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 2014  gennaio 13 Lunedì calendario

MARKETPLACE – [IL RALLY IN BORSA DELL’INDUSTRIA DELLE ARMI]


Armato di un fucile automatico Bushmaster XM15 E2S, il ventenne Adam Lanza uccise nel dicembre 2012 ventisei tra scolari e insegnanti nella scuola elementare di Newton, Connecticut. Quel giorno l’America promise di cambiar pagina: ma fu una ipocrisia. Il 2013 è stato infatti un anno record per la vendita di armi da fuoco negli Stati Uniti. Secondo le ultime statistiche 21milioni di acquirenti si sono sottoposti ai controlli obbligatori prima della consegna delle armi: 2 milioni più dell’anno precedente. E le tre maggiori industrie del ramo – Freedom Group, Sturm Ruger & Company e Smith & Wesson hanno avuto risultati spettacolari. Le quotazioni a Wall Street della Smith & Wesson, ad esempio, la quale dal 1852 ha fornito pistole a cow-boy, sceriffi (e gangster), sono salite del 72 per cento, cioè tre volte di più dell’aumento dell’indice S&P 500, anch’esso straordinario (26 per cento).
Come si spiega il fenomeno? Perché gli americani, che già possiedono 270 milioni di armi da fuoco, hanno sentito il bisogno di rafforzare il loro arsenale? Secondo John Hudak, un esperto della Brookings institution, ad alimentare la domanda è stato il timore che nuove leggi potessero restringere le vendite. In realtà tutto è rimasto come prima, tranne alcune iniziative locali, come nello stato di New York. La Casa Bianca di Barack Obama sta cercando di rendere più difficile l’acquisto di pistole e fucili da parte dei malati di mente. Per il resto continua la love-story degli americani con la polvere da sparo: e a difenderla non è solo la costituzione, ma anche l’operato di alcuni giudici, come quello che ha appena bloccato le norme anti-armi varate dal sindaco di Chicago Rahm Emmanuel. Ad approfittarne è soprattutto il Freedom Group, il più grande produttore del settore con 3mila dipendenti, che controlla una serie di marchi storici, a cominciare proprio dai Bushmaster (l’arma di Newton) e dai fucili Remington, che esistono quasi da duecento anni. Appartiene al gruppo di private equity Cerberus, che ogni tanto, dopo l’ennesima strage, assicura di voler vendere la società o quotarla in Borsa; ma per il momento si limita a brindare ai profitti. L’anno scorso il Freedom Group (che è anche chiamato Remington outdoor) ha visto crescere il fatturato da 931 milioni di dollari 1,25 miliardi. E’ stato brillante anche l’andamento della Sturm Ruger, di Southport nel Connceticut, le cui quotazioni a Wall Street sono salite del 65 per cento in appena dodici mesi. Secondo qualche analista, il boom del 2013 potrebbe portare quest’anno a un ridimensionamento: ma solo per le vendite di armi, non per le munizioni, per le quali si annuncia una stagione brillante.
a.zampaglione@repubblica.it