Antonio Gnoli, la Repubblica 13/1/2014, 13 gennaio 2014
LUNEDÌ – I VOLTI DEL MALE
È trascorso mezzo secolo da La banalità del male. Frutto di un reportage per il New Yorker, il pamphlet divise l’opinione pubblica. Hannah Arendt seguì a Gerusalemme il processo Heichmann e descrisse l’insignificanza di quell’ometto funzionario di morte nei campi di sterminio. Fu la parola “banalità” a irritare le comunità ebraiche (Scholem e Jonas ruppero con lei). Possibile che il male fosse frutto di una decisione anonima, insignificante, mediocre? Ho il sospetto che quella temeraria osservazione provenisse da un viaggio lontano. Nella mente di Hannah si affacciò, per poi essere ricacciata, l’idea che un altro ometto era stato, molti anni prima, altrettanto banale. Un maestro che le aveva giurato amore eterno, in maniera arcaica e sfrontata. Per poi battere in ritirata, in un lirico e convenzionale tumulto biedermeier. Hannah prese altre strade ma conservò la compassione, la gratitudine e una foto ricordo di quell’ometto, autore di pregnanti testi filosofici. Margarethe von Trotta ha dedicato un film alla Arendt, in particolare agli anni vissuti durante il processo. Uscirà alla fine del mese. Colpisce una frase di Hannah: nessuno di coloro che criticò La banalità del male aveva letto bene quel libro. Se non altro un invito a tornarci sopra.