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 2014  gennaio 14 Martedì calendario

BERARDI, IL PROMESSO BIANCONERO CHE DA BIMBO DISSE NO ALLA JUVE


FIRENZE — È una storia di gol e di paese. Le quattro reti di Berardi al Milan hanno fatto saltare la panchina di Allegri, scomodato paragoni ingombranti (Piola) e rimescolato la geografia in provincia di Cosenza. Domenico è nato a Cariati (ma solo perché c’è l’ospedale), ha vissuto per anni in una Casa Cantoniera a Mirto, frazione di Crosia, dove suo padre Luigi lavorava per l’Anas e a Bocchigliero ne rivendicano la cittadinanza. «Siamo orgogliosi di quanto stia capitando al nostro concittadino Domenico Berardi, che pur risultando anagraficamente nato a Cariati è un bocchiglierese doc» ha detto il sindaco Luigi De Vincenti. Già, tutti lo vogliono. Ieri a Coverciano, dove è in ritiro con la Under 21, c’era una piccola folla di giornalisti ad aspettarlo. Radio, tv, giornali, tutti volevano raccontare la sua storia, ma Berardi ha preferito non parlare. «È stanco» hanno fatto sapere.
Vabbè. Rimangono quelle poche parole dette dopo la vittoria sul Milan: «Una giornata che non dimenticherò mai, dedico questa vittoria ad Acerbi (il suo compagno di squadra, colpito da una grave ma-lattia), alla mia famiglia e alla mia ragazza». Poi è partito per Firenze, dove è arrivato nella notte. Per lui ieri allenamento differenziato. Poi la festa per i quattro gol, insieme ai compagni. Per trovare un giocatore più giovane di lui che ha segnato quattro gol in una partita del campionato italiano bisogna fare un bel salto all’indietro e arrivare, appunto, a Silvio Piola. Era il 1931.
Mimmo era un predestinato. Quando giocava nella Polisportiva Il Castello il suo allenatore, Riccardo Voltarelli che oggi fa il presidente, aveva capito che i piedi di quel ragazzino di undici anni erano destinati ad andare lontano. «Giocava sempre a pallone, anche in strada. Si vedeva che aveva le qualità per diventare un grande giocatore — racconta Voltarelli — così contattai l’osservatore di zona della Juve, che andò a parlare con i genitori. Ma quando Domenico seppe che era della Juve gli disse: a me la Juve non interessa, io sono tifoso dell’Inter». Poi la storia ha svoltato e oggi il suo cartellino è metà del Sassuolo («Rimarrà con noi ancora per un po’, magari per sempre. Chissà» ha detto il presidente Squinzi) e l’altra metà della Juve. Ma non è stato facile arrivare fino a lì. Nel 2008 la Polisportiva Il Castello entra nell’orbita del Cosenza e cede tre giocatori: Berardi, Canotto e Fornito. Domenico ha 13 anni e gioca contemporaneamente nei campionati Allievi e Giovanissimi di calcio a 11 e calcio a 5 segnando 107 gol. Però quell’avventura dura poco. Il Cosenza finisce e lui si trova senza squadra. Ma come in una bella favola c’è un altro colpo di scena. Berardi va a Modena a trovare il fratello studente universitario e durante una partita di calcetto viene notato. Fa un provino con il Sassuolo e a quindici anni ricomincia da qui. La Primavera, il debutto in B, l’acquisto in comproprietà da parte della Juve, la serie A con 11 gol nel solo girone di andata. Quattro al Milan. «La Nazionale maggiore? Vado a Coverciano per fare uno stage con la Under 21» ha detto prima di partire. Il suo è un ritorno (era già stato convocato da Mangia, ma successivamente era stato escluso per aver violato il codice etico mancando una chiamata dell’Under 19). O forse solo un momento di passaggio perché il suo destino è altrove. Più lontano di qui.