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 2014  gennaio 15 Mercoledì calendario

L’INGEGNERE SEMPRE A DISPOSIZIONE DEI POTENTI: ABITAZIONI, ALBERGHI E TANTI SOLDI


La ministra della Giustizia, Annamaria Cancellieri, non era la sola a telefonare a Salvatore Ligresti. Anche Angelino Alfano andava a cena con lui – sappiamo ora – dopo avergli chiesto di sistemargli un collaboratore a Roma. Lui, Alfano, ministro e vicepresidente del Consiglio, era già sistemato: presso l’ospitale palazzina di don Salvatore ai Parioli, via delle Tre Madonne, insieme a tanti altri inquilini eccellenti.
Non c’è niente da fare: don Salvatore è un uomo generoso. Le sue case, i suoi alberghi, i suoi soldi sono sempre stati a disposizione degli amici e degli amici degli amici.
Ha cominciato tanti anni fa, nella Milano da bere, a girare negli uffici del Comune (giunta Psi-Pci) dispensando sorrisi e pacche sulle spalle. La potentissima caporipartizione dell’urbanistica, Maria Grazia Curletti (comunista) abitava in un appartamento di via Ripamonti costruito da Ligresti ed era spesso ospite dell’hotel-residence Planibel di La Thuile, in Val d’Aosta, proprietà di don Salvatore. L’assessore all’edilizia privata, Giovanni Baccalini (socialista), viveva in un’elegante villetta ligrestiana di San Siro concessa a equo canone.
Generoso e anche mecenate: finanziava negli anni Ottanta un giornale, Il Moderno, diretto da Lodovico Festa, ora al Foglio di Giuliano Ferrara, che non ha mai venduto più di poche centinaia di copie, ma era l’o rgano della corrente “migliorista” del Pci, guidata a Milano da Gianni Cervetti e a Roma da Giorgio Napolitano. Una sentenza sosterrà, pur senza conseguenze penali, che quei soldi erano un finanziamento illecito a una corrente del Pci-Pds.
Molto attento alle istituzioni, don Salvatore. Per anni non c’è stato prefetto di Milano che, a fine carriera, non abbia ottenuto un buon posto in qualcuna delle sue società. Enzo Vicari diventa presidente di una delle cliniche dei Ligresti, l’Istituto ortopedico Galeazzi; Bruno Ferrante passa al vertice di una società controllata da Impregilo, la Fibe.
Ma i rapporti più stretti erano con i numeri uno: Bettino Craxi prima, Silvio Berlusconi poi. Ignazio La Russa sempre: è a casa La Russa che don Salvatore è cresciuto, lì ha ottenuto nelle sue mani le “eredità morali” di Raffaele Ursini e Michelangelo Virgillito che lo hanno gettato nel gioco grande della finanza italiana. Poi a Bettino e ai suoi uomini paga le tangenti per ottenere gli appalti della metropolitana milanese e per far ottenere alla sua Sai l’esclusiva dei contratti d’assicurazione dell’Eni.
Caduto più volte, si è sempre rialzato. Si è messo nella scia di Enrico Cuccia prima, di Cesare Geronzi poi, silenzioso e fedele. Ha fatto tanti soldi, ma tanti ne ha distribuiti e tanti ne ha fatti guadagnare. Per questo non si capacita, lui e le sue figlie tanto affezionate al sole e al mare sardo del Tanka Village, dell’ingratitudine umana. Usato e scaricato? Ma come possono farmi questo, tutti coloro i quali erano seduti alla mia tavola?
G. B.