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 2014  gennaio 13 Lunedì calendario

VITA DI BRUNO MAXIMOVICH LO SCIENZIATO CHE SCELSE L’URSS


Negli ultimi giorni di agosto è caduto il centenario della nascita del fisico Bruno Pontecorvo. La fuga dello scienziato nel 1950 in Unione Sovietica è ancora oggi un episodio celato da mistero. Qualche esponente del Partito comunista italiano aiutò il fisico nella fuga dall’Italia? La fuga rientra nella classica «fuga di cervelli» o è mossa da ragioni politiche? È vero che lo scienziato in tarda età si pentì della scelta fatta?
Andrea Sillioni
a.sillioni@yahoo.it

Caro Sillioni,
Le consiglio la lettura di un bel libro di Miriam Mafai, pubblicato da Mondadori nel 1992. S’intitola Il lungo freddo. Storia di Bruno Pontecorvo, lo scienziato che scelse l’Urss , ed è in buona parte l’autoritratto di una generazione. Mafai, morta nel 2012 all’età di 86 anni, era stata comunista, aveva fatto con il marito (Giancarlo Pajetta) tutte le battaglie politiche del suo partito, aveva creduto nell’Urss e nel suo indispensabile ruolo per la costruzione di un mondo migliore. Quando incontrò Pontecorvo a Fregene nel 1990 (cinque anni dopo l’avvento di Gorbaciov al potere, un anno dopo la caduta del muro di Berlino), ebbe con lui la prima di una serie di conversazioni. Era una eccellente giornalista, quindi naturalmente interessata alla vita di uno scienziato che era stato diversamente giudicato dalla comunità scientifica internazionale per il suo passaggio all’Urss nel 1950. Ma credo che dietro le sue domande a Pontecorvo vi fossero anche quelle che Mafai faceva a se stessa.
Sulle ragioni della scelta di Pontecorvo non vi sono misteri. Era attratto dal comunismo, ammirava la forza morale con cui il popolo sovietico aveva reagito all’invasione tedesca ed era indignato dalla «caccia alle streghe» che il senatore McCarthy aveva scatenato negli Stati Uniti in una delle fasi più calde della Guerra fredda. Nelle sue valutazioni politiche vi erano molto candore e una certa propensione a prendere per buone alcune tesi della propaganda sovietica, come quella sulla responsabilità occidentale nello scoppio della guerra di Corea. Ma le sue motivazioni erano certamente ideali.
Secondo Oleg Gordievsky, l’agente del Kgb fuggito a Londra nel 1985, la collaborazione di Pontecorvo con l’Unione Sovietica risalirebbe al 1943, quando lo scienziato italiano era a Montreal, in Canada, per una ricerca sui raggi cosmici. Ma la decisione di lasciare l’Europa occidentale sarebbe collegata al caso di Klaus Fuchs, lo scienziato inglese di origine tedesca che fu arrestato nel febbraio del 1950, processato un mese dopo e condannato a 14 anni di detenzione (ne scontò sette). A una domanda di Miriam Mafai sull’organizzazione della fuga, Pontecorvo rispose di avere chiesto l’aiuto di un dirigente comunista italiano al quale era molto legato. Rifiutò sempre di fare il suo nome, ma potrebbe essere, secondo Mafai, «Emilio Sereni, suo cugino ed educatore politico». Quando giunse a Mosca nel 1950, l’Urss era già una potenza atomica e Pontecorvo, secondo Enrico Fermi (suo maestro in via Panisperna), avrebbe collaborato con la scienza sovietica soltanto nei settori in cui aveva un specifica competenza, come quello dei neutrini.
Aggiungo, caro Sillioni, per quanto mi riguarda, che ho conosciuto e frequentato Bruno Maximovich (come era chiamato dai suoi colleghi sovietici) a Mosca nella seconda metà degli anni Ottanta e che debbo a lui una visita alle installazioni nucleari della città «atomica» di Dubna. Un giorno, mentre un altro grande fisico italiano, Edoardo Amaldi, era nella capitale sovietica per un convegno scientifico, decisi di invitarli entrambi in ambasciata. Si erano visti a un congresso mondiale della Società di fisica organizzato a Kiev nel 1959, ma Amaldi, in quella occasione, aveva fatto a Pontecorvo soltanto un breve, freddo cenno di saluto. A Mosca, quasi trent’anni dopo, l’incontro fu molto cordiale. Prima dell’arrivo di Amaldi in ambasciata, Pontecorvo, che aveva da tempo il morbo di Parkinson, tremava più del solito. Mi disse, ironicamente: «Un giorno ho cercato di calcolare la quantità di energia che consumo, tremando, nell’arco di una giornata. Teoricamente dovrei essere già morto». È morto a Dubna il 24 settembre 1993, all’età di ottant’anni.