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 2014  gennaio 12 Domenica calendario

NEGOZIARE CON LA LIBIA È NECESSARIO MA I FINANZIAMENTI NON VANNO SPRECATI


Gli accordi tra Italia e Libia sul controllo del Mediterraneo si sono praticamente dissolti. È uno degli effetti collaterali del collasso politico-istituzionale di Tripoli. Il governo del primo ministro Ali Zeidan controlla a mala pena la capitale. Difficile che, nel breve periodo, possa essere un interlocutore credibile e affidabile per i dirimpettai europei, Italia in prima fila.
I barconi di immigrati continuano a salpare dal porto di Zuwarah, vicino alla Tunisia, lungo il corridoio che porta a Lampedusa da una parte e a Malta dall’altra. Nessuno disturba il traffico di esseri umani. La marina militare locale non riesce a fare filtro. Mancano risorse, personale addestrato, mezzi. Farebbero comodo, tra l’altro, le quattro motovedette libiche ormeggiate da agosto nel porto di Napoli. Fanno parte di una squadriglia di sei unità regalate nel 2009 e poi nel 2010 dal governo italiano a Muhammar Gheddafi. Era la contropartita dell’accordo con il regime della Jamahiriya: Roma metteva a disposizione il materiale, Tripoli si impegnava a sorvegliare le coste.
Al di là del giudizio politico che si può dare oggi, dopo tre anni di rivolgimenti permanenti nel Nord Africa, quello scambio è finito nel nulla. Ne abbiamo avuto la prova più drammatica il 3 ottobre scorso, con il peschereccio in fiamme davanti a Lampedusa (366 morti accertati e più di 20 dispersi).
Nel frattempo, però, come riferisce l’Ansa , nel decreto sulle missioni militari italiane, approvato venerdì 10 gennaio, sono stati previsti 3,6 milioni di euro per garantire, tra le altre cose, anche la manutenzione delle quattro motovedette rientrate in Italia nell’agosto scorso. Già il 5 dicembre scorso venivano stanziati 2,9 milioni di euro. In questa fase di lesina finanziaria, tutti i soldi andrebbero spesi in funzione di un obiettivo perlomeno plausibile: purtroppo è sempre più alta la probabilità che quei fondi vadano sprecati. Negoziare con un Paese nel caos, quale oggi è la Libia, è difficile, ma per l’Italia resta una via obbligata e senza alternative.