Chiara Maffioletti, Corriere della Sera 14/1/2014, 14 gennaio 2014
IL TWEET DI RONAN FARROW ROVINA LA FESTA A WOODY
L’ altra sera Woody Allen non c’era. Fedele a quella sua cervellotica misantropia che l’ha portato negli ultimi anni a disertare quasi tutti gli eventi di gala, specie quelli in cui viene celebrato. La sua risposta al dilemma morettiano del «mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente», il regista l’aveva già data agli Oscar del 2012, dove non si era presentato nemmeno per ritirare la quarta statuetta (miglior sceneggiatura per Midnight in Paris ). E l’ha ribadita ora ai Golden Globe, scegliendo di non sorridere agli applausi convinti dei suoi colleghi, alle dichiarazioni di Emma Stone, protagonista del suo prossimo Magic in the Moonlight, che in trenta secondi l’ha definito almeno due volte «un genio» e preferendo che fosse la sua amica (ed ex compagna) Diane Keaton a ritirare per lui il prestigioso premio alla carriera intitolato a Cecil B. DeMille.
L’altra sera non c’era neanche Ronan Farrow, figlio di Mia Farrow e (in teoria) di Woody Allen ma con gli occhi blu (e non solo) di Frank Sinatra (Mia Farrow ha rivelato di recente su Vanity Fair che in realtà il cantante potrebbe essere il padre). Eppure anche lui si è fatto notare. Poco dopo la celebrazione di suo padre, Ronan ha scritto su Twitter (dove è seguitissimo): «Mi sono perso il tributo a Woody Allen: hanno messo prima o dopo Io e Annie la parte in cui una donna ha pubblicamente confermato che è stata molestata da lui quando aveva sette anni?».
Un commento arrivato a quasi diecimila retweet più una valanga di risposte di consenso, che fa riferimento a una sorella adottiva di Ronan, Dylan, che accusò il patrigno di abusi sessuali. Un commento in cui c’è tutto il disprezzo di questo ragazzo di 26 anni per un padre che abbandonò lui (quando ne aveva 5) e sua madre per iniziare una storia con un’altra sua sorella adottiva, Soon-Yi Previn. Lei aveva 19 anni quando iniziò ufficialmente la relazione, Allen 56. Fu una frattura insanabile con i Farrow e una pesante macchia sull’aura del genio che da sempre accompagna il regista. L’altra sera, suo figlio ha voluto rendere ancora una volta un po’ meno luminoso il mito di suo padre. Ha voluto appannare quei sorrisi da copertina e quegli applausi sperticati, regalando un retrogusto decisamente amaro al tributo. Perché se Diane Keaton ha insistito sui «quattro decenni di indimenticabili personaggi femminili» regalati da Allen all’umanità, Ronan ha preferito ricordare l’accusa di Dylan.
Accusa sempre respinta dal regista, ma che finì comunque al centro della battaglia legale tra lui e Mia Farrow. Gli strascichi di quella battaglia arrivano fino a oggi e l’attrice non ha nessuna intenzione di fingere che non sia così, visto che anche lei l’altra sera, al momento del tributo, ha scritto (sempre su Twitter ): «È tempo di andare a prendere un po’ di gelato dal frigo e cambiare canale».
L’altra faccia di Woody Allen ha un profilo inquietante. E se da una parte c’è chi sceglie di non guardarla, preferendo insistere su quei bellissimi «74 film in 48 anni di carriera» di cui ha parlato la sua amica Diane Keaton, c’è anche chi non riesce a non considerare questo «dietro le quinte» di Allen che, un po’ come è già successo con Polanski, ne sbiadisce il mito.
Curioso che tutto ruoti attorno alle donne. Le donne che come ha ricordato sul palco l’altra sera una delle sue tante muse, nei suoi film non si possono mai «rinchiudere in compartimenti. Sono donne che lottano, amano, vanno in crisi, dominano, sono divertenti, hanno un sacco di difetti. Sono loro le protagoniste del lavoro di Woody. E la cosa eccezionale è che non c’è nulla che lega questi personaggi se non la caratteristica che sono stati tutti partoriti dalla mente di Woody Allen». Sempre secondo Keaton, sarebbe questo il motivo per cui «179 delle più affascinanti attrici del mondo hanno recitato nei suoi film. Perché volevano farne parte». A partire da lei, che ne fu la musa negli anni Settanta, passando per Mia Farrow, fino ad arrivare a Cate Blanchett che proprio per il suo ruolo in Blue Jasmine ha vinto il Golden Globe come miglior attrice. Lei e molte delle altre 178 l’altra sera erano in platea ad applaudire radiose durante il tributo, grate per essere state scelte dal grande regista. Ronan ha dato voce a chi invece, forse, avrebbe preferito non incontrarlo mai.