Loris Mazzetti, Il Fatto Quotidiano 12/1/2014, 12 gennaio 2014
GÜNTER IL SOCIALISTA E IL PECCATO DI GIOVENTÙ
Enzo Biagi considerava Günter Grass, l’autore de Il tamburo di latta, Gatto e topo, Il rombo, uno dei più importanti scrittori del Novecento, perché aveva raccontato gli errori del secolo, riconoscendo che sono stati proprio i suoi compatrioti a “determinare gli eventi della sua prima metà e in maniera veramente terribile”. Il fatto che Grass fosse tedesco contribuì all’innamoramento. Scrisse Biagi: “Io ero affascinato da quel tanto di poetico e di demoniaco che c’è sempre nella vicenda dei tedeschi: le favole dei Grimm e il canto dei canarini dell’Harz, Goethe, Guglielmo II e Hitler. La voce torbida di Zarah Leander e le prime V-1 cavalcate dall’aviatrice Hanna Reitsch”. Un altro romanziere tedesco molto amato da Biagi fu Ernst Wiechert, provveditore agli studi a Berlino, amato soprattutto per la sua opposizione al nazismo. Quando Hitler salì al potere, Wiechert disse: “La vergogna del Reich non sarà la mia vergogna”. Gli rispose Goebbels: “Se sentiremo ancora una sua parola la annienteremo nello spirito e nel corpo”. Fu internato a Buchenwald.
Biagi trascorse parte della vita professionale in cerca di testimonianze per capire la ragione di certi drammatici eventi, negli anni in cui la parola Germania sottintendeva anche un giudizio morale. Fu testimone, nell’agosto 1961, della costruzione del Muro che divise in due la Germania. Da quel giorno chi viveva nella parte comunista per poter andare nella parte occidentale, aveva bisogno di un permesso speciale.
“ERA UN SABATO pomeriggio, e i lavori cominciarono nella notte, alla meglio, poi con meticolosità tedesca alzarono un confine di centocinquanta chilometri di cemento, con oltre cento torri di controllo, pattuglie con i cani alsaziani, e riflettori, e più di duecento disgraziati, che tentavano di scappare, ci hanno rimesso la vita. Per ventotto anni la porta di Brandeburgo, sotto cui erano sfilate tante parate hitleriane, divenne il confine che divise lo stesso popolo”. Così iniziò l’articolo che Biagi fece il 9 novembre 1989 quando il simbolo della “Cortina di ferro”, la linea di confine europea tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica durante la “guerra fredda” (lo scontro tra il mondo comunista e l’Occidente), venne abbattuto. Biagi aveva molto ammirato Willy Brandt che conobbe quando era borgomastro di Berlino. Il futuro Cancelliere indicando il Muro gli disse: “Non bisogna disperare. La storia non conosce la parola mai”. Grass fu uno dei suoi più stretti collaboratori, era al suo fianco quando Brandt firmò l’importante trattato tra la Germania e la Polonia . Nato a Danzica, da lui definita “la fonte delle mia opera letteraria”, la città che “per la sua situazione politica, etnica e sociale, fu un terreno perfetto di coltura del nazionalsocialismo”. Grass lo incontrammo a Lubecca, nell’estate 1999, a circa dieci anni dalla caduta del Muro, e poco dopo che gli era stato consegnato il Premio Nobel per la letteratura, la città che aveva dato i natali a un altro importante Nobel: Thomas Mann, l’autore de La città incantata. L’intervista di Biagi al grande scrittore, che il Fatto Quotidiano pubblica oggi, fu realizzata per Rai1. Il programma, “Giro del mondo”, aveva come protagonisti alcuni dei più importanti autori mondiali. Biagi: “Sono andato a trovare alcuni scrittori, quelli più letti e più amati, perché mi parlassero di sé e della loro gente: ed è stato un modo per rievocare le vicende di questo secolo”.
L’intervista a Grass fu realizzata nel suo studio: la prima parte dedicata alla storia della Germania nazista, la seconda all’unione dell’Europa, dopo il trattato di Maastricht del 1992. Nonostante gli anni trascorsi da quel giorno e soprattutto i fatti accaduti l’intervista è ancora di grande attualità. La visione che Grass aveva allora dell’Europa partiva dalla sua concezione di Germania Federale, per lui l’Europa doveva essere completamente indipendente dagli Stati Uniti, avere una visione sociale dell’Unione contro il dominio del potere economico, la nascita dei nazionalismi e le diseguaglianze, a favore della qualità dell’occupazione.
A UN CERTO PUNTO dell’intervista, Grass si alterò perché le domande erano tutte di politica e non sulla sua vita dedicata alla letteratura. Si alzò, agitando la pipa, cominciò a girare per lo studio minacciando di interrompere l’incontro. Questo creò un certo imbarazzo. Biagi, che capiva il tedesco (era la lingua che aveva studiato a scuola e che, durante la guerra, gli aveva anche salvato la vita in più di un’occasione), ne aveva colto anche le sfumature, rispose a tono, e Grass tornò a sedersi. Concluso il “dovere” andammo a bere nel bar frequentato dal Nobel, dove tutti lo conoscevano, dove si fermava di regola quando aveva finito i suoi “compiti”. Le tensioni erano completamente stemperate e il clima, forse per merito anche dell’abbondante birra, diventò amichevole. Attorno a Günter Grass spesso si sono accese forti polemiche come nel 2006 quando ammise: “Mi vergogno di essere stato uno stupido ragazzo nazista”. Ancora oggi Israele lo considera “persona non gradita” per le sue dichiarazioni sulla guerra: “La follia e il crimine non si espressero solo con l’Olocausto e non finirono con il finire della guerra”.