Rita Fatiguso, Il Sole 24 Ore 11/1/2014, 11 gennaio 2014
CINA PRIMA POTENZA COMMERCIALE
PECHINO. Dal nostro corrispondente
Prima o poi doveva succedere. Le dogane lo hanno confermato: la Cina, per la prima volta nella storia, si aggiudica la palma della potenza commerciale più grande del mondo con un volume di oltre 4mila miliardi di dollari.
Le esportazioni cinesi, nel 2013, sono salite del 7,9% a 2.200 miliardi di dollari, le importazioni del 7,3%, a 1.950 miliardi. Il surplus commerciale è stato di 260 miliardi, il 12,8% in più rispetto all’anno precedente.
In totale degli scambi pari a 4.160 miliardi di dollari, in crescita del 7,6% rispetto all’anno precedente, ma al di sotto dell’obiettivo dell’8% fissato dal Governo. E ora importazioni ed esportazioni cinesi coprono il 10% del commercio globale, rispetto al 3% del 2000.
Si tratta dei migliori dati di sempre, la Cina è ora prima al mondo nel commercio di beni, a febbraio scorso si era ventilata una prima svolta sugli Stati Uniti, ma i diversi sistemi di calcolo ci avevano messo lo zampino. La Cina è già stata prima potenza commerciale al mondo ma durante la dinastia Qing, tra il 1644 e il 1912.
L’Unione europea ha confermato la sua posizione come principale partner commerciale, seguita dagli Stati Uniti, i Paesi dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico (Asean), Hong Kong e Giappone.
Unione europea, Stati Uniti e Giappone hanno assorbito il 33,5 % del commercio estero della Cina, anche se le esportazioni verso questi mercati sono calate dell’1,7% nel 2013. Il commercio tra la Cina e l’America Latina e Caraibi si è moltiplicato per 22 volte tra il 2000 e il 2012, con un saldo negativo per la regione, nel complesso.
Il dato migliore di questa ultima svolta da Guinness dei primati cinese è di sicuro quello che segnala un incremento della domanda interna, il che conforterebbe la strategia dei nuovi vertici di Pechino basata sulla trasformazione dell’economia dalla dipendenza da export e dagli investimenti pubblici al mercato interno. Che sembra reggere, nonostante i timori legati alla crescita a due cifre dei salari e dell’inflazione. Nel mese di dicembre, le esportazioni sono cresciute del 4,3% rispetto all’anno prima, ma l’import è aumentato dell’8,3%.
Zheng Yuesheng si è detto ottimista sulle prospettive delle aziende nel 2014, anche rispetto alle perfomance del 2013. Ma gli esportatori cinesi continuano a essere in fibrillazione continua per l’apprezzamento dello yuan, la monenta di Pechino nel 2013 si è apprezzata del 2,9.
Non solo. I picchi dell’export, specie quelli registrati in primavera e sul finire dell’anno, non convincono nemmeno le autorità cinesi. Che la spiegano così: i bassi tassi negli Stati Uniti hanno provocato l’invio di una quantità crescente di hot money, di fondi innescati dalla speculazione nei mercati emergenti tra cui la Cina, costantemente in cerca di rendimenti più elevati. Era successo a maggio, il fenomeno si è ripetuto a novembre, quando la Cina ha registrato il più ampio surplus commerciale in quasi cinque anni, l’avanzo è salito a 33,8 miliardi dollari nel mese di novembre da 31,1 miliardi dollari del mese prima. Le esportazioni sono balzate al 12,7 per cento, ben prima della crescita del 5,6 per cento di ottobre. Le importazioni sono cresciute di un più modesto 5,3 per cento.
A chiusura di anno il quadro si è riassestato, ma i timori striscianti sulla vera natura di questo boom restano intatti. Molti studiosi ed economisti hanno ventilato che parte della crescita di queste cifre relative alle esportazioni nel mese di novembre sono state innescate da fondi speculativi ammantati da commercio reale. Il surplus con gli Stati Uniti è stato di 22,4 miliardi dollari nel mese di novembre. I dati di dicembre hanno confermato il trend di crescita. Il legame perverso dollaro/yuan produrrebbe così danni anche all’economia reale. Infine c’è anche chi ha spiegato questi dislivelli improvvisi come il frutto di manovre sulle documentazioni doganali relative alle free trade zone, specie quella di Shenzhen, pericolosamente vicina a Hong Kong.
Ciò non toglie che alla Cina siano bastati 13 anni dall’ingresso nel Wto per doppiare gli Stati Uniti sul valore degli scambi commerciali con l’estero. La Cina, anche se il primato era nell’aria, è il big trader mondiale.