Salvatore Tropea, Affari&Finanza, la Repubblica 13/1/2014, 13 gennaio 2014
LA FAMIGLIA COMPATTA ALLA PROVA DEL CONVERTENDO
Torino «Se la torta è buona perché dovrei accontentarmi di avere una fetta minore?». Non risulta che John Elkann abbia cambiato idea rispetto a quando nella primavera del 2013 fece questa dichiarazione con riferimento alla fusione Fiat-Chrysler e dunque al controllo della nuova società da parte di Exor. Lo pensava allora e lo pensa ancora adesso, quando manca appena una settimana al closing dell’operazione con la quale a Fiat passerà il controllo totale di Chrysler. Ciò vuol dire che la famiglia Agnelli ha messo in conto di non rinunciare a quell’assetto azionario col quale sinora, tramite Exor, ha avuto il controllo di una Fiat che oggi ha in pancia l’intera Chrysler. Un orientamento, questo, che induce ad escludere l’ipotesi di una sua scelta di diluirsi nel caso di un rafforzamento patrimoniale col ricorso a un aumento di capitale o più verosimilmente a un convertendo.
Non potrebbe essere diversamente, anche se la scelta dovesse avere qualche costo (si vedrà poi quanto) che gli eredi dell’Avvocato, o meglio i padroni della Fiat Chrysler di Marchionne, sono disposti a sostenere sapendo di avere vinto una partita che esattamente dieci anni fa li vedeva sull’orlo di una sconfitta epocale. Col minore sforzo e senza tanto rumore sono riusciti a diventare azionisti di controllo di un player mondiale dell’auto. Guardando infatti i numeri si vede che per l’acquisto del 41 per cento di Chrysler dal fondo dei sindacati americani Veba l’esborso è di 4,3 miliardi di dollari, una cifra che è stata in larghissima parte coperta dalla Chrysler. In conto Fiat sono 1,750 miliardi di dollari (pari a 1,288 miliardi di euro) per i quali Fiat potrà attingere alle disponibilità di cassa (la sua liquidità a fine 2013 era di oltre 20 miliardi di euro a fronte di 11 miliardi di debiti).
Ma è proprio il peso di questi debiti, oltre alle risorse necessarie per il nuovo piano industriale annunciato da Marchionne, a rafforzare l’ipotesi di un ricorso a nuove forme di finanziamento. Ora, per come è stato congegnato l’acquisto del 41 per cento di Chrysler da Veba, sembra si debba scartare l’aumento di capitale, come del resto il mercato ha mostrato di avere intuito e apprezzato. Per quanto riguarda invece l’altra strada, Marchionne ha lasciato chiaramente intendere che, chiusa la partita Veba e subito dopo la fusione si sarebbe posto un problema di rafforzamento del patrimonio Fiat Chrysler. Un’operazione che il mercato ha interpretato come il possibile ricorso a un convertendo quantificato sugli 1,5 miliardi di euro.
Che cosa farà la famiglia Agnelli in quel caso? In quanto azionista di controllo, alla scadenza di questo prestito, dovrà decidere se mettere mano al portafoglio oppure accettare di diluirsi. In casa Exor si fa notare che i 20 miliardi di liquidità di Fiat sono stati messi assieme anche perché negli ultimi tre esercizi si è scelto di non erogare dividendi in previsione degli impegni legati all’operazione Chrysler. Come dire che quello è tutto o in parte il contributo della famiglia Agnelli, nessun membro della quale sembra intenzionato a vedere ridimensionata la quota del 30 per cento, ovvero la fetta di torta di cui parla il presidente Elkann.
Inseguita per alcuni decenni, prima con la Ford e la General Motors e finalmente conseguita con Chrysler, l’opzione americana realizzata da Marchionne è stata accettata da tutta la famiglia Agnelli che la identifica come la scelta per il suo futuro. In questo confortata dai risultati americani più che dall’andamento dell’azienda in Europa. Se infatti si vanno a guardare i risultati di Exor si vede che nel 2013 ha incassato una crescita del Nav del 15 per cento. Ma soprattutto si scopre che la provenienza di questo aumento è largamente riconducibile ai risultati di Fiat Chrysler e meno a quelli degli altri asset, Fiat Industrial inclusa. Un dato più che convincente per difendere il 30 per cento al di là dei meccanismi di controllo che, tecnicamente, non sarebbero certo messi in discussione da eventuale ridimensionamento per via di un prestito convertendo.