Alessandro Dal Lago, il manifesto 13/1/2014, 13 gennaio 2014
UN REFERENDUM D’IMPERIO
Con il “referendum” sul reato di immigrazione clandestina, Beppe Grillo ha chiarito a tutti, anche ai seguaci più fedeli, la sua idea di democrazia. Che su 24.000 votanti, convocati all’ultimo momento, quasi 16 mila abbiano votato per l’abrogazione e 9.000 contro farà tirare un respiro di sollievo, ma non deve far gioire nessuno. Questa non è democrazia diretta, è imposizione demagogica.
Come si fa a «votare» su un tema simile, senza alcuna preparazione, dalle «10 alle 17» del 13 gennaio? E poi, con che diritto ventiquattromila elettori hanno dato un parere «vincolante» (per fortuna contrario al reato) al gruppo parlamentare del Senato, come si legge sul blog? Forse, Grillo e Casaleggio non lo sanno, ma l’articolo 67 della Costituzione vieta espressamente il mandato imperativo. E quindi sarebbe ora che il M5S, che tiene tanto alla legalità, al punto di essere contrario a svuotare le carceri, la smettesse con la barzelletta del mandato vincolante.
La questione di questa bizzarra consultazione online ha due importanti aspetti, uno di metodo e uno di merito. Per cominciare, la decisione autocratica di far votare gli iscritti in poche ore e senza preavviso dimostra come, al di là delle chiacchiere sulla democrazia diretta, il duo Grillo-Casaleggio consideri il Movimento 5 Stelle come cosa propria. Questo, d’altra parte, è il metodo seguito sin qui: le «parlamentarie» con poche decine di migliaia di votanti, gli addetti alla comunicazione imposti agli eletti, il divieto di andare ai talk show e così di seguito. Detto in poche parole, i parlamentari sono liberi di pensare quello che vogliono, purché seguano le indicazioni dei leader e facciano quello che ordina la maggioranza degli iscritti convocati all’ultimo momento. Rispetto ai referendum di Grillo, le primarie del Pd sono state un capolavoro di democrazia diretta…
E se l’esito del “referendum” fosse stato opposto? Nel video Gaia, prodotto da Casaleggio e Associati qualche anno fa, si prevede, tra il serio e il faceto, che tra una trentina d’anni saranno indetti referendum su scala globale su temi come la pena di morte. Vengono i brividi a pensare come potrebbe andare. Soprattutto perché, nella visione di Casaleggio e Grillo, i referendum non hanno bisogno di quorum. Insomma, chi partecipa ha il diritto di decidere per tutti. È lo stesso spirito del referendum di ieri. Questa sarebbe la democrazia che ci aspetta? Che succederà quando Grillo chiamerà a votare poche migliaia di iscritti su un tema sensibile come l’amnistia?
Quanto al merito, l’imporre di punto in bianco una consultazione di questo tipo rivela quanto sia conservatore, al limite della xenofobia, l’atteggiamento del duo Grillo-Casaleggio in materia d’immigrazione (d’altra parte, per capirlo, bastava dare un’occhiata al loro libro Il grillo canta al tramonto). Per Grillo, i “sacri confini della patria” non devono essere violati, i “veri immigrati siamo noi” e così via. Un campionario di luoghi comuni reazionari, del tutto simile agli slogan della Lega e del resto della destra. Ora, Grillo ha capito bene che la maggioranza dei suoi parlamentari e degli attivisti era favorevole ad abrogare il reato. E quindi, con 24.000 voti su 100.000 iscritti (teorici), potrà lavarsi le mani dell’intera faccenda, perché il “popolo” ha deciso. Come ha detto Berlusconi, un movimento in maggioranza di sinistra è governato da un leader di destra…
L’aspetto veramente tragico di questa vicenda è che il reato di clandestinità, insieme a tutta la Bossi-Fini (e non dimentichiamo la Turco-Napolitano) non è solo una norma malvagia, perché impedisce ai pescherecci di soccorrere i barconi (altrimenti rischiano di essere incriminati per favoreggiamento), ma è anche stupida: il risultato è l’ingorgo delle procure con migliaia di procedimenti che portano a una multa che nessun migrante è in grado di pagare.
Era necessario un referendum perché i gruppi parlamentari del M5S votassero contro una legge simile?