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 2014  gennaio 13 Lunedì calendario

ANDREAS GEORGIOU L’UOMO CHE DISSE LA VERITÀ AL POPOLO GRECO “MA ORA CI RISOLLEVEREMO”


Atene A ndreas Georgiou, 53 anni, è l’uomo che ha fatto sapere ai greci, nero su bianco, che la festa era finita. Probabilmente non avrebbe mai immaginato di tornare in patria durante la sua carriera professionale, ma nel luglio nel 2010 ricevette una chiamata da Atene.
All’epoca Georgiou era un dirigente del Fondo monetario internazionale, dove lavorava ormai da decenni. Ma il governo di allora, guidato da Andreas Papandreou, gli offriva probabilmente il più scomodo dei posti possibili in tutta Europa: presidente di Elstat, l’ufficio statistico greco. Il suo mestiere sarebbe stato semplice e pericoloso allo stesso tempo: ristabilire la verità sulla situazione dei debiti del Paese.
Nel mondo degli economisti, è come essere chiamati a guidare la Cambogia dopo Pol Pot o fare il sindaco di un comune appena sciolto per mafia. «L’agenzia statistica greca prima della crisi era vista come uno strumento del governo, del tutto integrata nel ministero delle Finanze», dice oggi Georgiou. I suoi predecessori avevano lasciato dietro di sé una lunga scia di falsificazioni, revisioni contabili dettate dalla politica e omissioni. Prima che Georgiou arrivasse, l’agenzia statistica Europea Eurostat aveva messo una eufemistica “riserva” sui dati del deficit ellenico in sei delle ultime undici pubblicazioni. Dopo il suo arrivo, ricorda l’interessato, non è più successo.
In questi giorni Georgiou è chiamato a dare una nuova prova che il ritorno alla normalità istituzionale è possibile: come il governo, anche lui è coinvolto nel lancio del semestre di presidenza europea di Atene. Lo fa da una posizione di forza a Bruxelles, a Washington o a Francoforte, perché il suo lavoro è circondato dal rispetto delle istituzioni che oggi rappresentano i grandi creditori della Grecia.
Ma lavora ogni giorno fra mille insidie e accuse in Grecia. Nikos Logothetis, ex vicepresidente di Elstat nei primi mesi del mandato di Georgiou, di lui dice semplicemente: “Meriterebbe di essere impiccato”.
L’accusa principale nei confronti del nuovo zar delle statistiche elleniche: aver corretto il dato ufficiale del disavanzo del 2009 al 15,7 per cento del prodotto interno lordo, con relativo aumento anche del debito pubblico. Fu almeno la quarta revisione dei numeri. Inizialmente il governo greco uscente, quello del conservatore Kostas Karamanlis, sosteneva che il deficit si sarebbe fermato al 6,5 per cento: quindi i socialisti di Papandreou, arrivati al potere, rividero il saldo al 12,5%, quindi al 12,9%. Poi è arrivato Georgiou.
Quella revisione ulteriore al rialzo del deficit e del debito imposta dal nuovo capo dell’agenzia statistica ha avuto per la Grecia conseguenze impossibili da sopravvalutare: la Troika dei prestatori ufficiali composta da Unione europea, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale hanno chiesto più tagli di spesa in welfare e un maggior numero di licenziamenti nel settore pubblico per riequilibrare conti che si stavano rivelando peggiori del previsto.
Un calcolo statistico in Grecia può avere conseguenze fin troppo tangibili per milioni di persone. In poche settimane, Georgiou è diventato l’oggetto di una campagna di odio che ha attraversato l’intero spettro politico: dalla sinistra radicale di Syriza alla destra neo-nazista di Alba Dorata, passando per gli ambienti nazionalisti del centro e del centro-destra.
Per tutti, Georgiou è stato e resta una pedina dei poteri internazionali – l’Fmi, le banche di Wall Street, la Bce – per mettere la Grecia in ginocchio. Lui non si scompone: «Per anni nel mio Paese le statistiche sono state considerate uno strumento politico e una posizione da negoziare con Bruxelles », dice nel suo ufficio di Atene. «Non è così: i dati non sono né di destra né di sinistra, sono una misura delle realtà economiche sulla base di convenzioni internazionali».
Quasi nessuno in Grecia capisce il linguaggio di questo ex funzionario del Fondo monetario internazionale. Un procuratore ha avviato contro di lui un’inchiesta per “alto tradimento nei confronti dello Stato”, rispolverando una legge del regime dei colonnelli che misura gli anni di carcere in caso di condanna al danno finanziario inferto allo Stato. Georgiou, l’uomo che in questi giorni riceve gli ospiti nel suo ufficio per studiare le mosse del semestre di presidenza greco appena iniziato, potrebbe essere soggetto a una condanna a decine di anni di reclusione.
Nel frattempo anche la politica si è mossa contro di lui. È stata costituita una commissione parlamentare per indagare nella presunta frode del capo dell’ufficio statistico per far apparire il deficit peggiore che nella realtà e consegnare le chiavi della Grecia al Fondo monetario. Andreas Georgiou si è presentato davanti al parlamento e si è difeso con un ragionamento che ha lasciato molti dei deputati a corto di risposte. «Ho detto loro che se il deficit in realtà è più basso – racconta – allora non abbiamo bisogno delle centinaia di milioni dell’Europa e dell’Fmi. Dovremmo restituire quei soldi subito».
Nell’aula è sceso il silenzio. Alla fine, a maggioranza, il parlamento di Atene ha votato per un’assoluzione politica di Georgiou.
Resta però uno strano mondo alla rovescia, quello in cui si muove. I suoi predecessori che falsificarono i numeri camminano a testa alta nelle strade della città. Nessuno li odia, né parla di loro. Ma aver portato ai greci l’affronto di una contabilità senza sconti resta intollerabile. «In passato – osserva Georgiou – qualunque alto funzionario dell’agenzia statistica aveva una copertura politica diretta. Nel mio caso non la ho e nessuno me la offre».
Per qualunque uomo politico, dare l’impressione di estendere un po’ di sostegno all’uomo dei numeri può essere fatale. Silenziosamente, il primo ministro conservatore Antonis Samaras ha tolto a Georgiou sia la ronda di sicurezza della polizia intorno al palazzo dell’agenzia statistica Elstat al Pireo, sia il po’ di vigilanza che il suo capo aveva quando entrava e usciva di casa. Può apparire irrilevante, ma non lo è in un Paese nel quale la violenza politica ha fatto clamorosamente ritorno negli ultimi anni. I neo-nazisti hanno ucciso di recente un cantante notoriamente schierato a sinistra e due attentatori probabilmente di estrema sinistra hanno sparato a sangue freddo a due militanti di Alba Dorata. Due settimane fa, qualcuno ha sparato contro la residenza dell’ambasciatore tedesco.
Georgiou cerca di andare avanti come se il suo lavoro fosse puramente tecnico. Lo ha fatto nei primi mesi, quando i funzionari di Eurostat occupavano quasi militarmente la sede di Elstat a Atene. Lo fa adesso, quando il suo compito è dimostrare che la Grecia è ancora una democrazia capace di una sana divisione dei poteri e di istituzioni efficienti e imparziali.
«Non è facile per i greci andare avanti – riconosce Georgiou – la disoccupazione sfiora il 28% ed è normale che le persone più colpite cerchino qualcuno da incolpare per la loro sciagura». Quanto a lui, vede il suo compito come il primo giorno in cui accettò il nuovo incarico: non fare sconti sulla verità della situazione economica e finanziaria. Afferma con sicurezza: «Solo così si possono gettare le basi per un Paese moderno».