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 2014  gennaio 14 Martedì calendario

Dopo 21 mesi di fermo in India, il processo istruito dalla Corte speciale indiana potrebbe aprirsi all’inizio del prossimo mese

Dopo 21 mesi di fermo in India, il processo istruito dalla Corte speciale indiana potrebbe aprirsi all’inizio del prossimo mese. Si attende che la National Investigation Agency (Nia, la polizia anti terrorismo indiana) produca il documento dei capi d’accusa che potrebbero essere omicidio colposo o volontario. Un primo problema è rappresentato dalla legge alla quale la Nia sarebbe vincolata per procedere contro i marò italiani, quel Sua Act del 2002 che dà all’India, in accordo con le proprie leggi nazionali, il diritto di avocare a sè la giurisdizione di illeciti commessi in mare fino alle 200 miglia nautiche (zona economica esclusiva). Ma il Sua Act, all’articolo 3, prevede la pena di morte per omicidi compiuti in mare, un groviglio burocratico che mette l’India in una posizione complicata: da un lato, il paese vuole approfittare della nebulosità del diritto internazionale in materia (che succede se dei militari a bordo di un’imbarcazione civile fanno fuoco contro degli innocenti in un tratto di mare all’interno delle 24 miglia nautiche, ovvero nella cosiddetta zona contigua? Non si sa, non è mai successo!) per estendere la propria completa giurisdizione fino a 200 miglia nautiche, eventualità che le permetterebbe di avere maggiore controllo su altre situazioni critiche (dissidi su zone di pesca al confine con lo Sri Lanka, acque di Pakistan e Bangladesh a rischio infiltrazione terroristica...); ma dall’altra non può - e non vuole, come dichiarato allo sfinimento dal governo di Delhi - chiedere la pena di morte per i marò. Le regole per la pena capitale in India sono ben precise e le avevo riportate qui. Ricorrere al Sua Act per l’India significa provare ad estendere la propria giurisdizione marittima (come fanno molti altri nel mondo, tra cui la Cina), ma in Italia pensiamo che in realtà gli indiani vogliano usare la legge del taglione, impiccare i marò per ammansire un elettorato in subbuglio. Qui c’è una prima precisazione da fare: in India, da almeno sette mesi, alla gente della vicenda dei marò non gliene frega assolutamente nulla. È una non-questione, presi come sono da una campagna elettorale in vista delle elezioni della prossima primavera che si muove su ben altri temi: economia, tasse, multiculturalismo, minoranze etniche, terrorismo, sviluppo. Ma l’India che abbiamo imparato a conoscere in questi mesi, grazie a un pressapochismo preoccupante della stampa nostrana misto a un passaparola "tossico" che ha propagato menzogne senza trovare il minimo ostacolo, è un paese truffatore, iroso, snaturato dal calcolo politico, pronto a fare carte false per approfittare della vicenda dei due fucilieri. Che l’India spesso sia un paese inaffidabile e corrotto è innegabile e sacrosanto denunciarlo; basta farlo quando se ne hanno gli elementi. A lungo in Italia invece abbiamo dato contro l’India per i motivi sbagliati, inventandoci di sana pianta una serie di "verità" facilmente smentibili. Una molto diffusa, ad esempio, indica che i corpi dei due pescatori Valentine Jelastine e Ajesh Binki - uccisi, secondo gli elementi a disposizione, da fuoco italiano il 15 febbraio del 2012 - sono stati cremati secondo rito hindu prima che fosse possibile operare l’autopsia, che sarebbe in realtà fasulla. Forse ora che anche La Stampa, grazie a un reportage di Tomaso Calvarino, dice che le due vittime erano cristiane e sono state infatti sepolte, la documentazione dell’autopsia recepita anche dalle autorità italiane - che prova che i colpi sono stati sparati da fucili italiani sull’Enrica Lexie - sarà presa un po’ più sul serio dall’opinione pubblica. Una seconda travisazione, ben più grave, sostiene che la vicenda, sin dall’inizio, sia stata manipolata dal governo locale del Kerala a fini elettorali, siccome poco dopo quel fatidico 15 febbraio nello stato meridionale indiano ci sarebbero state "le elezioni". Ma nessuno ha specificato di che tipo di elezioni si stesse parlando, lasciando intendere una tornata elettorale imponente che avrebbe cambiato gli assetti di uno degli stati più popolosi della Repubblica Indiana. La cosa, all’epoca della stesura del mio saggio I due marò - Tutto quello che non vi hanno detto, mi aveva incuriosito. Feci allora delle ricerche, inserendo un piccolo paragrafo che copio qui sotto. A peggiorare la situazione, hanno raccontato in Italia, ci sono le elezioni in Kerala. Trattasi in realtà di elezioni supplettive della circoscrizione di Piravom, previste per il 17 marzo 2012. In Italia, attraverso il prisma lisergico della nostra stampa, le elezioni locali di una delle 140 circoscrizioni locali che compongono il Kerala si sono trasformate nelle elezioni locali del Kerala, condizione di incertezza politica che ha giustificato, agli occhi del pubblico italiano, il sospetto di manipolazioni della faccenda dei marò a fini elettorali. Il partito dell’Indian National Congress (Inc), guidato nello Stato meridionale indiano da Oommen Chandy, governa il Kerala dal 2011 e con la storia dei marò italiani non ha mancato di mostrarsi un esecutivo a parole duro e risoluto, capace di fare la voce grossa contro le potenze occidentali per difendere i diritti del popolo. Tema centrale in India, ex colonia britannica dove il revanchismo post-indipendentista è ancora molto forte, specie negli strati sociali disagiati, e in particolare nel Kerala, roccaforte comunista per decenni dove nel 1957, per la prima volta al mondo, fu eletto democraticamente un governo comunista. Oommen Chandy, a colloquio con De Mistura, il 23 febbraio, si mostra inamovibile. Chandy esclude ogni spazio per eventuali trattative, dopo che nei giorni precedenti ha descritto le azioni dei marò come un «omicidio a sangue freddo», promettendo al proprio elettorato duri provvedimenti legali. Le elezioni della circoscrizione le vince l’esponente dell’Inc, che porta a casa 82.756 voti contro i 70.686 dell’avversario del Left Front (l’unione dei partiti comunisti indiani), ma più che per tirare la volata al candidato a Piravom – che aveva appena sostituito alla guida della medesima circoscrizione il padre defunto – le parole di Chandy sono rivolte all’opposizione comunista e, più in generale, alle opposizioni di governo, pronte a strumentalizzare ogni minimo favoritismo accordato agli italiani dal partito dell’Inc seguendo una strategia, in India, consolidata da anni. Il Kerala, secondo l’ultimo censimento, è abitato da oltre 33 milioni di persone. Vi lascio immaginare quale importanza avessero, per Chandy, le supplettive della circoscrizione di Piravom. Infine il paventato rischio - inesistente, come spiegato sopra - della pena di morte per i marò ha ridato vita alla speculazione politica qui in Italia: Fratelli d’Italia e M5S pronti a partire con due delegazioni di parlamentari alla volta di Delhi per occuparsi in prima persona dei marò, a differenza di Letta e l’inviato speciale del governo De Mistura che, parafrasando i "portavoce dei cittadini", sono solo "chiacchiere e distintivo. Nella bagarre è entrato anche Antonio Tajani, vice presidente della Commissione Ue (Forza Italia), che sulle pagine del Tempo di oggi ha minacciato l’India di bloccare la discussione di un accordo commerciale Delhi-Bruxelles poiché "[...] non è pensabile che l’Europa firmi trattati con un paese che non rispetta i diritti umani". Il portale dell’Unione europea dice però che Tra il 2010 e il 2011 le esportazioni dell’UE di beni sono aumentate, benché non siano riuscite a ritornare ai livelli precedenti alla crisi. Gli Stati Uniti restano di gran lunga la più importante destinazione di beni esportati dall’UE nel 2011 (si veda sotto), seguiti da Svizzera, Cina e Russia. e Anche le importazioni nell’UE sono aumentate tra il 2010 e il 2011. La Cina è stata il principale fornitore di beni dell’UE nel 2011. Le importazioni dalla Russia sono aumentate drasticamente, portando quest’ultima a sostituire gli Stati Uniti come secondo fornire di beni nell’UE nel 2011. Fino a prova contraria, Usa Cina e Russia sono paesi dal rispetto dei diritti umani quantomeno discutibile. Insomma, la vicenda Enrica Lexie è decisamente complessa e ci sarebbero molte altre rettifiche da fare sul caso. Per ora ci fermiamo qui.