Dino Pesole, Il Sole 24 Ore 12/1/2014, 12 gennaio 2014
PIÙ RISORSE AL CUNEO, LA CARTA DI SACCOMANNI
Spending review, con risultati concreti attesi già in corso d’anno, da affiancare all’avvio di un graduale percorso di riduzione del debito grazie anche ai proventi attesi dalle privatizzazioni e all’operazione di rientro dei capitali esportati illegalmente.
I dossier che Palazzo Chigi e l’Economia si apprestano a definire da qui ai prossimi mesi si intrecciano con la complessa situazione politica e con la messa a punto del «contratto di programma».
I l presidente del Consiglio, Enrico Letta intende comunque chiudere il patto di coalizione entro fine mese, certamente entro mercoledì 29 gennaio quando volerà a Bruxelles per incontrare il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso e il collegio dei commissari.
Appuntamento di rilievo, che segue la prima riunione dei ministri economici fissata per il 27 e 28 gennaio, e precede di qualche giorno la predisposizione da parte della Commissione delle nuove stime macroeconomiche, che sintetizzano le valutazioni dell’esecutivo comunitario sulle leggi di bilancio nazionali. In quella sede, Bruxelles verificherà se, alla luce delle misure contenute nella legge di stabilità e degli impegni assunti dal governo per potenziarne l’efficacia, sussistano le condizioni per attivare la «clausola di flessibilità» relativamente a investimenti produttivi per progetti di cofinanziati con l’Unione europea. Per l’Italia, la partita vale al momento attorno ai 3 miliardi, peraltro già inseriti nei saldi della manovra.
Letta ribadirà l’impegno a mantenere il deficit entro la soglia limite del 3% del Pil, e a conseguire il pareggio di bilancio in termini strutturali a partire dal 2015, come previsto dagli ultimi documenti programmatici. Si attende ovviamente che l’Istat comunichi, agli inizi di marzo, il dato relativo all’indebitamento netto del 2013. L’aspettativa è che a fronte di un disavanzo di cassa del settore statale a quota 79,7 miliardi, contro i 49,5 miliardi del 2012, il deficit in versione indebitamento netto si attesti appunto al 3% del Pil. Lo scarto è da attribuire a diverse poste contabili che transitano per il fabbisogno e dunque per il debito, ma non per il deficit, come il pagamento dei debiti pregressi della Pa, i rimborsi fiscali, i prestiti al meccanismo di stabilizzazione europeo, al Monte dei Paschi di Siena e alla Bei.
Dopo il gran caos di fine anno, tra legge di stabilità, Imu, Tasi e mini-Imu, decreto salva-Roma e mille proroghe, e infine il caso politico degli arretrati agli insegnanti, ora si tratta di definire una sorta di lista delle priorità, compatibilmente con l’evolvere di una situazione politica che resta ad alta tensione (anche per effetto dell’attivismo del segretario del Pd, Matteo Renzi). In primo piano, appunto, spending review, privatizzazioni, rientro dei capitali. Il tutto in vista del prossimo Def che verrà presentato in aprile e trasmesso a Bruxelles insieme all’aggiornamento del Programma di stabilità e al Piano nazionale di riforma, corredato dagli addendi del nuovo quadro macroeconomico.
Si cerca, in sostanza, di ridefinire un percorso logico della politica economica, il cui filo si è in parte perso nell’affannosa gestione del day by day. Già ma tra i paletti che pone Bruxelles e il meccanismo introdotto in legge di stabilità per quel che riguarda le priorità e il percorso di riduzione delle tasse, il bottino rischia di essere ben magro. Qualche margine, per la verità potrebbe aprirsi nelle prossime settimane. Una volta garantito il rispetto assoluto del 3% nel rapporto deficit-Pil, la discesa del debito potrà essere sostenuta anche dai proventi delle privatizzazioni (oltre che da un consistente avanzo primario), e quindi si potrà giocare con Bruxelles la partita della destinazione dei proventi della spending review alla riduzione delle tasse sul lavoro, potenziando così il «volume di fuoco» per lo sviluppo.
La crescita al primo punto dell’agenda 2014, dunque, con molti punti interrogativi e diversi passaggi da superare già nei prossimi mesi. La partita andrà giocata soprattutto a Bruxelles, ed è del tutto evidente il peso che potrà avere sul tavolo della trattativa un «contratto di programma» effettivamente in grado di garantire al governo un orizzonte temporale di almeno un anno. Potrà soccorrere la discesa dello spread, anche se in queste ore l’attenzione del governo si concentra soprattutto sulla stabilizzazione dei tassi al di sotto della soglia del 4 per cento. Indicatore fondamentale per il finanziamento del debito, in vista di emissioni lorde che si attesteranno anche quest’anno nei dintorni dei 476 miliardi.