Andrea Melli, La Stampa 13/1/2014, 13 gennaio 2014
BOMBER NATO PER CASO CON UN FUTURO ALLA JUVE
Una notte pazzesca, una notte da sogno: segnare 4 reti in A. Ma quel fenomeno di Domenico Berardi, a nemmeno 20 anni, ci è riuscito. Un poker stampato in faccia al Milan, per un momento straordinario. Ieri infatti l’uomo copertina neroverde ha risposto alla convocazione dell’Under 21 azzurra, dopo i 7 mesi di punizione per aver mancato la chiamata dell’Under 19 e non aver mai chiesto scusa. Almeno fino a questa notte incredibile. Storia che sorprende, quella dell’enfant prodige, e che lascia intravedere quale sia anche il carattere. Tra speranza, rassegnazione e doti da predestinato, nel passato di Berardi c’è anche quel colpo di fortuna che spesso fa la differenza. E ora il presente è luccicante e il futuro già colorato di Juventus che divide la proprietà della punta con il Sassuolo.
Le 4 reti al Diavolo sono soltanto l’ultima tappa di una scalata rapidissima. Le luci dei riflettori puntate addosso dopo un avvio di stagione sfavillante, tre reti il 3 novembre scorso in casa della Samp (4º più giovane di sempre a fare tripletta in A) e la querelle con le alte sfere federali a fotografarne un momento che era a due volti. Non rispondendo alla chiamata dell’Under 19 il giorno seguente alla vittoria della B, si è consumata la querelle, ad oggi risanata, con la Federazione: il cellulare risultò irraggiungibile, forse si trattò di un malinteso. Ma Arrigo Sacchi, coordinatore tecnico delle Nazionali giovanili, non solo non ingoiò il rospo ma si travestì anche da giudice sportivo: 9 mesi senza Nazionale, più un turno di squalifica già scontato in campionato furono la pena. «È un calabrese, uno tosto», raccontava il suo tecnico Eusebio Di Francesco, che lo aveva lanciato in B a soli 18 anni e 25 giorni e ha poi fatto da paciere nella vicenda grazie anche all’amicizia con Di Biagio. Ora arriva l’Italia dei giovani: un giusto premio per un girone d’andata chiuso con la bellezza di 11 gol. Gli stessi di Tevez, tanto per restare al bianconero. Un pedigree che gli permette di pensare addirittura ai mondiali ora poi che si è infortunato Rossi.
Eppure emergere dal profondo Sud è stata impresa titanica, roba da «uno su mille ce la fa». A 15 anni i sogni di Mimmo, come lo chiamano mamma Maria e papà Luigi, continuavano a cozzare con la dura realtà. Fatta di polvere, la stessa dei campi della sua Bocchigliero, paese di 1500 anime nel Cosentino ai piedi della Sila, e ben lontana dai lustrini del Nord. A fine 2009 il fratello Francesco, piastrellista alla Mapei, si trasferì a Modena, 1000 km di distanza. Domenico lo andò a trovare e fu così che ad una semplice partitella tra amici partecipò anche un conoscente di Luciano Carlino, allora tecnico degli Allievi Nazionali che subito venne avvisato: c’è un ragazzo che ha stoffa e prospettive nemmeno troppo lontane. Da quel giorno per Domenico è successo tutto in fretta. E la storia è appena cominciata. «La dedica è per Acerbi - ha detto ieri a fine match, dopo aver chiesto la maglia a Kakà. «Volevo fare un regalo a un amico». Bomber sì, ma altruista.