Alessandra Bocci, La Gazzetta dello Sport 14/1/2014, 14 gennaio 2014
SEEDORF, L’OLANDESE NATO PRONTO
Nella sua vita non è mai stato tardi. Clarence Seedorf ha giocato la prima partita vera con l’Ajax quando non aveva ancora 17 anni. Ha vinto la coppa d’Olanda nella sua prima stagione da professionista. Ha vinto il primo campionato a 18 anni e la prima Champions League a 19. Di Champions ne ha vinte in totale quattro con tre squadre diverse, un record anche questo, e soltanto Paolo Maldini ha giocato più volte di lui nelle competizioni europee. Era presto anche quando ha cominciato a discutere con gli allenatori, finendo nella lista dei ribelli di Hiddink all’Europeo del 1996. Più diplomatico di Davids, che venne rispedito a casa, evitò la punizione massima, ma al c.t. non fece mancare i suoi distinguo tattici: «Io non sono come Rijkaard che obbediva a tutto e tutti, anche quando gli chiedevano di fare il difensore». Hiddink commentò gelido: «Questo ragazzo è un problema». Seedorf aveva vent’anni.
Rapporti Il rapporto con la nazionale oranje dice molto del carattere di Clarence, che di recente ha dichiarato: «Siamo del Suriname, e in famiglia abbiamo sempre tifato Brasile». Discuteva a vent’anni con Hiddink, figuriamoci se dodici anni più tardi non diceva quello che sentiva di dover dire a Van Basten, colpevole di averlo prima snobbato, poi convocato e lasciato in panchina, e soprattutto di essere determinato a non considerarlo il suo trequartista titolare. Seedorf chiuse la carriera in nazionale iniziata a 18 anni rifiutando di andare all’Europeo del 2008. Se deve fare la comparsa, preferisce stare a casa.
Parole Perché lui è fatto così, concepisce il collettivo e l’importanza della squadra perché all’Ajax ti inculcano questi concetti quando sei piccolo, ma non concepisce il calcio senza talento e neppure senza se stesso. Con Allegri il rapporto è stato complicato: Clarence ama parlare e spiegare, Allegri è allergico ai lunghi discorsi e non dà giustificazioni ai giocatori. La relazione professionale fra due persone diverse per gusti e carattere però era cominciata bene. Sempre meglio dell’anno con Leonardo sulla panchina del Milan, che a Clarence non andò giù. Anche perché in un derby venne accusato di non essere pronto a entrare in campo perché non aveva ai piedi le scarpe da calcio e non si era scaldato appena chiamato in causa. Le scarpe da tennis che portava diventarono nell’immaginario collettivo ciabatte, e da ciabatte babbucce. Seedorf convocò una conferenza stampa e replicò sdegnato alle illazioni: «Io sono un professionista e sono nato pronto». Altro che pantofole.
Tentativi Nato pronto, anche per fare l’allenatore. Berlusconi, con il quale condivide la passione per il bel canto (ha una bellissima voce) e il bel gioco, si è innamorato dell’idea subito dopo l’addio del Seedorf giocatore. Con la figlia Barbara, Clarence aveva discusso di modelli diversi per i vivai, ma è stato Silvio a decidere: sarà il nostro allenatore. Lo voleva già a giugno, quando sperava di indurre Allegri a economiche dimissioni, e il progetto fallì. Seedorf, che aveva ancora un contratto con il Botafogo, rimase a giocare in Brasile, però le chiacchiere di mercato non sono mai finite: era il predestinato.
Team E ora Seedorf sta arrivando con i suoi progetti, che poi coincidono con progetti disegnati da Berlusconi e Galliani anni fa: un Milan con uno staff di allenatori specializzati, come quelli del baseball. Solo che all’epoca venivano citati gli olandesi di Sacchi, Van Basten per gli attaccanti, Gullit o Rijkaard per i centrocampisti. Il tempo passa e della venerata immagine di Van Basten per la panchina del Milan nessuno parla più. Una bella vendetta per Seedorf, se non fosse che oltre a tutto il resto è anche un leader pacifico, e non cerca vendette.