Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  gennaio 11 Sabato calendario

IL BOSONE DI HIGGS


Il premio Nobel per la Fisica 2013 a ottobre è stato assegnato a Peter W. Higgs, François Englert, della Libera Università di Bruxelles. Entrambi, in modo indipendente, cinquant’anni fa previdero l’esistenza della particella grazie alla quale esiste la massa. Nota oggi come bosone di Higg, è stata rilevata solo l’anno scorso dagli esperimenti del Cern di Ginevra chiamati Cms e Atlas, guidati dagli italiani Guido Tonelli e Fabiola Gianotti. Higgs, che nel 2013 ha vinto anche il premio Nonino «a un maestro del nostro tempo» –riconoscimento che ha anticipato il Nobel –, è professore emerito di Fisica teorica. È un signore britannico misurato e arguto, dall’intelligenza chiara. Seppur 84enne, ha un tratto del carattere giovanile e aperto.
Lei è sicuro che il Cern abbia veramente trovato il «bosone di Higgs» e non qualcos’altro?
«Sì, assolutamente. Io però nel mio articolo del 1964 proposi una teoria che prevedeva l’esistenza di almeno una particella priva di spin e di massa, ma a ben vedere potrebbero essercene anche di più. Quando potremo usare campi di energia più elevati, quando le proprietà di queste particelle saranno identificate e pienamente esplorate, potremmo trovarci davanti qualcosa di nuovo»
Intende dire che potrebbe esistere un’intera famiglia di «bosoni di Higgs»?
«Sì, potrebbe essere così. Esistono già teorie che vanno al di là di quello che oggi in fisica viene chiamato “Modello standard”; esse toccano problemi come la materia oscura dell’universo, che per essere spiegata richiede più di una particella senza né spin né massa, elettricamente neutra. Sarebbe davvero interessante se saltasse fuori una cosa simile».
Lei ha immaginato un oggetto fisico che, per essere effettivamente rilevato, ha richiesto 50 anni e attrezzature spaventosamente grandi e costose. Come ha fatto? Che potenza ha la mente umana?
«Nei primi anni Sessanta era già ben assodata la teoria dell’elettromagnetismo di Maxwell. L’idea che mi venne in mente – assieme ad altri scienziati, a Bruxelles e Londra – fu quella di associarla alle teorie avanzate da Yoichiro Nambu a Chicago e da Jeffrey Goldstone in Inghilterra, che mostravano come si possa generare la massa di particelle elementari associate a un campo retrostante, una sorta di sfondo uniforme nell’universo, che cambia a seconda del modo in cui le onde di vario tipo si propagano. Questa teoria aveva però il difetto di risultare essenzialmente predittiva, e non era affatto facile provarla»
Nella scienza si immaginano cose che sono difficili da provare, ma qui c’è voluto davvero tanto...
«Esistono altri casi simili. L’esempio più ovvio è la predizione e la tardiva scoperta dei neutrini, altri oggetti fisici molto interessanti. Si tratta di particelle elementari che hanno una massa estremamente piccola –prima si credeva addirittura che non ne avessero alcuna –e che viaggiano quasi alla velocità della luce. Vennero previsti attorno al 1930 da Wolfgang Pauli, che, misurando il decadimento della radioattività, sembrava rilevare una perdita di energia fra il nucleo originale e i suoi derivati in termini di elettroni e protoni... Sarebbe stata poi chiamata “neutrino” da Enrico Fermi nel 1931, ma fu realmente scoperta solo 25 anni dopo, negli Stati Uniti. La ragione è che è molto difficile rilevare i neutrini. La scoperta del “mio” bosone tuttavia, ha richiesto ancora più tempo: praticamente il doppio.
Qual è stato il punto di forza dell’esperimento del Cern?
«A parte le dimensioni dell’anello e le velocità e temperature raggiungibili –Lhc è un enorme progetto ingegneristico – il fatto che la macchina ginevrina abbia due tipi diversi di rilevatori che guardano allo stesso fenomeno. Ciò significa che ci sono due esperimenti in grado di controllarsi a vicenda: se ne hai solo uno a disposizione, non ti accorgi degli errori. Credo che la prossima frontiera sarà proprio l’interazione tra Cern e altri laboratori – come quello del Gran Sasso, in Italia, o altri negli Stati Uniti e in Giappone – che lavorano sui neutrini...».
Lei crede che possano esistere neutrini più veloci della luce, come sembrò per un attimo risultare l’anno scorso dall’esperimento Opera tra Cern e laboratori del Gran Sasso?
«Credo di no. Un risultato del genere avrebbe conseguenze molto forti su tutti i nostri principi fisici teorici, che sono stati verificati molto bene in questi decenni.... Non sarebbe augurabile che qualcuno trovasse valori di velocità superiori a quelli della luce per i neutrini. L’esistenza di una “velocità fondamentale” è prevista dalla Relatività di Einstein: oltre di essa non si può andare».
La scoperta del “bosone di Higgs” può essere pericolosa come la scissione dell’atomo?
«I materiali che stiamo studiando siano piuttosto neutrali rispetto a considerazioni etiche. Costruire un nuovo tipo di bomba ancora più devastante non sembra possibile in questo campo, i missili a testata atomica sono materia piuttosto della vecchia fisica nucleare. Le implicazioni di questa scoperta per l’umanità sono semplicemente in termini di comprensione dell’universo in cui viviamo.Con il “bosone di Higgs” sarà possibile capire molto meglio i suoi primissimi istanti, studiando nei laboratori questa sorta di “palla di fuoco”ad altissima densità».
Che cosa possiamo scoprire ancora in fisica subatomica? Non c’è un limite?
«Tutto quello che posso dire è che noi oggi capiamo formule che quando io ero uno studente non capivo. ... Abbiamo fatto tanta strada, ma non sappiamo fino a dove potremo arrivare; sappiamo solo che abbiamo ancora problemi che non comprendiamo, abbiamo qualche idea di come potremmo affrontarli, ma fare delle previsioni è molto difficile».
Secondo lei oggi c’è più bisogno di nuove brillanti teorie o di esperimenti più sofisticati?
«Io penso che abbiamo addirittura un eccesso di teoria. Esistono diverse teorie che pretendono di superare il “Modello standard”, ma sono ancora assolutamente non verificate. Uno dei lavori più importanti che deve essere fatto al Cern è proprio fornire una massa di dati per cui tutte queste affermazioni “speculati - ve”possano trovare riscontro...»
Ci sono molti “filosofi ” in fisica oggi, non le pare?
«Infatti».
Se avesse vent’anni, in quale direzione cercherebbe novità?
Difficile rispondere a questa domanda a 84 anni! Se avessi vent’anni oggi sarei pratico di tutte le tecniche informatiche chesono state sviluppate in questi decenni, cosa che non è. Avrei dunque più strumenti disponibili per la ricerca. Francamente, però, non so neppure se diventerei un fisico; oggi sarei allo stesso modo interessato a capire i sistemi biologici.....»
Lei non è credente.
«No, ma credo che non ci sia una contraddizione assoluta tra fede e scienza. (...)I luoghi in cui la fede religiosa e l’evidenza scientifica possono entrare in conflitto nel passato sono stati chiarificati. Ci sono state, indubbiamente, credenze su fenomeni che erano costruite su credenze religiose e che poi sono state contestate con evidenze scientifiche. Sono sicuro che ci sono aree in cui questo avviene ancora. Non penso però di poter dire che una posizione come la mia, di uomo senza una fede, sia l’unica sostenibile. C’è gente che è stata capace di conciliare questi due lati, semplicemente io non trovo plausibili alcune cose che essi credono.Non mi piacciono però gli atteggiamenti di scienziati come Richard Dawkins che continuano ad accendere conflitti con i fondamentalisti religiosi: non è la cosa più ragionevole da fare. Credo che Dawkins diventi lui stesso quasi un fondamentalista. L’ho trovato così aggressivo nel modo di propagandare le sue idee: mette se stesso nella stessa posizione degli integralisti religiosi.»
È vero che, se non si occupa di fisica, lei legge romanzi?
«Compro libri più velocemente di quanto riesca a leggerli. Mi piacciono soprattutto scrittori contemporanei di lingua inglese. »
Fantascienza?
«No, la fantascienza mi interessa poco. Preferisco i fatti».
A volte la “fanta”-scienza, nell’arco di qualche decennio, tende ad avvicinarsi ai fatti della scienza reale...
«Le cose cambiano, sì».