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 2014  gennaio 15 Mercoledì calendario

LA LISTA DI BERGOGLIO - PUNTATA N. 8

Interrogatorio del Cardinale Bergoglio al «Processo Esma» del 2010 (parte III)

Continua da venerdì 10

RITO: Si ricorda di aver mai sentito l’espressione ’preti delle baraccopoli’ [ curas villeros ]?

BERGOGLIO: Sì.

RITO: Che cosa significa? In che contesto veniva detto?

BERGOGLIO: Erano i sacerdoti che lavoravano nei quartieri po­veri. È appena uscito un libro su questo argomento. L’autrice è Silvina Premat. Lì si spiega un po’ la loro mistica, da Mujica fino ad oggi. Ma tutto questo viene da prima. Già ai tempi del golpe militare di Onganía se ne parlava.

9 La figura più impor­tante a cui si fa riferimento e che è ancora in vita è padre

Botán.

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RITO: Secondo lei, questo ha qualcosa a che vedere o si ispira ad alcune dichiarazioni che uscirono dal Concilio Vaticano II? BERGOGLIO: Sì, anche se la scelta dei poveri risale ai primi se­coli del cristianesimo. È nello stesso Vangelo. Se io oggi leg­gessi come omelia alcuni dei sermoni dei primi padri della Chiesa, del II-III secolo, su come si debbano trattare i poveri, direste che la mia omelia è da maoista o da trotzkista. La Chie­sa ha sempre onorato la scelta di preferire i poveri. Considera­va i poveri il tesoro della Chiesa. Durante la persecuzione del diacono Lorenzo, che era amministratore della diocesi, quan­do gli chiesero di portare tutti i tesori della Chiesa [...] si pre­sentò con una marea di poveri e disse: ’Questi sono i tesori della Chiesa’. E sto parlando del II, III secolo. La scelta dei po­veri viene dal Vangelo. Durante il Concilio Vaticano II si rifor­mula la definizione di Chiesa come popolo di Dio ed è da lì che questo concetto di rinforza e, nella seconda Conferenza ge­nerale dell’episcopato latinoamericano a Medellín, si trasfor­ma nella forte identità dell’America Latina.

RITO: Cosa pensa dei compiti che svolgevano questi preti del­le baraccopoli al momento dei fatti? BERGOGLIO: È diverso per tutti i paesi dell’America Latina. In alcuni paesi furono coinvolti in mediazioni politiche. Per e­sempio, una lettura del Vangelo con una ermeneutica marxi­sta. Questo diede vita alla teologia della liberazione. In altri pae­si si avvicinarono di più alla pietà popolare e si allontanarono da tutti gli impegni politici, se non optando per la politica con la P maiuscola, per la promozione e l’assistenza ai poveri. La Santa Sede espresse due pareri, in quel momento, sulla teolo­gia della liberazione, dove spiegava bene le differenze. Erano pareri molto aperti, che incoraggiavano il lavoro con i poveri, però all’interno di una ermeneutica cristiana, non presa in pre­stito da una qualche visione politica. RITO: Io le stavo chiedendo una sua visione d’insieme rispet­to ai preti delle baraccopoli che erano impegnati qui, in Ar­gentina.

BERGOGLIO: Anche in Argentina non è univoco, dipende dal­le diocesi. Ci furono alcuni molto coinvolti con alcune inter­pretazioni politiche [del Vangelo], e altri che invece sono quel­li che fondarono la linea che viene seguita oggi, come padre Ricciardelli, padre Botán, di grande spessore intellettuale. Il li­bro che è appena uscito li mette su questo livello. Di promo­zione umana, di evangelizzazione e di assistenza al popolo di Dio. Dell’accompagnamento di questo popolo. Era eroico an­dare a vivere in modo tanto impegnato con i poveri.

[...] RITO: Poco fa ha fatto riferimento a una riunione che ebbe con Fermín Mignone...

BERGOGLIO: Fermín?

RITO: Il dottor Mignone.

BERGOGLIO: Il dottor Mignone, sì.

RITO: Quante volte si incontrò, con Mignone?

BERGOGLIO: Una, sicuramente. Una di sicuro.

LEGALE BERGOGLIO: Signor Bergoglio non risponda. Signor presidente, ha già detto che ci fu una riunione, che non ne ri­cordava una seconda, e che lo aveva incrociato qui nella catte­drale.

GIUDICE PRESIDENTE: L’obiezione della difesa è pertinente. RITO: Un’ultima domanda. Poco fa, quando ha raccontato di come si fosse incaricato della pratica del passaporto di padre Jalics con la Cancelleria, lei non si ricordava il nome del fun­zionario. Il mio collega le ha fatto una domanda riguardo ad Anselmo Orcoyen, se lo ricorda?

BERGOGLIO: Il nome mi suona, mi suona il nome. Fu 34 an­ni fa, no? Il nome mi suona, ma... RITO: In un qualche momento, la Cancelleria le chiese maga­ri un rapporto prima di emettere il verdetto?

BERGOGLIO: No.

RITO: Lei non ha mai presentato nessun rapporto in nessun modo?

BERGOGLIO: In nessun modo. Semplicemente la lettera che consegnai lì, in un ufficio. Credo, penso che fosse l’Ufficio Stra­nieri o Passaporti, qualcosa del genere, credo fosse quello, però non mi ricordo.

RITO: Ossia, quella è la lettera che apre la pratica.

BERGOGLIO: Sì.

RITO: La ringrazio. Non ho altre domande.

PRESIDENTE: Dottoressa Bregman [avvocato associazioni di­ritti umani], prego. BREGMAN: Quando venne a conoscenza dell’esistenza di cen­tri di detenzione clandestina in Argentina? BERGOGLIO: La certezza che esistessero prese forza durante i primi mesi della dittatura. Fu lì che mi resi conto che c’era gen­te ’risucchiata’, come si diceva allora. BREGMAN: Quando si rese conto che i sacerdoti Jalics e Yorio avevano subito quello stesso destino, quale furono le sue im­pressioni in quel momento? Tornando a quel momento, era qualcosa di nuovo? Qualcosa di cui aveva già sentito parlare? BERGOGLIO: La mia prima sensazione, insieme alla preoccu­pazione, fu che li avrebbero immediatamente liberati, perché non avevano niente di cui accusarli. Io sapevo che non c’era niente. In più ero convinto, e lo sono ancora oggi, che non fu un’azione fatta per cercare solo loro due, ma che fu invece u­na retata della quale caddero vittime. Di questo non sono si­curo, è una mia personale convinzione. Quindi, in un primo momento pensai che sarebbero usciti subito, nonostante noi ci fossimo mossi immediatamente, però non avrei mai pensa­to che la cosa sarebbe durata tanto. BREGMAN: Si ricorda quanto durò, per quanto tempo rima­sero desaparecidos? BERGOGLIO: Credo da maggio a ottobre, non è così? Usciro­no in prossimità del Giorno della madre.

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BREGMAN: A un certo punto lei ha dichiarato che in uno dei suoi colloqui con Massera, lei gli disse che ’non erano coin­volti in niente di strano’ o un’espressione simile. A che cosa si riferiva con la frase ’essere coinvolti in qualcosa di strano’? E se fosse stato il contrario?

BERGOGLIO: Quelle cose da guerriglia, sovversivi ecc.

BREGMAN: Quello sarebbe il contrario? Quello sarebbe inter­pretando al contrario ’essere coinvolti in qualcosa di strano’?

BERGOGLIO: È come dire, come se fossero coinvolti in atti sov­versivi. Era successa la stessa cosa a Mendoza con un altro ge­suita, Juan Luis Moyano, il quale... Però quello fu prima della dittatura... Bene, lì, immediatamente individuammo dove era detenuto. Riuscimmo a organizzare la sua fuga dal paese e andò in Germania a terminare gli studi. Non aveva niente a che fa­re, però era caduto vittima in una retata di catechisti.

BREGMAN: Lei venne a conoscenza del fatto che i signori Ja­lics e Yorio avrebbero testimoniato durante il Juicio a las Jun­tas [processo contro la giunta argentina]? BERGOGLIO: Sì.

BREGMAN: Era presente alla loro deposizione? Li accompagnò in alcun modo?

BERGOGLIO: No, no.

BREGMAN: Parlò con loro prima o dopo la loro deposizione? BERGOGLIO: In quel momento, no. Prima, sì.

BREGMAN: Tuttavia le sto chiedendo o in concomitanza alla loro deposizione, o il giorno prima, la prassi insomma.

BERGOGLIO: No, il giorno prima, no.

BREGMAN: Lei ha dichiarato inoltre che li vide in una data, se ho capito, poco dopo la loro liberazione.

BERGOGLIO: Sì.

BREGMAN: Come li vide, fisicamente? Che cosa ricorda?

BERGOGLIO: Nonostante tutto quello che avevano passato, li vidi integri. E suppongo che durante l’ultimo periodo della lo­ro prigionia sapessero che sarebbero stati liberati, per cui cre­do che, in qualche modo, questo rese loro la cosa meno pe­sante. [...] GIUDICE PRESIDENTE: E fisicamente? Perché li conosceva da prima. Grassi, magri?

BERGOGLIO: Erano sempre stati magri. Sì, erano dimagriti un po’. Ma non li vidi emaciati. Anche qui suppongo che li aves­sero trattati in un altro modo durante l’ultimo periodo, prima della liberazione. Però è una mia ipotesi.

BREGMAN: Lei successivamente lesse la testimonianza che re­sero Jalics e Yorio durante il Juicio a las Juntas?

BERGOGLIO: No.

BREGMAN: Non volle mai sapere quello che avevano dichia­rato lì? BERGOGLIO: Mi interessava sapere quello che avevano fatto. Mi sembrò una buona cosa. Ma non lo lessi.

[...] BREGMAN: Lei quando si rese conto che c’erano dei bambini che la dittatura stava sottraendo illegalmente ai genitori?

BERGOGLIO: Quello, recentemente... Bah, recentemente, sa­ranno dieci anni. [...] BERGOGLIO: Forse ai tempi del Juicio a las Juntas. Giù di lì.

BREGMAN: Un po’ prima, quindi.

BERGOGLIO: Un po’ prima. Lì, più o meno, cominciai a ren­dermene conto. BREGMAN: Si è parlato diverse volte di una documentazione che potrebbe essere fornita o no al processo. Per concludere, mi pia­cerebbe che venga ricordato in che modo questo tribunale può avvalersi di questa preziosa documentazione, dato che è pub­blicamente e notoriamente conosciuto il fatto che gran parte di questa documentazione appartenga alla Chiesa. Questo emerge da diverse testimonianze, incluse testimonianze che sono stato fornite durante questo stesso processo. Vorrei anche che, prima della fine di questa udienza, venga ricordato e si determini il mo­do e la rapidità in cui questo tribunale possa entrare in posses­so di questa preziosa documentazione presente negli archivi.

GIUDICE PRESIDENTE: La chieda, dottoressa.

BREGMAN: Sto chiedendo se si può arrivare a un accordo per cui possiamo andare a cercare e consultare quella documenta­zione.

GIUDICE PRESIDENTE: Quindi la domanda sarebbe se il si­gnor testimone si impegna a far visionare gli archivi.

BERGOGLIO: Sì, non c’è nessun problema. Incaricherò i cu­stodi degli archivi perché lo facciano. Comunque, a proposito di altri processi riguardati gli stessi casi, abbiamo ricevuto ri­chieste di documentazione e abbiamo inviato quello che ave­vamo, tutto quello che avevamo.

BREGMAN: Per quale processo, si ricorda? BERGOGLIO: No. Però so dalla Conferenza episcopale che l’anno scorso, se non di più, ci fu un caso per cui mi chiesero un’autorizzazione e io dissi di sì, che lo facessero pure.

BREGMAN: Questo tipo di autorizzazioni, nel caso in cui si chie­dano delle informazioni, arrivano sempre a lei, le visiona sem­pre lei? BERGOGLIO: Sì, nell’arcivescovado sì. Sono io che devo dare l’ordine al custode dell’archivio dell’arcivescovado. Se si trova in questo momento nella Conferenza episcopale allora sì, per­ché io sono il presidente. Quando cambierà il presidente, al­lora sarà il nuovo presidente a capo della Commissione ese­cutiva. Dicono sempre di sì, ovviamente.

BREGMAN: Non ho altre domande.

Prende la parola il dottor Zamora


[...] ZAMORA: Nei passati 34 anni, cioè da quando sequestrarono i due sacerdoti a lei vicini, e avendo saputo particolari impor­tanti attraverso di loro, tra cui ciò che avvenne nell’Esma, per­ché non fece mai una denuncia? IL GIUDICE PRESIDENTE non ammette la domanda.

LEGALE DI BERGOGLIO: Perché la giustizia non lo avrà mai chiamato a testimoniare.

GIUDICE GERMÁN CASTELLI: Che posizione avevano Jalics e Yorio riguardo alla teologia della liberazione?

BERGOGLIO: Avevano una posizione equilibrata, ortodossa e in linea con le due direttive della Santa Sede.

CASTELLI: Come era vista dalla dittatura questa dottrina?

BERGOGLIO: C’erano dei personaggi di riferimento latinoa­mericani che le persone della dittatura consideravano baluardi del demonio, per esempio Camilo Torres, il prete colombiano. La dittatura aveva la tendenza a considerare questi riferimenti come qualcosa di puramente rivoluzionario, marxista, di sini­stra, come una resa del Vangelo alla sinistra. Come ho dichia­rato prima, sì, c’erano alcuni che insegnavano teologia con u­na ermeneutica marxista, una cosa che la Santa Sede non ha mai accettato; e altri che no, che invece cercavano una presenza pa­storale tra i poveri, a partire da una ermeneutica del Vangelo. I dirigenti della dittatura demonizzavano tutta la teologia della liberazione, tanto i preti che seguivano l’interpretazione marxi­sta – che erano pochi in Argentina se paragonata ad altri paesi – quanto i preti che semplicemente vivevano la loro vocazione sacerdotale tra i poveri. Facevano di tutta l’erba un fascio.

CASTELLI: Lei ha fatto riferimento al caso Mugica e alle reli­giose francesi. Ha mai conosciuto qualcuno che sia scompar­so perché la dittatura lo accusò di condividere queste idee, fa­cendo di tutta un’erba un fascio, come ha detto lei?

BERGOGLIO: Il caso di La Rioja è sintomatico. Cominciò pri­ma della dittatura, quel 13 giugno del ’73, con il lancio delle pietre; credo che fosse territorio degli Yoma, quello; tirarono le pietre ai preti e ad Angelelli, perché lavorava con il popolo; e terminò con la morte di Angelelli. Terminò tra virgolette, per­ché quel clima continuò, ma in un modo diverso, con l’omi­cidio a colpi di pistola di padre Murias, di padre Longueville, che era francese, e del catechista Pedernera, che fu anch’egli uc­ciso a colpi di pistola. E quello di Angelelli fu il 4 agosto del 1976, e quelli di Longueville, Murias e Pedernera devono es­sere stati venti giorni o un mese prima. In seguito qui ci fu il caso dei padri pallottini. Quello lo conosco bene perché io e­ro il confessore di padre Alfredo Kelly, un uomo di Dio che vi­veva pienamente il Vangelo. Dava l’impressione di essere una vendetta, una prepotenza ingiusta.

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CASTELLI: Correvano rischi i preti delle baraccopoli per la lo­ro scelta pastorale? BERGOGLIO: Era una situazione rischiosa, e loro ne erano co­scienti. Per quello vivevano così uniti tra di loro e si sostene­vano a vicenda. In altre diocesi c’erano stati altri sacerdoti che avevano scelto i poveri e che alla fine scomparvero. Erano co­scienti che non erano al sicuro come un prete normale di una qualsiasi altra parrocchia, ma che era più rischioso per il tipo di apostolato che vivevano.

CASTELLI: Jalics e Yorio aderirono alla teologia della libera­zione?

BERGOGLIO: Aderivano, però erano equilibrati e ortodossi e in linea con le due direttive della Santa Sede; è come dire che erano dentro i limiti di quello che pensa la Chiesa, non segui­vano un’interpretazione marxista. CASTELLI: Ebbe influenza sulla sua decisione il fatto che la­vorassero nelle baraccopoli? BERGOGLIO: Per niente, perché noi incoraggiavamo il lavoro con i poveri. Durante il mio provincialato cominciarono a spin­gersi nell’interno, in luoghi più poveri, fino alle riserve indi­gene di Santa Victoria, nel nord di Tartagal, avamposti missio­nari con gesuiti che erano completamente dedicati alla loro mis­sione. Mi arrivò un caso... A La Rioja fu molto perseguitato un prete di Guandacol che era un gesuita, proprio per questa sua scelta. Queste missioni facevano sempre un’evangelizzazione in linea con il Concilio Vaticano II e Medellín.

[...] CASTELLI: Che posizione presero la Chiesa argentina e il Vati­cano riguardo alla dittatura? I LEGALI DI BERGOGLIO si oppongono. VALLE: Si è voluto mettere a giudizio i vertici della Chiesa cat­tolica durante la dittatura militare e metterli sotto processo, in­cluso il cardinale, si è arrivati a intravedere la possibilità che [Bergoglio] non sia stato scelto come successore di Giovanni Paolo II a causa di un dossier che sarebbe circolato tra i cardi­nali. Se quelle domande sono state ammesse, allora, simme­tricamente, si deve dare l’opportunità al testimone affinché possa, in qualche modo, chiarire la sua posizione che viene qui sottoposta a scrutinio.

[...] CASTELLI: Può aver saputo pubblicamente, attraverso qualche mezzo di comunicazione, quello che era accaduto con Yorio e Jalics?

BERGOGLIO: Ho conversato molto con tutti quelli che me lo hanno chiesto, ho reso pubblico tutto ciò che sapevo, riguar­do all’ingiustizia che avevano sofferto; la mia posizione su que­sto è chiara. Per condotta personale, non rilascio interviste ai giornali. Comunque a un giornalista lo feci sapere, di modo che conoscesse anche la mia opinione. Quelli che mi conoscono sanno che ho sempre parlato di tutto questo come ne ho par­lato qui oggi pomeriggio. _____________________________________________________

9 Juan Carlos Onganía Carballo (1914-1995) prese il potere con un colpo di stato nel 1966 e governò l’Argentina fino al 1970.

10 Héctor Botán, Miguel Ramondetti e Rodolfo Ricciardelli furono tra i fondatori del Movimento dei sacerdoti del Terzo Mondo.

11 La versione argentina della nostra Festa della mamma; cade la ter­za domenica di ottobre.

12 Cinque padri pallottini, tra i quali Alfredo Kelly, furono uccisi con una vera e propria esecuzione da un commando militare nella loro residenza di Buenos Aires nel 1976. Erano sospettati di avere legami con alcuni gruppi sovversivi.


La cronologia



17 dicembre 1936

Jorge Mario Bergoglio nasce a Buenos Aires da genitori emigrati dal Piemonte. Il padre, Mario, è impiegato nelle ferrovie, la madre, Regina Si­vori, si occupa dell’educazione dei cinque figli.

11 marzo 1958

Entra nel noviziato della Compagnia di Gesù.

13 dicembre 1969

Viene ordinato sacerdote.

22 aprile 1972

Emette la professione perpetua all’interno del­la Compagnia.

31 luglio 1973

Viene eletto superiore provinciale dei gesuiti d’Argentina.

24 marzo 1976

Una giunta militare capeggiata dal generale Jorge Videla depone con un golpe il governo di Isabel Perón. Viene imposto un modello economico neoliberista e reso operativo un imponente apparato clandestino di repres­sione.

1977

Si intensifica la ’guerra sporca’ contro i so­spetti oppositori, perseguitati come ’sovver­sivi’. La repressione segue una prassi collau­data: sequestro, tortura, uccisione. Spesso i condannati, legati mani e piedi, vengono get­tati vivi nel Río de la Plata. Nascono così i pri­mi movimenti dei familiari dei desapareci­dos; il più attivo è quello delle Madri di Pla­za de Mayo.

1978

Il regime ostenta i mondiali di calcio organiz­zati in Argentina come simbolo della ’pace’ che regna nel paese.

1980-1981

Il generale Eduardo Viola succede a Videla e si contende con il capo della Marina, l’ammira­glio Eduardo Massera, la leadership politica di una eventuale transizione verso un regime di democrazia formale.

1982

Due giorni dopo una violenta protesta sinda­cale, il terzo capo della Giunta, il generale Leo­poldo Galtieri, nell’intento di recuperare con­senso con un’operazione spettacolare, ordina il 2 aprile l’occupazione militare delle Falkland-Malvinas, arcipelago britannico rivendicato dal­l’Argentina. Il Regno Unito reagisce infliggen­do all’Argentina una rapida sconfitta. L’esito della guerra accelera la fine del regime. Nel me­se di giugno assume la presidenza il generale Reynaldo Bignone.

1983

Bignone indice elezioni democratiche per il 30 ottobre. Ne esce vittorioso il radicale Raúl Alfon­sín, che si insedia al potere il 10 dicembre, an­nunciando il rinvio a giudizio degli ex co­mandanti delle giunte militari.

1984

La giustizia militare prima e quella civile poi dan­no il via ai processi contro i militari accusati di a­ver violato i diritti umani. Per iniziativa del go­verno, una commissione speciale (Conadep), pre­sieduta dallo scrittore Ernesto Sábato, accerta che i desaparecidos sono stati 8.900. Ma secondo ul­teriori ricerche svolte dagli organismi per i diritti umani, le persone scomparse sono 30.000.

1985

Videla e altri quattro ex comandanti vengono condannati a lunghe pene detentive (due di lo­ro all’ergastolo) e incarcerati.

1986

I processi contro altri militari provocano ma­lumori nelle caserme.

1987

Durante la Settimana Santa si verifica una sol­levazione militare in appoggio ai militari che si rifiutano di deporre nei processi. Alcune set­timane dopo, il Congresso approva, su richie­sta del presidente Alfonsín, una legge di ’ob­bedienza dovuta’ che sottrae i militari all’e­ventualità di un processo per i crimini com­messi durante il regime.

1988

Gli ultranazionalisti carapintadas organizzano due sollevazioni militari, chiedendo la so­spensione dei processi e il riconoscimento del­la ’lotta contro la sovversione’. La teoria è che in Argentina non ci sia stata una dittatura che ha ferocemente represso ogni dissidenza, ben­sì una guerra dura e necessaria tra movimenti sovversivi e un apparato militare che si sareb­be limitato a restaurare l’ordine.

1990

Il presidente Carlos Menem, succeduto ad Alfonsín nel 1989, concede l’indulto ai cinque ex comandanti condannati.

20 maggio 1992

Dopo aver ricoperto vari incarichi in campo u­niversitario e pastorale, Bergoglio viene nomi­nato vescovo ausiliare di Buenos Aires.

3 giugno 1997

Viene nominato arcivescovo coadiutore di Bue­nos Aires.

28 febbraio 1998

Succede al cardinale Quarracino come arcive­scovo della capitale argentina.

21 febbraio 2001

Giovanni Paolo II lo crea cardinale.

2003

Il Congresso vota a favore della nullità della legge dell’’obbedienza dovuta’, che protegge­va dai processi i responsabili dei crimini per­petrati durante la dittatura. Il governo dell’Ar­gentina è presieduto dal neoperonista Néstor Kirchner, appartenente all’ala sinistra del Par­tito Giustizialista.

2005

Bergoglio viene eletto presidente della Confe­renza episcopale argentina, carica cui viene con­fermato nel 2008.

18 aprile 2005

Partecipa al conclave in cui viene eletto Bene­detto XVI. Secondo ricostruzioni attendibili, ri­sulta il secondo eletto.

14 giugno 2005

La Corte suprema dichiara definitivamente nul­le le leggi dell’’obbedienza dovuta’ e del ’pun­to finale’, riaprendo le porte all’accertamento della verità giudiziaria.

25 aprile 2007

La Corte penale federale giudica incostituzio­nale la grazia, concessa nel 1990 dal presiden­te Menem, a Jorge Rafael Videla e ad Emilio E­duardo Massera. Per i due restano valide le con­danne del 1985 all’ergastolo.

8 novembre 2010

Muore l’ammiraglio Massera, 85 anni, inter­nato in un ospedale militare. Non si era più ri­preso da un aneurisma cerebrale che lo aveva colpito nel 2004.

22 dicembre 20 10

Videla viene nuovamente condannato all’er­gastolo per la morte di 31 detenuti.

2010

Bergoglio viene interrogato nell’ambito del ’processo Esma’.

5 luglio 2012

A Videla viene comminata una nuova pena a 50 anni di reclusione per rapimento e sottra­zione di identità perpetrati a figli di desapare­cidos.

13 marzo 2013

Bergoglio viene eletto papa e sceglie il nome di Francesco, primo vescovo di Roma a decidere di chiamarsi come il Santo di Assisi.

17 maggio 2013

Videla muore improvvisamente in carcere al­l’età di 87 anni.


Bibliografia



BERGOGLIO, J.M., Papa Francesco. Il nuovo papa si racconta , Conversa­zione con S. Rubin e F. Ambrogetti, Salani, 2013.

BERGOGLIO, J.M. - SKORKA, A., Il cielo e la terra. Il pensiero di papa Fran­cesco sulla famiglia, la fede e la missio­ne della Chiesa nel XXI secolo , a cura di D.F. Rosenberg, Mondadori, 2013.

HIMITIAN, E., Francesco. Il papa della gente. Dall’infanzia all’elezio­ne papale, la vita di Bergoglio nelle parole dei suoi cari , Rizzoli 2013.

Nunca más. Rapporto della Com­missione nazionale sulla scompar­sa di persone in Argentina , Emi, 1986.

ROSTI, M., Argentina , Il Mulino, 2011.

VERBITSKY, H., L’isola del silenzio. Il ruolo della Chiesa nella dittatura argentina , Fandango Libri, 2006. ZANATTA, L., Storia dell’America Latina contemporanea , Laterza, 2010.