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 2014  gennaio 12 Domenica calendario

L’ECONOMIA VISTA DAL PAPA LA CHIESA CHE PIACE ALLA SINISTRA

Caro Romano, può ricordare ai lettori che anche papa Francesco ha attaccato la «trickle down economics» perché, purtroppo, alle sue dichiarazioni i media hanno dato poco spazio?
Giulia Colla
Belgioioso (Pv)

Cara signora,
L’ espressione definisce una tesi economica molto diffusa dall’epoca di Margaret Thatcher, primo ministro britannico dal 1979 al 1990, e di Ronald Reagan, presidente degli Stati Uniti dal 1980 al 1988. Secondo questa tesi, la ricchezza, nei regimi capitalisti, scende goccia a goccia lungo i rami dell’albero sino a fertilizzare l’intero terreno sociale. I suoi sostenitori ne concludono che il miglior modo per favorire il progresso generale sia quello d’incoraggiare la formazione della ricchezza privata. Lo Stato che spende molto per garantire previdenze e servizi ai ceti sociali più bisognosi sarebbe quindi molto meno efficace di uno Stato che taglia le tasse, garantisce la flessibilità del mercato del lavoro e si astiene da misure che possano limitare la libera gara tra soggetti economici autonomi e intraprendenti.
Il Papa ne ha parlato in una Esortazione apostolica, «Evangelii Gaudium», pubblicata nel novembre dell’anno scorso. Ha auspicato una economia inclusiva che non tratti l’uomo come una macchina dei consumi. Ha affermato che all’origine della crisi finanziaria vi è una crisi antropologica: la negazione del primato dell’essere umano. Ha preso chiaramente posizione contro la «trickle down economics» (che ha liberamente tradotto come teoria della «ricaduta favorevole») e ha aggiunto: «Questa opinione, che non è mai stata confermata dai fatti, esprime una fiducia grossolana e ingenua nella bontà di coloro che detengono il potere economico e nei meccanismi sacralizzati del sistema economico imperante. Nel frattempo, gli esclusi continuano ad aspettare».
Non tutti gli economisti saranno d’accordo con il Papa. Qualcuno potrebbe osservare che vi sono stati numerosi momenti della storia economica in cui le politiche favorevoli allo sviluppo dell’industria, all’apertura dei mercati e alla creazione di ricchezza privata, hanno dato un forte contributo alla lotta contro la povertà e alla creazione di un più diffuso benessere sociale. E altri potrebbero ricordare che il buon capitalismo si è dimostrato spesso capace di correggere i propri errori. A giudicare dalle riforme avviate dall’Ue in questi ultimi anni, il capitalismo europeo potrebbe emergere dalla crisi più forte e credibile di quello degli Stati Uniti, dove le riforme sono state limitate e spesso contestate.
È comunque interessante osservare che le dichiarazioni del papa hanno trovato una eco favorevole in molti ambienti politici occidentali. Nelle loro prossime campagne elettorali, al di qua e al di là dell’Atlantico, i partiti progressisti cercheranno di raccogliere voti nelle fasce sociali che sono state maggiormente colpite dalla recessione e non mancheranno di citare il Papa ogniqualvolta avranno l’impressione che una certa sintonia con le sue posizioni giovi alle loro fortune politiche. In una recente riunione del Partito democratico a Washington sul tema della ineguaglianza sociale, un senatore avrebbe detto: «In questo campo abbiamo dalla nostra parte un importante alleato: il Papa».
Questa sintonia sarà tanto più politicamente utilizzabile quanto più il Papato di Francesco sembrerà disposto ad affrontare alcuni problemi umani e civili come le unioni fra omosessuali, con atteggiamenti più aperti e tolleranti. Nessuno pensa che la Chiesa si appresti a rovesciare la sua politica tradizionale sul matrimonio. Ma la domanda con cui il Papa ha risposto a un quesito sulle coppie omosessuali («Chi sono io per giudicare?») continua a rimbalzare in giro per il mondo da un giornale all’altro.