Stefano Citati, Il Fatto Quotidiano 13/1/2014, 13 gennaio 2014
I RAPPER CHE CANTANO PER KIM
La voce di due rapper rasta neri si alza da Pyongyang. La musica di protesta contro la cecità occidentale attraversa il Pacifico dalla Corea del Nord verso l’America. Pacman e Peso - nome d’arte di Anthony Bobb e Dontray Ennis - immortalati sotto le statue bronzee di Kim Il-sung e Kim Yong-il (padre e figlio, fondatori del regime comunista nel 1953, e progenitori dell’attuale dittatore Kim Yong-un, che ha compiuto 31 anni la settimana scorsa) sono divenute le star del momento della caduca gloria di Internet con il loro rap “Fuga in Nord Corea“.
“Washington da dove veniamo, è molto più pericolosa di Pyongyang“, affermano i due giovani, che hanno raccolto sulla rete 10mila dollari per finanziare il viaggio nell’ultimo regime comunista ultraortodosso. Accolti con tutti gli onori oltre il Muro del 38° parallelo, che da 60 anni separa le due Coree, Pacman e Pago sono i nuovi ambasciatori del verbo che vuole diffondere la verità celata dal “regime” americano sulla dittatura asiatica rossa.
Prima di loro è stato Dennis Rodman, talentuoso clown gigante dell’Nba a divenire amico fraterno di Kim Yong-un, piccolo ma sfegatato tifoso di basket. L’8 gennaio, per il compleanno dell’amato leader, Rodman si è mostrato con tutti i suoi tatuaggi e piercing come un novello Marilyn intonando “tanti auguri a te”, nella palestra di Pyongyang, al cospetto dell’amico-dittatore.
Adesso altri due “artisti“ americani sono stati arruolati nelle file dei cantori di Kim Yong-un e del suo eroico popolo. “Non si può dire che un’intera nazione sia cattiva, solo per le azioni del suo leader. Qui abbiamo capito che i nordcoreani non hanno fatto compromessi, volevano essere indipendenti. E lui, il leader, doveva proteggere la sua gente”. Un refrain facile e orecchiabile come una canzone rap, che ammanta di eroismo l’esistenza (alquanto grama) di un piccolo popolo contro il gigante americano. Ma in cuor loro è assai probabile che molti nordocreani vorrebbero poter sentire una musica differente. O almeno un’altra campana.