Massimo Sideri, Corriere della Sera 12/1/2014, 12 gennaio 2014
«ECCO I RISPARMI DELL’AGENDA DIGITALE UN MILIARDO DALLA FATTURA ELETTRONICA»
L’Agenda digitale italiana per il commissario del governo Letta, Francesco Caio, 56 anni, è come un enorme cantiere aperto, un tunnel sotto la Manica con operai e ingegneri al lavoro. Le perforazioni sono ancora da completare, anzi ci vorranno anni per sbucare dall’altra parte. Ma anche se in superficie giungono solo pochi rumori l’avanzamento è tangibile. «Mentre ci parliamo c’è un server dedicato alla fatturazione elettronica ed è attivo da novembre. I tre progetti fondanti - oltre alla fatturazione elettronica ci sono i temi dell’identità digitale e dell’Anagrafe nazionale - sono cantieri aperti. Ma in particolare la fatturazione elettronica, anche grazie al lavoro di chi mi ha preceduto, è oggi operativo: a partire dal prossimo 6 giugno un decreto impone l’obbligo per tutti coloro che hanno dei rapporti con le amministrazioni centrali di procedere nella fatturazione secondo uno standard definito e pubblicato sul sito fatturapa.gov.it. È un passaggio che trasforma in maniera più profonda, da cartaceo a digitale, il rapporto con lo Stato e i pagamenti con risparmi che si stima possano valere un miliardo l’anno».
Il processo di digitalizzazione fino ad oggi si era spesso fermato alla riproduzione in video dei documenti, una sorta di «Pdf» dello Stato. Ora la digitalizzazione effettiva oltre al controllo della spesa porterà anche maggiore trasparenza in un settore in cui capita che anche lo stesso ministro non sappia quanto entra e quanto esce dal suo stesso dicastero?
«Sicuramente sì. Laddove il “Pdf” metteva un fax sullo schermo del pc ma non abilitava il computer a un’analisi intelligente dei dati, ora la digitalizzazione dell’intero processo consentirà alle macchine di fare un controllo in real time dei flussi. Inoltre bisogna considerare che in prospettiva, dal giugno del 2015, questo obbligo sarà esteso anche per le amministrazioni locali. L’Italia a quel punto sarà in grado di controllare tutte le fatture che vanno in questa direzione, cioè verso lo Stato. L’augurio è che lo standard sia di stimolo e si diffonda anche tra privati».
La legge sulla fatturazione elettronica è del 2008, il decreto del 2013 ed entrerà in vigore nel 2014. Non è passato troppo tempo?
«Questo gap è l’esempio di cosa non può e non deve più accadere».
Uno dei temi chiave nel rapporto tra aziende e Stato è il ritardo dei pagamenti della Pubblica amministrazione. Le classifiche, anche in questo caso, non aiutano a fare dell’Italia un modello di efficienza. La fatturazione permetterà anche un controllo dei ritardi?
«Credo di sì, perché la digitalizzazione del processo e il nodo di smistamento che con la fatturazione elettronica si viene a creare determina una banca dati e una base informativa certa».
Lo Stato-bradipo però ha anche un problema di cassa. Ce la farà?
«C’è una reale necessità di mettere in ordine il patrimonio informativo e oggi il focus è soprattutto sulla trasparenza e certezza delle informazioni di cui lo Stato dispone. È chiaro che se non ci sono i soldi non si può pagare, ma non è questo il caso: il problema per la Pubblica amministrazione centrale è avere una visibilità chiara dei processi economici sottostanti. Dunque: le fatture sono state inviate? I lavori sottostanti sono conclusi? Come ha detto il presidente del Consiglio, Enrico Letta, Agenda digitale uguale migliore controllo di gestione per la macchina dello Stato».
Possiamo spingerci a immaginare uno Stato che metterà online tutte le fatture?
«Una volta digitalizzato un processo i limiti all’utilizzo dei dati sono due: la creatività e il rispetto della privacy. Di mezzo c’è un tema di riservatezza commerciale, per esempio sulle dinamiche di prezzo. Ma nell’era degli open data le applicazioni non conoscono limiti. E così il dato utilizzabile dell’amministrazione diventa materia prima per nuove imprese».
E gli altri progetti chiave dell’Agenda?
«Un altro progetto molto importante anche se meno avanzato è l’ anagrafe nazionale della popolazione residente. Uno degli obiettivi è il collegamento diretto tra la nuova banca dati del ministero degli Interni e l’Istat in maniera tale da dare vita a un censimento continuo».
Aiuterà anche la lotta all’evasione fiscale?
«Si, e più in generale agli sprechi . Oggi in teoria – e non solo – si può essere residenti in due luoghi e ricevere sussidi contemporaneamente. Ma i vantaggi principali saranno per il cittadino: processi come per esempio il cambio di residenza saranno molto più rapidi e semplici. Le famiglie avranno la certezza che tutti i loro documenti anagrafici saranno in un posto unico e accessibile».
Con la famosa password unica per il cittadino?
«Questo è l’altro obiettivo al quale stiamo lavorando: un sistema pubblico di identità digitale che stiamo sviluppando insieme a una serie di enti che vanno dal ministero della Funzione pubblica alle Poste, banche, gestori di telecomunicazioni. Lo abbiamo pensato come un sistema pubblico e privato. Gli enti privati che danno garanzie potranno rilasciare la password».
In effetti gli operatori telefonici, per esempio, nel rilasciare le Sim già raccolgono i dati dei cittadini.
«Stiamo definendo una serie di regole indipendenti dalle tecnologie perché oggi ci sono le Sim e le tecnologie Nfc negli smartphone e domani magari le biometrie. Ad oggi il processo gestito dalle sim non è sufficientemente forte per il rilascio di identità digitali, ma in futuro è possibile».
La digitalizzazione effettiva e il dialogo tra le macchine permetterà anche di evitare errori nella valutazione dei fenomeni sociali legati al lavoro come accadde nel caso degli esodati?
«Alla fine questo è il tema centrale. Questi tre progetti che abbiamo scelto a luglio 2013 come priorità hanno una caratteristica in comune: sono infrastrutture abilitanti per la digitalizzazione in quanto precondizioni che creano l’interoperabilità. Non so quale fosse il deficit informativo nel caso esodati ma ho visto molti sistemi della Pubblica amministrazione fatti bene ma che non si parlano tra di loro».
Il controllo sui dati è potere anche all’interno dello Stato. Non c’è il pericolo che la difesa degli orticelli possa rendere vischioso il processo?
«Certamente sì, ma si tratta di capire dov’è l’impeto politico. La strada fatta in questi mesi, quasi senza risorse aggiuntive rispetto a quelle già in campo, è legata al fatto che ci sia un Presidente del consiglio come Letta che ha detto che l’Agenda digitale è un elemento chiave della modernizzazione dello Stato. Il tema della frammentazione delle amministrazioni rischia di diventare una forte barriera alla crescita e anche all’occupazione, ma grazie alla spinta politica ho visto una sensibilità ben maggiore sul coordinamento. Serve la perseveranza. E l’Agenzia digitale deve diventare il braccio operativo forte per il presidio di questi standard di interoperabilità. Di certo non è più accettabile che su Internet il cittadino abbia le spese degli ultimi 5 anni mentre per trovare il pagamento di una multa negli ultimi tre mesi debba girare per 4 sportelli».
Però la Ragioneria dello Stato continua a chiedere i documenti cartacei per permettere il pagamento. Si risolverà mai questa contraddizione?
«Sì: nei prossimi mesi si lavorerà per raccordare la piattaforma di fatturazione elettronica con quella dei pagamenti».