Sebastiano Vassalli, Corriere della Sera 12/1/2014, 12 gennaio 2014
CHE ERRORE LA MANIA D’INSEGUIRE I BESTSELLER
Editori in crisi. Si stampano troppi libri, se ne vendono troppo pochi. È una crisi che viene da lontano: da quando qualcuno ha incominciato a pensare che anche in un Paese di pochi lettori come il nostro si potessero produrre libri come si producono pomodori pelati o t-shirt. Che l’industria del libro potesse diventare un’industria «normale», legata a criteri di produttività e di profitto. Da allora (stiamo parlando di 20-25 anni fa) è partita anche da noi quella rincorsa al bestseller che già stava facendo danni nel resto del mondo, e che in un mercato del libro fragile come il nostro poteva avere soltanto l’effetto di abolire la normalità per inseguire i miracoli. Cerco di spiegarmi. Un editore come Einaudi i suoi lettori li conosceva, idealmente, dal primo all’ultimo; cercava di accontentarli e magari anche di crearne di nuovi, senza allontanarsi troppo dai vecchi. Il bestseller invece (lo sapevano anche gli editor delle vecchie case editrici) dipende sempre da circostanze imprevedibili e irripetibili; esiste grazie ai non-lettori, che devono essere acchiappati nei supermercati o negli autogrill e che, contrariamente a quanto si sente ripetere, poi continuano a non leggere. Per inseguire i non-lettori abbiamo perso i 25 lettori «forti» di manzoniana memoria, che non amano i bestseller e non seguono il gratta-e-vinci dell’editoria basata sui bestseller, e non abbiamo costruito niente di solido. Camminiamo sul vuoto.