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 2014  gennaio 14 Martedì calendario

NEONATI SCAMBIATI NELLA CULLA L’INCUBO DEI FILM DIVENTATO REALTÀ


Noi siamo come il destino — ridacchiano i cattivi ragazzi di «C’era una volta in America», stravolgendo per rappresaglia numeri d’identificazione e culle in una nursery newyorkese degli anni Trenta —: chi va a star bene e chi va a prenderselo nel...
Ecco, chissà se nell’ombra c’è qualche sconsiderato, lì al reparto di Ostetricia dell’ospedale Santa Maria Novella di Galatina, Puglia, che ha provato sottopelle il brivido perverso di Noodles e Max, indimenticabili eroi neri dell’epopea di Sergio Leone. Perché si intravede molto di romanzesco, molto di cinematografico e molto — diciamolo subito — di scandaloso in quello che è successo a due coppie della provincia di Lecce che hanno messo al mondo i loro bimbi tra il 7 e il 10 dello scorso dicembre. E in fondo è l’incubo di ogni papà e mamma, quello che, di lì a poco, s’è avverato nel paesino di Monteroni, a casa della piccola Clelia, con tanto di fiocco rosa sulla porta, tutine in tinta, bambole già pronte nella culla: la sostituzione di persona, tema classico del teatro plautino, origine della commedia degli equivoci e di grandi risate del pubblico.
A casa di Clelia, però, dev’esserci stato davvero poco da ridere, quando, appena tornati dall’ospedale di Galatina, al fatidico momento del cambio del pannolino, mamma e papà si sono accorti di avere in culla un bel maschietto. E, presumiamo, più o meno in quello stesso momento, i genitori del maschietto hanno scoperto che il loro rampollo s’era trasformato in femminuccia: come da scena topica del poliziotto corrotto Aiello il quale, vittima di Noodles e Max, s’avvede di non avere più in culla il tanto sospirato mascolone ‘e papà dopo ben quattro femmine (chi s’è fregato o’... d’o guaglione ?).
Francesca Conte, una famosa penalista di Lecce che rappresenta i genitori di Clelia e ha chiesto cinquantamila euro di risarcimento extragiudiziale, sostiene ragionevolmente che è stato «sfiorato il dramma», altro che commedia plautina. Per lo spavento, la mamma della piccola ha perso il latte e continua ad avere attacchi d’ansia. «L’errore è sempre in agguato, ci siamo scusati, e stiamo cercando di capire cos’è successo», dice il direttore generale della Asl di Lecce, Valdo Mellone. A Galatina si fanno settecento parti l’anno, la reputazione del Santa Maria Novella non è mai stata in discussione finora. Pare che i bambini avessero ancora i braccialetti giusti, dunque davvero non si scioglie, per adesso, l’enigma.
I sondaggisti che sempre scrutano l’animo degli italiani ci hanno appena rivelato una verità che tutti sappiamo già solo a guardarci dentro: la fiducia nel prossimo è crollata peggio del Pil nel nostro povero Paese. E di sicuro disavventure come quella di Galatina non aiutano. Il nemico che ci tradirà può avere le rassicuranti sembianze d’una tata... «Se mi avessero dato un’altra bambina anziché un maschietto, non me ne sarei mai accorta, e avrei continuato a crescermi la figlia di un’altra donna», s’è sfogata la madre di Clelia con l’avvocato.
Il figlio dell’altra può naturalmente diventare occasione di riscatto e redenzione collettiva, di superamento delle barriere e comprensione del senso della maternità, quando una donna ebrea cresce un bimbo palestinese e una donna palestinese un piccolo ebreo. E l’epilogo, come nella pellicola di Lorraine Levy può essere edificante, con l’odio che si tramuta in accettazione, il rancore in empatia. Ma siamo umani e non ci consola mai di rassomigliare alla trama di un film, quando il copione viene scritto sulla nostra pelle e i nostri incubi diventano cronaca.
Dolores e Antonella furono vittime nel 1965 di uno scambio in culla in un ospedale romano, e per quarantasei anni hanno vissuto vite rovesciate, finché non si sono ritrovare via Facebook e si sono abbracciate nel comune giorno del compleanno. A Mazara del Vallo, Capodanno del 1998, nel reparto di Ostetricia dell’Abele Ajello, scambiarono Melania con Carolina, nate a un quarto d’ora di distanza nella confusione un po’ alcolica della nottata. Per due anni e mezzo nessuno s’accorse di nulla, finché la maestra dell’asilo notò che le due sorelline maggiori di Melania erano davvero identiche a quell’altra sua piccola allieva, Carolina. È finita bene, le due famiglie sono diventate un nucleo allargato pieno di zii e cugini, unite da un avvocato che continua la battaglia legale per tutti. A Mazara, non a caso, Ficarra e Picone hanno ambientato il loro Il 7 e l’8 , una farsa contemporanea che si regge appunto sullo scambio di bambini. Molto prima Pirandello immaginò nella sua Favola del figlio cambiato che le streghe sostituiscano un paffuto pargoletto con un neonato malaticcio e deforme. Quelle streghe sono in fondo un’altra faccia dei changeling , i rampolli di elfi e fate, scambiati con bimbi normali: e qui siamo nel pieno folclore nordeuropeo, da cui Clint Eastwood va ad attingere per un capolavoro. Sicché questa parabola di sciatteria italica, l’incubo di Galatina, viene da lontano, attraversa il buio delle campagne siciliane di inizio Novecento e le ombre insondabili della Foresta Nera, per conficcarsi nell’immaginario di tutti; ma, qui e ora, assume forse le modernissime sembianze di un’ infermiera pigra: se è destino, è in salsa di lampascione.