Paolo Siepi, ItaliaOggi 11/1/2014, 11 gennaio 2014
PERISCOPIO
Roma - La giustizia italiana si avvarrà dal mese prossimo di un sofisticatissimo cervello elettronico. Basterà inserire nel cervello i dati di un capo mafioso o di un assessore corrotto, per ottenere (senza perdere tempo in processi, rinvii e ricorsi) l’immediata sentenza di assoluzione. Amurri & Verde, News. Mondadori.
La Merkel è cresciuta nella Germania dell’Est. Avrebbe dovuto accorgersi che Obama la spiava. Edelman. Il Fatto.
«Da giornalista» dice Gianni Letta «seguivo da vicino la vita dell’Iri, con un rigore professionale che un tempo c’era, oggi non so, nelle redazioni». E meno male che di quel rigore si è persa traccia, vista la descrizione che lo stesso Ettore Bernabei ne dette, esattamente trent’anni fa, al pm Gherardo Colombo: «Alla fine del 1983 ebbi modo di parlare con Carlo Pesenti, proprietario del Tempo, il quale mi evidenziò le difficoltà finanziarie del giornale. A tal fine venne a trovarmi nella primavera del 1984 Gianni Letta, al quale consegnai 1,5 miliardi di lire in Cct, dietro promessa di appoggio della politica economica dell’Italstat». Giorgio Meletti. Il Fatto quotidiano.
Le parole sono segnali importanti, non tanto perché hanno il potere di chiarire, ma perché, più spesso, hanno il potere di confondere. Luca Ricolfi. La Stampa.
D’Alema resta un uomo intelligente, persino troppo. Roberto Giachetti, democratico e radicale. il Foglio.
(mfimage) Pensavamo che un tecnico come Monti avesse mani più libere per incidere sullo Stato e sugli sperperi. E invece Monti non tagliò nulla, ma si accanì sui cittadini, spremendoli e minacciandoli. Lui dirà che la politica non gli permetteva di tagliare: allora, professore, anziché andare dalla Bignardi a farsi coglionare col cane, convocava un conferenza stampa in tv e lo denunciava e, se non sortiva effetto, si dimetteva. Sarebbe uscito alla grande. Marcello Veneziani, il Giornale.
Gli occidentali si sono fatti prendere per il naso lodando le cosiddette primavere arabe. Il discorso è molto più complesso delle nostre semplicistiche semplificazioni. È un discorso che parte dalla fine dell’Ottocento e arriva alle rivolte dei nostri giorni nel Nord Africa e nel Medio Oriente. L’islamismo, l’ascesa del fondamentalismo e il ritorno del dispotismo in molte di quelle regioni stupisce solo gli ignari osservatori occidentali che pensavano di instaurare le democrazie con operazioni chirurgiche di innesto indolore. Facciamo fuori i tiranni e i popoli del Medio Oriente saranno come noi. Non è stato così perchè non erano queste le promesse. Tutto era scritto, bastava studiare un po’. Pankaj Mishra, From the Ruins of Empire: The revolt against the West and remaking Asia, Dalle rovine dell’impero: la rivolta contro l’Occidente e la ricostruzione dell’Asia.
Bettola, il piccolo paese piacentino di Pierluigi Bersani, ha tremila abitanti, 21 cimiteri e un territorio vasto 122 chilometri quadrati, quasi come Torino. Marco Bresolin. la Stampa.
Sulla fusione Fiat-Chrysler sono stati espressi dei dubbi solo fuori dai confini italiani. Citigroup, che sa far di conto, scopre che con Chrysler il debito Fiat (813,8 mld di dollari) diventa il più alto fra le case automobilistiche europee, tanto da affermare «continuiamo ad avere preoccupazioni sulla sua sostenibilità»; al Wall Street Journal, che avverte «per Fiat-Chrysler non sarà facile operare in un mercato globale dominato da rivali più grandi e più ricchi come Volkswagen, Toyota, Gm e Ford». Enrico Cisnetto. Il Foglio.
Ah, quelle ragazze incazzate che alzavano il pugno chiuso. Che per condivisione o odio, facevano comunque breccia nei pensieri e nei cuori di noi giovani irrequieti. Ora mi chiedo: ma che caspita di incidente antropologico può aver condizionato il processo evolutivo di quella formidabile specie, tanto da ritrovarla trasformata, a soli pochi decenni di distanza, nel modello Debora Serracchiani? Roldo Madia. il Foglio.
Nel periodo in cui eravamo in Iraq, un nostro elicottero intervenne in aiuto al contingente portoghese che si stava battendo contro gli insorti. Il mitragliere dell’elicottero puntò l’arma contro i guerriglieri, ma uno di questo fu più veloce, sparò e l’uccise. La procura militare di Roma aprì un’inchiesta contro quello che considerava un assassino. Che senso ha? Cosa doveva fare il guerrigliero? Dire «all’amico italiano»: «Uccidimi pure, perché tu sei il bene e io il male, tu sei dalla parte della Ragione e io del Torto?». Le ipocrite «missioni di pace», che, in realtà, a parte in Libano dove le forze internazionali si interpongono fra due nemici, sono invasioni, occupazioni, guerre, hanno ingenerato il losco equivoco per cui gli occidentali sono legittimati a uccidere, i loro nemici no. E invece in guerra lo straordinario diritto di uccidere, assolutamente proibito in tempo di pace, si giustifica solo con la possibilità di essere, altrettanto legittimamente, uccisi. Massimo Fini. Il Fatto quotidiano.
Il paese russo, al momento della nostra ritirata, era tutto un brulicare, come quando nel bosco si introduce un bastone in un formicaio. Ragazzi, donne, bambini, vecchi entravano nelle isbe con fagotti e sacchi mezzi pieni e subito ritornavano fuori con sacchi vuoti sotto il braccio. Andavano nei magazzini italiani che bruciavano e prendevano tutto quello che riuscivano a salvare dalle fiamme. Slitte, muli, camion, automobili andavano e venivano senza scopo per le strade; un gruppo di carri armati tedeschi fece presto ad aprirsi un varco tra quel groviglio. Un fumo giallo ed acre si fermava sopra il villaggio e fasciava le case. Il cielo era grigio, le isbe grige, la neve calpestata in tutti i sensi era grigia. Avevo ancora in bocca il sapore del latte, ma ormai ero fuori. Ora camminavo verso casa. Sia quel che sia. Mario Rigoni Stern, Il sergente nella neve. Einaudi.
Filippo De Pisis: l’incantatore di sergenti. Ennio Flaiano.
L’anno cruciale è stato, per me, il 1962 quando conobbi Marcel Duchamp, subito amico e maestro. Saputo che sarebbe andato a pranzo in un’osteria milanese con un gruppetto di artisti, presi l’aereo da Roma e mi presentai al suo tavolo: «Sono un pittore e vorrei conoscere Duchamp». «Prego, si accomodi». Altri tempi. Gianfranco Baruchello, artista. ilvenerdì.
Gli intellettuali impegnati li capisco da come citano i libri che non hanno letto. Roberto Gervaso. il Messaggero.