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 2014  gennaio 14 Martedì calendario

QUEL SOGNO DEI PILOTI ITALIANI A DUBAI PER TORNARE AI FAVOLOSI ANNI NOVANTA


I piloti italiani adesso sognano Dubai. Ieri a Malpensa una settantina di loro ha risposto all’invito della compagnia araba Emirates che sta cercando in tutta Europa 300 piloti e co-piloti per guidare i mastondontici A380, gli aerei a due piani che volano anche sulla tratta Roma-Dubai. Per governarli in piena sicurezza bisogna aver maturato una robusta esperienza e infatti nella saletta dell’hotel Sheraton, adiacente lo scalo lombardo, l’età media è tra i 45 e i 50 e il curriculum parla di tanti anni trascorsi prevalentemente in Alitalia oppure in Meridiana o Easy Jet. Per sottolinearlo qualcuno è venuto addirittura in divisa. Lo status del pilota italiano in questi anni è cambiato profondamente, le dolorose ristrutturazioni che hanno ridisegnato il volto della compagnia di bandiera non potevano certo alzare l’umore dei dipendenti, anche di quelli più qualificati. Le low cost hanno supplito ai posti di lavoro tagliati ma non hanno certo risposto alle esigenze di status. E così in molti vedono nell’offerta di Emirates la possibilità di tornare ai mitici anni 90 quando gli stipendi erano alti e l’autostima ancor di più. Nei capannelli si discute animatamente del futuro del trasporto aereo e il giudizio di molti è che Emirates farà parte del ristretto novero delle compagnie che controlleranno il mercato.
Dal canto loro gli arabi per sedurre e attrarre i nostri piloti ce la mettono tutta a cominciare dalla paga mensile di circa 5 mila euro tax free che per chi non dovrà pagare le tasse in Italia (operazione non difficile) è oro puro. Ma accanto alla paga c’è un elenco lungo e dettagliato di benefit che vanno dall’alloggio gratuito (oppure un generoso contributo per chi non vuole abitare nei condomini aziendali) all’auto fino al pagamento delle spese scolastiche per i figli fino a 19 anni. Il welfare aziendale targato Emirates comprende anche l’assistenza medica, biglietti gratuiti per tornare in patria con la famiglia una volta l’anno e l’accesso a un fondo previdenziale. I piloti italiani presenti annotano tutto con scrupolo, molti di loro sono in cerca di lavoro oppure sono in cassa integrazione e l’offerta Emirates appare come un miraggio. In un colpo solo rientrano nel mercato del lavoro, riacquistano l’antico prestigio e quelli più vicini alla pensione sognano di coronare la lunga carriera mettendo anche da parte qualcosa («Dubai non è costosa come Roma e Milano»).
La contropartita che Emirates chiede è vivere a Dubai ma i piloti sono di per sé una categoria cosmopolita e di conseguenza il timore di dover lasciare l’Italia e trasferirsi in una città araba non trova campo qui a Malpensa. In molti sostengono di scegliere anche il bene dei propri figli che si troveranno automaticamente inseriti in un ambiente internazionale e potranno studiare (gratis) le lingue straniere. Persino per le proprie mogli i piloti pensano, con una buone dose di ottimismo, che ci saranno più possibilità di trovar lavoro negli Emirati che in patria. Alla fine delle presentazioni ufficiali che spaziano dalle condizioni di ingaggio a una dettagliata ricognizione sullo stile di vita degli espatriati residenti a Dubai i piloti fanno il conto della flessibilità lavorativa richiesta e il giudizio è anche in questo caso positivo. Niente a che vedere con le compagnie low cost che, a loro dire, forzano lo stress da guida e meglio degli attuali parametri (ore volate/giorni di riposo) in vigore in Alitalia. Qui si gioca nella serie A dell’aviazione civile mondiale, si ha la possibilità di guidare un aereo d’eccellenza come l’A380 e per di più in condizioni di massima sicurezza. Mancano i Vanzina e potremmo girare un film sull’inaspettato ritorno degli anni 90.