Luca Franchini, SportWeek 11/1/2014, 11 gennaio 2014
IL GRANDE SPETTACOLO DELLE PICCOLE FRECCE
Sessantaquattro partecipanti provenienti da tutto il globo, venti giorni di sfide, circa 50 mila spettatori entusiasti (e travestiti, poi vedremo perché) a fare da cornice, un montepremi complessivo che ha superato il milione di sterline. Sono alcuni dei numeri del Campionato del mondo di freccette, torneo-maratona iniziato all’Alexandra Palace di Londra lo scorso 13 dicembre, concluso il primo giorno del 2014 e visto in televisione, tra gli altri, anche in Nuova Zelanda, Medio Oriente. E pure in Italia, grazie a Fox Sports 2.
Alla ventesima edizione del “Darts World Championship” si sono sfidati i campioni iscritti al più importante circuito di questa specialità a livello mondiale: il Professional Darts Corporation. Ammessi in 56 in base al ranking più otto wild card, provenienti da Paesi europei così come da Hong Kong e Singapore, i partecipanti miravano (e non solo metaforicamente) alle 250mila sterline del primo premio. A spuntarla alla fine è stato l’olandese Michael Van Gerwen, detto “Mitico Mike” o “l’alieno”. Ha 24 anni, ben 29 meno dell’inglese Phil Taylor, che si e laureato re dell’edizione precedente sconfiggendo in finale proprio Van Gerwe diventato adesso il più giovane campione del Mondo dei tornei Pdc. Quest’anno Taylor si è arreso già al secondo turno battuto dal campione del mondo juniores e suo connazionale Michael “Torello” Smith.
Le storie dei protagonisti dell’ochie, come viene chiamata la pedana posizionata a 2 metri e 37 cm dal bersaglio (posto a un metro e 73 da terra) sono le più varie. Prendiamo Adrian Lewis, per esempio: 29 anni, nativo di Stoke e sconfitto in semifinale proprio da Van Gerwen, deve il suo soprannome, “Jackpot”, a una disavventura capitata diversi anni fa quando stava disputando un torneo a Las Vegas. Tra un tiro e l’altro, Lewis riuscì ad accumulare la considerevole somma di 72mila dollari alle slot machine, ma quando andò alla cassa per ritirare la somma scoprì che l’età minima per frequentare le sale da gioco in Nevada era 21 anni. Avendone lui uno in meno, fu costretto a lasciare l’intero malloppo, ma non il soprannome, che infatti lo accompagna ancora.
Che dire poi del secondo finalista di questa edizione, Peter Wright, detto “Snakebite”? Arrivato a sorpresa a contendersi il titolo di campione del mondo pur essendo solo al numero 16 nel ranking Pdc, deve il nickname “morso del serpente” alla passione per i grandi rettili, uno dei quali sotto forma di tatuaggio fa bella mostra sulla sua tempia sinistra. Lo scozzese è noto nell’ambiente anche per le sue creste di colore fosforescente che cambia di continuo, un El Shaarawy delle Highlands, verrebbe da dire, se non fosse che Wright e diversi suoi avversari hanno un fisico da sumotori più che da seconda punta...
Teatro delle sfide è stato l’Alexandra Palace, detto Ally Pally, edificio vittoriano (sede di eventi vari, dal concerto degli Strokes ai Mondiali di tennistavolo) trasformatesi come ogni anno in una “bolgia infernale”, un misto tra una polveriera e una curva da stadio in cui migliaia di spettatori diventano loro stessi uno spettacolo nello spettacolo. La caratteristica più stravagante di questo pubblico è rappresentata dai travestimenti di buona parte dei presenti. Esiste infatti una “Fancy Dress Room” (con tanto di armadietti riservati), uno spogliatoio dove ci si può cambiare assumendo le sembianze di supererei o artisti. Mischiati ai volti noti appassionati di darts (qui nel 2011 arrivò persino il principino Harry), si possono notare emuli di Batman, IronMan e Capitan America, ma anche di Madonna o Elvis Presley. C’è poi la simpatica rivalità che scatta tra il pubblico posizionato in galleria sui tavoli (dove vengono serviti litri e litri di birra, stile Oktoberfest) e quello delle gradinate. Malgrado la differenza di prezzo sia solo di dieci sterline (50 e 40), tra i due settori si scatena sempre un’improvvisata “lotta di classe” condita da cori da stadio più divertenti che maleducati (boring, boring tables, tavoli noiosi, è uno dei più frequenti).
Entrando invece nel discorso tecnico, chi pensa che i darts siano un gioco da ragazzi e che basti avere una buona mira, si sbaglia: servono anche tecnica, strategia e concentrazione. Il torneo prevede un tabellone tennistico, con scontri diretti dai trentaduesimi alla finale. Il bersaglio è diviso da fili metallici in venti spicchi di uguale dimensione, numerati non in ordine crescente da 1 a 20, con un centro diviso a sua volta in due settori concentrici. Ogni spicchio è diviso in segmenti che danno un punteggio differente a seconda del punto di arrivo della freccetta (realizzata solitamente in tungsteno, pesante tra 20 e 26 grammi e spesso personalizzata con disegni sulle alette). Se questa termina in uno dei segmenti più grandi, solitamente colorati di nero o di bianco, fa realizzare al giocatore il numero di punti indicato sul bordo esterno del settore. Se invece si colpisce l’anello esterno del segmento (“doublé”), colorato di verde o rosso, il punteggio viene raddoppiato. Nel caso in cui il dart colpisca quello più interno (“triple”), anch’esso verde o rosso, i punti vengono triplicati. Quanto al centro, il cerchio esterno, di colore verde, vale 25 punti, mentre il centro perfetto del bersaglio, colorato di rosso, detto bull’s eye, occhio del toro, ne garantisce 50. Il concorrente riceve zero punti se la freccetta termina fuori dal bersaglio o se cade dallo stesso prima che sia terminato il turno del giocatore che l’ha lanciata.
I punti realizzati da ogni giocatore vengono sottratti al suo punteggio iniziale, in genere 501. L’obiettivo è avvicinarsi a chiudere il gioco con un punteggio pari allo zero e i tiri si devono necessariamente chiudere con una freccetta nell’“anello del doppio”. Se nell’ultimo tiro un giocatore realizza un numero di punti maggiore di quelli necessari per chiudere a zero la partita, oppure se li realizza senza chiudere con un “doppio”, si applica la regola del sovrapunteggio e il tiro viene considerato pari a zero. Provateci voi e poi diteci se vi sembra ancora un gioco da ragazzi.