliere terreno sotto i piedi di Cupertino. Quindi è molto probabile che di questo inventore di 44 anni sentiremo parlare ancora.
A Re/code Fadell ha spiegato che i colloqui per la fusione con Google sono iniziati la scorsa estate e che i tempi sarebbero stati accelerati a novembre dello scorso anno. Poi ha aggiunto candidamente: «O rimani indipendente o ti unisci con qualcuno; con questa acquisizione, abbiamo il meglio da entrambi i mondi». Ma la vera chiave di lettura sta tutta in una frase detta da The Verge qualche tempo fa: «Nella Silicon tutti continuano a pensare di dover impressionare gli altri per avere successo. Ma forse dovremmo iniziare a inventare sul serio qualcosa di nuovo». Alla faccia degli uccellini cinguettanti, delle idee dei nerd come Zuckerberg o del design perfetto dello smartphone che tanto piaceva a Steve.
Marta Serafini
@martaserafini