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 2014  gennaio 14 Martedì calendario

CAPOVILLA: UN RAGGIO DI SOLE AL TRAMONTO DELLA VITA

«Sono sereno. Al tra­monto della vita, un raggio di sole». Così – rivolgendosi alle Suo­re delle Poverelle che vivono con lui a Ca’ Maitino di Sotto il Monte – l’arcivescovo Loris Francesco Capovilla, già se­gretario di papa Giovanni XXIII, o meglio il «contuber­nale», ha commentato do­menica l’annuncio della sua imminente elevazione al car­dinalato. E le premurose suo­re hanno subito stampato su un foglio quelle parole già ar­chiviate nel faldone insieme ai primi messaggi di felicita­zioni. Quando papa France­sco, dal piccolo schermo, «lassù da quella fi­nestra», ha pro­nunciato il suo nome «Loris Fran­cesco...», è rimasto senza parole. Lo stava ascoltando, come è accaduto ad altri neoporpo­rati, senza alcun preavviso. Sgom­brato il tavolo da pranzo, che è lo stesso sul quale lavora, sedu­to sulla poltrona, lo sguardo un po’ stupito, la voce emo­zionata, mentre il telefono cominciava a squillare (e non ha smesso sino a sera, come è normale per uno che ha vis­suto di incontri quasi un se­colo), Capovilla ha insistito sul legame fra l’«imprevisto» e il «riconoscimento» del suo «servizio», «dovuto – ha det­to – alla bontà di papa Gio­vanni e a quella di papa Fran­cesco», che con questo gesto «ha creduto di onorare in me tanti vecchi sacerdoti che hanno servito e che conti­nueranno a servire, a crede­re, ad amare, a pregare, sino a quando Dio vorrà». Poi ha avuto un pensiero per i suoi genitori, i suoi familiari del Veneto, i tanti amici che han­no accompagnato sin qui la sua vita arrivata al novantot­tesimo inverno. E ha ricorda­to l’ultimo cardinale berga­masco: Gustavo Testa, che quando arrivò la porpora, nel concistoro del dicembre 1959, tolti i precedenti ele­menti dal suo stemma epi­scopale vi fece scrivere «Sola gratia tua...», «Debbo tutto a te...». Quasi riap­propriandosi di queste parole Ca­povilla le ha indi­rizzate a Giovanni XXIII e a France­sco. Chi scrive – e non solo – sa però che questa nomi­na premia anche un uomo che ha sofferto: insieme a Roncalli, ma pure in solitudine, dopo la morte del Papa che sarà canonizza­to il 27 aprile. Talvolta un prezzo da pagare non tanto per custodire una memoria, ma per declinarla nel pre­sente. E sa che con questo ge­sto passa un inequivocabile messaggio che, ce ne fosse bi­sogno, torna a indicare il Con­cilio Vaticano II come stella polare e la passione per l’in­tera famiglia umana come compito del cristiano. Certo, nelle conversazioni telefoni­che e negli incontri succedu­tisi l’altro ieri – tra i primi ad arrivare ad abbracciarlo il ve­scovo di Bergamo Francesco Beschi e il vescovo Gaetano Bonicelli – le domande sulla «sorpresa» hanno ricevuto ri­sposte quasi sempre ancora­te al «servizio» a papa Ron­calli, all’«ineffabile gratutudi­ne» per papa Francesco («di­co ineffabile non sapendo co­me descriverla... Sì scriverò al Papa e dirò proprio così...»). Come pure a una consape­volezza più volte riassunta così: «È un riconoscimento, non cambia niente, ho cerca­to di servire…Non ho vinto niente». Anzi, durante il lun­go pomeriggio (che non ha visto mutare i ritmi consueti della pre­ghiera, nono­stante la gra­gnuola di te­lefonate da Bergamo, Ve­nezia, Roma, Chieti, Lore­to, dall’Italia e da più d’un Paese del Sud del mondo pre­miato in questo concistoro), c’è stata anche l’occasione per far riflettere chi gli stava vicino su alcune frasi roncal­liane all’annuncio della por­pora nel ’53, certo in ben al­tro contesto, ma anche quel­la volta curiosamente un 12 gennaio: «Devo contare que­sto giorno tra i fasti della mia umile vita? A mezzodì una co­municazione e un telegram­ma di mons. Montini mi an­nunciano che il prossimo 12 gennaio il Santo Pa­dre mi nominerà e mi creerà cardinale […] Non sono stupito, ma sono contento di non provare nessuna esaltazio­ne personale, né senso di va­nagloria o altro. Tutto entra nell’ordine dell’obbedienza e dell’abbandono alla volontà del Signore. Fra i cardinali ci furono dei birboni e dei san­ti. Voglio essere tra questi nel­l’umiltà, nella semplicità, nel­l’amore di Dio, e delle ani­me...». Curiose anche certe asso­nanze nelle parole rivolte og­gi da Capovilla ai familiari, e da Roncalli allora.
Scrisse il futuro Giovanni XXIII: «Il mio povero nome prende posto fra i 24 ecclesiastici che il Santo Padre il prossimo 12 gennaio nomi­nerà cardinali di Santa Chiesa. Comprendo che voi dobbiate es­serne contenti. Anch’io ne so­no contento, più ancora per voi che per me stesso. Pren­dete tutto con semplicità e con umiltà, come faccio an­ch’io. Neanche il diventare cardinale conta qualche cosa, se non è ordinato alla nostra salute eterna ed alla nostra santificazione… Il resto, cioè porpora, onori umani… non vale proprio nulla…». E an­cora, dal prezioso Giornale dell’anima che proprio Ca­povilla fece conoscere all’in­domani della morte del «suo» Papa, ecco un altro pensiero sul quale ha preferito dirotta­re molte domande: «Eccomi qui all’ultima tappa della mia umile vita. Di essere cardina­le di Santa Romana Chiesa non mi accorgo affatto, né in­tendo mutare attitudini di pensiero, di parole, di tratto. O Signore, conservami nella mia semplicità, che è il primo segno della tua amicizia. Non voglio andare alle anime con alcun artificio, così che non ci sia niente di mio, ma tutto e solo come la grazia del Si­gnore mi ha fatto». Ecco cosa conta per quest’uomo che, se guarda indietro, quasi alla so­glia d’un secolo, ha visto arri­vare nove Papi: se il primo, Benedetto XV, è solo un suo ricordo d’infanzia, quello di un bambino con gli occhi fis­si su una copertina disegna­ta da Beltrame, e il secondo, Pio XI, quello di un seminari­sta che bacia la mano al Pon­tefice durante un pellegri­naggio a Roma, tutti gli altri – Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II, Benedetto XVI – sono Papi che ha guardato negli oc­chi. Adesso tocca all’incontro de vi­su con Francesco, auspicato già all’i­nizio dello scorso aprile quando papa Bergoglio lo chiamò al telefono per rin­graziarlo di un suo scritto sul­l’Anno della fede ricevuto per mano dell’arciprete della Ba­silica Vaticana, il cardinale Comastri. In quell’occasione don Loris aveva promesso a Francesco una visita a Roma per abbracciarlo . Quel viag­gio dovrebbe essere vicino: «Chissà… sarà quel che Dio vorrà», rispondeva l’altro ieri a chi lo interrogava. Ci fosse stata ancora suor Primarosa, presenza discreta accanto a lui per decenni e che Lassù o­ra sorride, forse, interpretan­do il desiderio di molti, gli a­vrebbe detto: «Certo che de­ve andare…se se la sente...».