Ettore Livini, La Repubblica 14/1/2014, 14 gennaio 2014
MR. DIESEL PUNTA SUL CIBO BIO ROSSO ENTRA IN ECORNATURASÌ
MILANO — Renzo Rosso accelera il processo di diversificazione del suo gruppo e scommette sul cibo biologico. La Red Circle Investment – la cassaforte di famiglia del numero uno di Diesel – e Giorgio Rossi Cairo sono entrati con una quota significativa nel capitale di EcorNaturaSì, leader in Italia nella distribuzione alimentare bio con 230 milioni di fatturato. «Ho radici contadine e sono sicuro che un’alimentazione sana e senza chimica sia il vero lusso del futuro – spiega il manager veneto –. Spero che il mio know-how di marketing e sui mercati internazionali possano non solo aiutare l’azienda a crescere ma anche a creare posti di lavoro moderni e intelligenti nell’agricoltura».
Rosso porta in dote la sua esperienza consolidata in Diesel Farm, una tenuta di 100 ettari sulle colline attorno a Marostica dove nascono le tre etichette di vini della sua “collezione” enologica e altri prodotti naturali. Rossi Cairo – che ha investito attraverso la holding Forever – conferma invece il suo interesse per il settore, visto che da anni attraverso la Fondazione La Raia produce vino nelle Langhe. I due neo-soci affiancheranno nell’azionariato la Fondazione Antroposofica Rudolf Steiner di Fabio Brescascin, l’uomo che ha inventato e fatto crescere la società e la famiglia Parravicini Crespi titolare dell’azienda biodinamica Cascine Orsine a Bereguardo, lungo il Ticino.
«EcorNaturasì è nata trent’anni fa con un negozietto e una piccola azienda agricola, messi senza una lira da un gruppo di amici non per business ma per diffondere l’idea del biologico», ricorda Brescacin. I valori sono rimasti gli stessi ma le dimensioni sono decisamente cambiate: oggi l’azienda opera attraverso i marchi Naturasì (113 punti vendita di cui 35 di proprietà) e CuoreBio (300 negozi in franchising). E dietro la merce sugli scaffali c’è una rete di 400 agricoltori la cui produzione è garantita non solo dalla certificazione «ma anche dai controlli capillari sulla qualità da parte dei nostri agronomi», garantisce il presidente.
«Ho deciso in investire nel gruppo proprio perchè condivido questi valori – dice Rosso –. Io sono nato in campagna. Questa operazione e questa azienda sono un sogno che mi riporta alle mie radici. Per me è un modo di scommettere un po’ del mio patrimonio per cambiare un mondo contaminato, triste e pieno di chimica e medicine». L’arrivo di due nuove soci da realtà completamente diverse (Rossi Cairo è uno dei nomi più noti della consulenza aziendale in Italia) dovrebbe in effetti consentire alla catena di distribuzione di fare un ulteriore salto di qualità regalando al settore un protagonista che – per dimensioni – potrebbe anche iniziare a studiare la crescita all’estero. «Io entro per supportare le intuizioni di Brescacin – dice Rosso –. Stiamo già parlando tra di noi, ci sono tante idee innovative. Il mio chiodo fisso è riuscire a riportare un po’ di disoccupati a lavorare la terra ma con un compenso che permetta loro di vivere. Non voglio fare finti negozi di degustazione in mezzo alla campagna dove vendere magari prodotti che di bio hanno poco. La mia speranza è quello di arrivare a fattorie aperte, moderne e redditizie dove portare le scuole a imparare a capire il valore di un’alimentazione e una vita sana ». «Anch’io sono convinto che il comparto della produzione sostenibile e di qualità sia un settore strategico per il paese e in crescita », gli fa eco Rossi Cairo.
Le strategie di sviluppo del nuovo eterogeneo azionariato di EcorNaturaSì sono abbastanza chiare: in una prima fase, grazie ai soldi e alle competenze manageriali garantite dai neo-soci, verrà rafforzata la presenza capillare in Italia. «La domanda c’è e cresce – dice il fondatore –. Nel 2013 le vendite, malgrado la crisi, sono cresciute del 12%. I nostri clienti sono disposti a pagare anche un po’ di più perché hanno imparato ad apprezzare la serietà del lavoro ». E buona parte dei margini vengono trasferiti agli agricoltori «a volte pagando anche prezzi un po’ fuori di mercato pur di salvare le produzioni locali». «Un po’ come ho fatto io quando sono andato con Bono degli U2 a comprare cotone in Africa, garantendo un prezzo adeguato ai coltivatori locali cui altrimenti i proventi del raccolto non sarebbero stati sufficienti per arrivare alla stagione successiva». L’idea in un secondo tempo è quella di esportare anche all’estero l’esperienza fatta in Italia. «Ma continuando a vendere ovunque solo prodotti locali», assicura Brescacin.