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 2014  gennaio 14 Martedì calendario

E LE SOAP PRENDONO IN GIRO I “FOLLI” FRATELLI MUSULMANI


Come ne esce la Primavera araba dalla più potente macchina propagandistica della regione, le telenovelas prodotte al Cairo e nei Paesi del Golfo? Sostanzialmente archiviata per quanto riguarda la parte eroica della rivoluzione, e male, molto male, per la breve parentesi dei Fratelli musulmani al potere.
L’ultima stagione delle soap prodotte in riva la Nilo ha visto la grande restaurazione del generale Al Sisi accompagnata da «giganti» del piccolo schermo come l’attrice mubarakiana Ilham Shahin. Il leitmotiv è uno solo: la «follia» degli islamisti al potere, predicatori salafiti cattivi e giovani che reclamano la loro libertà di pensiero e di costumi (possibilmente sotto l’ombrello protettivo dell’esercito «buono»)
Sono state due le serie che hanno segnato l’anno dell’archiviazione di Morsi. Nella serie «Al Arraf», «Il Padrino», la Shahin ha la parte di un’impiegata in un ospedale psichiatrico che prende in giro le «follie» dei Fratelli Musulmani al governo. C’è dell’autobiografico perché Shahin, che ha un tasso di popolarità fra i milioni di egiziani che seguono ogni giorno le soap in tv paragonabile soltanto a quello del generale Al Sisi, è stata censurata sotto Morsi e ha apertamente chiamato la Fratellanza «organizzazione terroristica».
«Il Padrino» narra l’ascesa di un galeotto che evade grazie alla rivoluzione del 2011 e scala il potere in un Paese precipitato nel caos mentre gli anni bui dei Fratelli musulmani fanno da sfondo ad «Al Da’eya», «Il predicatore». Storia di una musicista, la star Basma, che va in piazza alle manifestazioni contro Morsi, e del vicino di casa, predicatore salafita protagonista di uno show in tv. Critico con i bei tempi andati di Mubarak è invece «Sul Precipizio»: le malefatte di un gruppo di agenti infiltrati prima di Piazza Tahrir. Un secolo fa.
Come ne esce la Primavera araba dalla più potente macchina propagandistica della regione, le telenovelas prodotte al Cairo e nei Paesi del Golfo? Sostanzialmente archiviata per quanto riguarda la parte eroica della rivoluzione, e male, molto male, per la breve parentesi dei Fratelli musulmani al potere.
L’ultima stagione delle soap prodotte in riva la Nilo ha visto la grande restaurazione del generale Al Sisi accompagnata da «giganti» del piccolo schermo come l’attrice mubarakiana Ilham Shahin. Il leitmotiv è uno solo: la «follia» degli islamisti al potere, predicatori salafiti cattivi e giovani che reclamano la loro libertà di pensiero e di costumi (possibilmente sotto l’ombrello protettivo dell’esercito «buono»)
Sono state due le serie che hanno segnato l’anno dell’archiviazione di Morsi. Nella serie «Al Arraf», «Il Padrino», la Shahin ha la parte di un’impiegata in un ospedale psichiatrico che prende in giro le «follie» dei Fratelli Musulmani al governo. C’è dell’autobiografico perché Shahin, che ha un tasso di popolarità fra i milioni di egiziani che seguono ogni giorno le soap in tv paragonabile soltanto a quello del generale Al Sisi, è stata censurata sotto Morsi e ha apertamente chiamato la Fratellanza «organizzazione terroristica».
«Il Padrino» narra l’ascesa di un galeotto che evade grazie alla rivoluzione del 2011 e scala il potere in un Paese precipitato nel caos mentre gli anni bui dei Fratelli musulmani fanno da sfondo ad «Al Da’eya», «Il predicatore». Storia di una musicista, la star Basma, che va in piazza alle manifestazioni contro Morsi, e del vicino di casa, predicatore salafita protagonista di uno show in tv. Critico con i bei tempi andati di Mubarak è invece «Sul Precipizio»: le malefatte di un gruppo di agenti infiltrati prima di Piazza Tahrir. Un secolo fa.