Paolo Griseri, Affari&Finanza, la Repubblica 13/1/2014, 13 gennaio 2014
MARCHIONNE VOLTA PAGINA E RIAPRE IL DOSSIER PEUGEOT
Ora nulla sarà più come prima. Tra quattro mesi della vecchia Fiat, delle sue liturgie, dei suoi pregi e dei suoi tic, non rimarranno che reperti. L’annuncio dell’accordo per acquisire il 100% di Chrysler ha dato il via a una serie di atti preparati da tempo e tenuti nel cassetto in attesa del sì di Bob King alle offerte di Sergio Marchionne. Più di una fusione: l’inizio di una nuova storia con nuovi partner. L’ad del Lingotto lo ha detto venerdì nell’intervista al direttore di Repubblica, Ezio Mauro: «Abbiamo realizzato un sogno: mettere insieme non solo due aziende ma due culture».
La nuova Fiat cambierà nome, sede legale, baricentro e gamma dei modelli. E in un futuro non lontano potrà scegliersi nuovi partner. Chiusa la partita Chrysler, il nuovo gruppo sarà comunque lontano dai 6 milioni di auto vendute che lo stesso Marchionne considera oggi il livello di sopravvivenza nel club dei produttori generalisti. I 4,4 milioni di auto vendute sono un milione e mezzo sotto la soglia. E’ presumibile che la ripresa del mercato europeo e il lancio di nuovi modelli sia in grado di far salire le vendite a ridosso dei 5 milioni. Ma è evidente che non sarà una crescita sufficiente. Molti pronosticano un nuovo partner asiatico: si ipotizza il matrimonio con Suzuki, in aria di divorzio con Volkswagen. O, in alternativa, la trasformazione dell’intesa industriale con Mazda (per la produzione a Hiroshima di uno spider Alfa) in un patto societario che apra al Lingotto la presenza nei mercati emergenti.
Ma il nuovo partner potrebbe arrivare anche dall’Europa. La strada Opel, l’acquisizione mancata del 2009, l’occasione perduta da Marchionne nel confronto scontro con politici e sindacati tedeschi, sembra una porta ancora chiusa. Il fallimento dell’alleanza con Peugeot ha lasciato la casa di Russelsheim nelle mani di Gm e dei politici che governano i lander. Peugeot, in crisi, potrebbe avere nei prossimi giorni un nuovo partner, i cinesi di Dong Feng, che potrebbero partecipare all’aumento di capitale e salire oltre il 15 per cento. Ma un’alleanza tra gli Agnelli e Psa avrebbe certamente effetti positivi per il nuovo gruppo italo americano. Psa ha registrato negli ultimi mesi incrementi a due cifre delle vendite in Cina e potrebbe rappresentare indirettamente quell’apertura al mercato asiatico che il nuovo colosso nato dalla fusione tra Torino e Detroit ha assolutamente bisogno di trovare. Inoltre consentirebbe di rafforzare la leadership di Fiat in America Latina tenendo a distanza i concorrenti tedeschi e giapponesi. Dell’intesa possibile con Peugeot si era già parlato nel gennaio scorso proprio in occasione del Salone di Detroit che riapre i battenti in questi giorni. Anche l’alleanza con i francesi come quella con una casa di Detroit, è stata a lungo cercata nella centenaria storia della Fiat: l’Avvocato riteneva che l’azienda d’oltralpe fossa la più simile a quella torinese.
Questo profondo cambiamento di pelle, con o senza nuove alleanze dopo l’operazione Chrysler, sarà un bene per l’Italia? Quel che è certo è che sarà comunque una Fiat molto diversa dall’attuale. E i passi che verranno annunciati di qui a qualche settimana non potranno che confermare la rivoluzione. Difficilmente, ad esempio resterà a Milano la quotazione principale. E’ evidente che creare una società basata in Usa significa avere tassi di interesse e trattamenti da parte delle banche meno onerosi di quanto non accada in Europa. Per questo nell’intervista di venerdì scorso Marchionne risponde: «Non c’è dubbio che il mercato che ha più flottante è quello americano. Deciderà il Consiglio di amministrazione. Sono pronto ad andare anche a Hong Kong per finanziare lo sforzo di Fiat-Chrysler».
Per quanto riguarda la sede legale, è possibile che vengano seguite le orme della recente fusione Cnh: «Siamo andati in Olanda ma è una questione che ha un valore puramente simbolico ». La legge fiscale olandese prevede sconti significativi e consente alle società di dare una particolare disciplina al peso delle azioni nei voti di assemblea, ciò che potrebbe consentire agli Agnelli di mantenere il controllo anche il giorno che decidessero di diluire molto la loro quota (oggi l’intenzione del principale azionista sembra invece quella di mantenere l’attuale livello di partecipazione).
Nelle prossime settimane i consigli di amministrazione di Fiat e Chrysler dovranno dunque compiere i passi necessari per l’acquisto da parte del Lingotto del pacchetto del 41,5 per cento di azioni Chrysler detenuto da Veba. Un’operazione da 4,3 miliardi che consentirà però agli Agnelli di fondere le due società e di avere accesso agli utili di Detroit per finanziare il rilancio della sponda europea. Entro il 30 gennaio il cda Fiat definirà il calendario della marcia di avvicinamento tra le due sponde del nuovo impero. «Quando Chrysler avrà approvato il dividendo straordinario da 1,9 miliardi di dollari, si farà la fusione», ha detto Marchionne nell’intervista. Con quel dividendo infatti Fiat pagherà a Veba una parte del pacchetto azionario.
Tutto da decidere è quel che accadrà dopo. Quando Fiat avrà il 100 per cento di Chrysler avrà il problema di trasformarsi da società quotata a Milano a società americana, soprattutto agli occhi delle banche. A Torino si lascia intendere in queste ore che probabilmente verrà seguita la strada già tracciata dalla fusione Cnh: sarà creato un veicolo finanziario, una nuova società, plausibilmente quotata a Wall Street, che accoglierà al suo interno Fiat e Chrysler. Il veicolo potrà probabilmente avere anche una quotazione secondaria a Milano per ragioni politico-simboliche.
La nuova Fiat «avrà un nome nuovo». Rimarrà il marchio ma difficilmente l’acronimo della società torinese resterà nel nome della holding che controllerà un impero da 4,4 milioni di auto. Le radici di Torino e Detroit continueranno dunque a vedersi dai concessionari ma probabilmente spariranno dai listini di Borsa. Nell’intervista Marchionne ha lasciato intendere che i tempi della fusione potrebbero essere più brevi del previsto. Il cda di Chrysler deciderà il pagamento del dividendo straordinario che consentirà il passaggio delle azioni. Poi, il 20 gennaio, con la consegna materiale del pacchetto a Fiat, si aprirà il processo di fusione che porterà alla quotazione. Tra le conseguenze di questo processo c’è la possibilità di finanziare gli investimenti negli stabilimenti italiani. Un momento atteso da tempo per varare quel piano Alfa Romeo che nelle intenzioni del Lingotto potrebbe consentire di risolvere il problema del sotto utilizzo degli impianti. Con i modelli Alfa (almeno tre) previsti a Cassino e Mirafiori e con il lancio di una grande Panda da affiancare all’attuale utilitaria a Pomigliano, il quadro delle produzioni italiane potrebbe andare a regime riassorbendo le migliaia di cassintegrati oggi in organico. Il nuovo piano modelli verrà annunciato ad aprile. Per quella data la Fiat potrebbe essere già cambiata profondamente.