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 2014  gennaio 13 Lunedì calendario

COMUNISTA FRANCHISTA E ATEO SANTO, IL REALE SURREALISMO DI BUÑUEL


È talmente noto l’ateismo professato da Luis Buñuel che potremmo ricorrere a una greguería ( una specie di capriola verbale) di Ramon Gómez de la Serna per dire che il grande cineasta spagnolo «non ha neppure l’osso sacro». Del resto è conosciuta la sua furia iconoclasta contro ogni dogma morale e religioso, in particolare quello cattolico.
Ebbene, nel massiccio libro di Max Aub appena uscito in Spagna, Luis Buñuel, novela (Editorial Cuadernos del Vigía, pagg. 604 con accluso dvd, euro 40), che raccoglie interviste e riflessioni critiche sull’opera dell’autore e il movimento d’avanguardia, il motivo è in parte superato o è visto in modo diverso. Buñuel è un ateo convinto? Certamente, risponde l’amico scrittore, «ma il suo tema è la religione». Aub crede che il problema maggiore di Luis sia quello della fede, «la fede intesa secondo la religione cattolica, apostolica e romana». Il maestro surrealista non cessa di essere un ateo, però a poco a poco «diventa un eretico ». Infatti occorre ricordare la sua intensa educazione religiosa, risultato del cattolicesimo intransigente di sua madre che lo adorò e non mancò di fornirgli generosi aiuti economici; ed ancora la sua formazione borghese, la sua concezione reazionaria della famiglia dove la donna, nel suo caso la moglie Jeanne, mai partecipa alle riunioni in casa con gli amici. Le sue affermazioni possono sembrare elusive poiché sovente rispondono ai quesiti, come dire, in modo buñuelesco. Ad esempio quando, interrogato sulla presenza dell’elemento religioso nella sua opera, replica: «Sai che non ho per Gesù Cristo nessuna simpatia, nutro invece un grande rispetto per la Madonna ».Conclude Aub:«Buñuel è anticlericale, ma non anticattolico ».
Sulla guerra civile spagnola-alla quale non partecipa ma auspica l’avverarsi di atroci nefandezze («incendi di conventi, guerra, assassini»)-Luis dichiara:«Al solo pensiero del conflitto, morivo di paura, ed inoltre ero contrario ». Sull’appello alla partecipazione armata, dice: «Sono un rivoluzionario, ma la rivoluzione mi spaventa. Sono un anarchico, ma totalmente contrario agli anarchici». Esistono anche dubbi sulla sua adesione al comunismo, che egli comunica ad André Breton nella lettera del 6 maggio 1932. In età avanzata,sull’argomento afferma in modo categorico: «Non sono mai stato comunista. Né del partito francese né di quello spagnolo, la politica non mi interessa». Aub fornisce la seguente spiegazione: Luis aderisce al comunismo per lealtà con i compagni surrealisti per i quali l’impegno marxista era un imperativo; ciò però non spiega il loro entusiasmo verso il maestro spagnolo che, sebbene circondato da marxisti e simpatizzanti, propone un’opera che è sì di chiara matrice antiborghese, ma che ignora completamente l’ideologia comunista.
Sempre il nostro scrittore valenziano osserva: «Nessun film di Buñuel è stato proiettato nei Paesi socialisti, dai quali non ha mai ricevuto un riconoscimento ». Il produttore francese Serge Silverman, che ha collaborato a lungo con il grande regista, è ancor più radicale: «Buñuel non è mai stato anarchico né comunista ma, nel suo fondo, è un vecchio liberale ottocentesco». Del resto Luis, come lui stesso riconosce, più che leggere i libri canonici dell’ideologia marxista si interessa alla vita dei santi, ed è uno dei pochi a credere ciecamente nel miracolo di Calanda, suo paese natale dove, raccontano le cronache, la sera del 29 marzo 1640 il giovane Miguel Juan Pellicer, devoto della Vergine del Pilar, si addormentò con una gamba sola e al mattino si svegliò con tutte e due. Buñuel rivela che suo padre fece costruire un carro con la statua di Miguel, portata in processione ogni 29 marzo dai suoi braccianti. E in uno slancio di campanilismo proclama: «Al confronto di Calanda, Lourdes è un luogo mediocre».
L’atteggiamento anticonformista di Buñuel, ribelle a ogni convenzione estetica e morale, comprende anche una visita a Francisco Franco. «È un tipo stupendo. - dichiara a Max - Con una visione fenomenal . Molto simpatico. Abbiamo parlato per mezz’ora.Quello che più mi è piaciuto è stato il momento del nostro congedo: si avvicinò alla porta e gridò: “Carmencita (la moglie di Franco, ndr ), prepara un tortilla con chorizo per Buñuel che va via!”».Data la brusca sincerità dell’uomo, è difficile considerare queste confessioni delle mere boutades , come quando dice che non ama il cinema e che va a vederlo solo in occasione del film di un amico.
Di certo l’amicizia, insieme al senso di mistero che Buñuel esplora quale evento religioso, è il sentimento che meglio caratterizza la personalità del grande cineasta. Anche di fronte alla burrascosa relazione vissuta con Dalí, che lo denuncia come comunista alle autorità degli Stati Uniti dove egli sta lavorando, confessa: «Sì, un giorno chiamai Dalí a New York per rompergli il muso, ma alla fine abbiamo finito per bere insieme champagne». Con García Lorca, per nulla considerato un grande poeta ma solo un uomo straordinario, il rapporto fu ugualmente difficile, soprattutto dopo l’uscita del film Un cane andaluso , nel cui titolo Federico vide una chiara allusione alla sua persona. Jean, il figlio di Buñuel, in un incontro personale ha raccontato che il padre, mentre girava a Toledo le scene di Viridiana , gli chiese di accompagnarlo in macchina a Granada e da lì fino ai dirupi di Víznar, dove Lorca fu assassinato. «Percorremmo il tragitto lentamente e in silenzio - disse - , alla fine papà, con voce roca, sospirò: “Conoscendo la sua paura della morte, non riesco ad immaginare quanto deve aver sofferto Federico in quei momenti”». Un atto che nobilita l’anarchico e rude Buñuel, fustigatore di ogni teologia, ma assiduo frequentatore fino all’ultimo di frati e prelati che lo amano e lo stimano.
Non a caso Max Aub, mentre prepara questa biografia, dichiara dinon aver trovato nessun religioso che parli male di lui. Insomma una specie di annunciata redenzione e beatificazione dell’eretico Buñuel.