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 2014  gennaio 13 Lunedì calendario

IL «COREANO» RODMAN E L’IDILLIO CON KIM JONG UN


COSA ACCOMUNA ANTONIO RAZZI A DENNIS RODMAN? COSA LEGA UN SENATORE DEL PDL, CHE È ANCHE L’ULTIMO CAVALLO DI BATTAGLIA DI CROZZA, con il più strampalato giocatore mai visto su un campo di basket? La grammatica variopinta dell’uno e i capelli multicolori dell’altro sarebbero la prima e l’unica cosa che viene in mente, ma in questi giorni abbiamo scoperto che c’è ben altro. Una comune, grande passione che rasenta l’idillio: la Corea del Nord. E, in particolare, il suo giovane Kim Jong Un che saluta con la manina dai palchi delle parate come un lider maximo consumato, lui che ha solo 31 anni. Della folgorazione di Razzi sulla via del 38° parallelo già si sapeva, come ha ribadito l’interessato al suo ritorno da un viaggio in Asia. «La Corea del Nord assomiglia molto alla mia Svizzera, per questo l’apprezzo. Le persone sono precise quando si danno gli appuntamenti. E poi c’è la pulizia delle strade, molto molto pulite» ha spiegato Razzi in uno sketch ancora più riuscito, forse, di quello del film Johnny Stecchino sulla più grave tra le piaghe siciliane, ’u trafficu. Razzi grande amico di Kim, che nei giorni scorsi ha festeggiato l’ultimo compleanno guardando una partita di basket con tutto l’apparato di generali, funzionari e consorti mescolati ai 14mila spettatori. In campo, e poi seduto al suo fianco, l’altro suo amicone, appunto Dennis Rodman, che dopo aver passato i suoi primi 52 anni a prendere rimbalzi, provocare e finire nei guai per alcol e droghe, non necessariamente in quest’ordine, si è messo in testa di diventare il ponte dell’Occidente verso l’enclave nordcoreana.
Laddove ha fallito la storia e la diplomazia, ecco il generoso tentativo dell’uomo che ha giocato nei Detroit Pistons ma soprattutto nei Bulls di Michael Jordan, quando Chicago era l’ombelico del mondo cestistico. Insieme a Rodman, hanno giocato – e perso – anche altri sei ex giocatori Nba: Kenny Anderson, Cliff Robinson, Vin Baker, Craig Hodges, Doug Christie e Charles D. Smith. L’incontro, definito da Rodman «un gesto distensivo per aprire il dialogo, è una grande idea», non è certo piaciuto alla Nba, che ha subito preso le distanze. Per non parlare del governo americano che attende la liberazione di Kenneth Bae, condannato a 15 anni di lavori forzati: la questione ha provocato l’ira di Rodman, che si è messo a urlare e inveire contro la telecamera della Cnn, e contro Bae. Ma lo strano trio, Razzi-Kim-Rodman, in realtà è un bel quartetto, perché un altro testimonial sportivo illustre scelto dal giovane leader è nientemeno che Antonio Inoki, l’ex stella del wrestling (anzi, catch) anni ’80 che da luglio siede nel parlamento nordcoreano e che quindi, di finzione in finzione, è passato da Hulk Hogan alle parate di Pyongyang.