Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  gennaio 11 Sabato calendario

«SÌ, VI HO DISTRUTTO» MA MONTI RIVUOLE IL TESORO


Mario Monti nuovo ministro dell’Economia? Una possibilità che, in altri tempi, era stata a portata della sua mano. A porgerla più volte era stato Silvio Berlusconi da presidente del Consiglio. L’aveva anche mandato a Bruxelles come commissario di primo piano, dovendosi occupare dei mercati. Ma il Preside per anni ha rifiutato farsi coinvolgere nella politica italiana, ritenendosi una «riserva della Repubblica». In realtà ha aspettato la grande occasione. L’ha ottenuta da Giorgio Napolitano, che l’ha nominato prima senatore a vita e poi presidente del Consiglio. Finita in anticipo e in maniera traumatica l’esperienza a Palazzo Chigi e reduce dalla delusione elettorale, il Preside è tornato alla Bocconi. Stavolta, però, non era più «riserva della Repubblica» ma destinato a fare il panchinaro a vita. A rilanciarlo, senza assolutamente volerlo, è stato Fabrizio Saccomanni che sta scalando tutte le classifiche della delusione. Tanto da meritarsi l’ironia di Matteo Renzi. Si chiedeva se le affermazioni del ministro a proposito degli stipendi degli insegnanti fossero reali o solo una parodia di «Scherzi a parte». Mai si era sentito un segretario rivolgersi con tanta insolenza a un ministro in carica. Tanto meno verso il titolare di un portafoglio di primissimo piano come l’Economia. Ma neanche si era sentito un ministro dell’Economia giustificare una «gaffe» dicendo di aver preso ordini. Umorismo puro, oltre allo scarso rispetto per il proprio ruolo: siamo uomini o caporali, si sarebbe chiesto Totò? Resta il fatto che l’orizzonte politico dell’ex direttore generale di Banca d’Italia si è fatto passo dopo passo sempre più basso. In un anno ha dimostrato di sapere solo prendere ordini. Forse da Enrico Letta. Sicuramente da Bruxelles. L’ha fatto tenendo sempre gli occhi rivolti verso il cielo. Mai una volta che si sia accorto dove metteva i piedi (basta pensare alle innumerevoli e caotiche formulazioni dell’imposizione sulla casa). L’unico riferimento del ministro è sempre stato il rispetto del parametro del 3% fra deficit e Pil. Una funzione matematica cui ha sottoposto tutta la sua azione di governo. Un peso che ha sotterrato le sue ambizioni politiche.
Con Monti, in predicato di sostituirlo in un eventuale rimpasto, non andrebbe molto meglio. Anche lui pronto a obbedire agli ordini che arrivavano dall’estero. Da Bruxelles, ma soprattutto da Berlino e da Washington. L’ha confessato egli stesso. Intervistato dalla CNN, ha scoperto il gioco: «Stiamo effettivamente distruggendo la domanda interna attraverso il consolidamento fiscale. Quindi, ci deve essere una operazione di domanda attraverso l’Europa, un’espansione della domanda». Così tutti abbiamo capito cosa fosse venuto a fare. Non che ci fossero dubbi, ma insomma una confessione così trasparente colpisce sempre. Mai l’aveva detto così chiaramente.
Come si distrugge la domanda interna? Alzi le tasse e svaluti i salari. Così la gente non ha più soldi e compra di meno. Ma non basta: lo Stato potrebbe sempre alzare la spesa a deficit, cioè investire sui cittadini, mediante politiche sociali (esempio: reddito di cittadinanza) o creando lavoro. E allora cosa facciamo? Semplice: inventiamo il pareggio di bilancio e lo mettiamo addirittura nella Costituzione, così da rendere impossibile qualunque ripensamento. Era l’equazione che ci avrebbe matematicamente reso più poveri. L’austerità come formula di sviluppo anzichè anticamera del cimitero. Addirittura la teorizzazione del «rigore espansivo». Non molto diverso dai medici medioevali che curavano la malattia con i salassi. Alla fine il male spariva. Nel frattempo, però, non c’era più nemmeno il malato. E alle imprese? Tutte spinte ad esportare perché la bilancia commerciale andava corretta riducendo le importazioni. Quale miglior sistema che la caduta dei consumi? Così gli importatori non avevano più mercato. Perché tutto questo? Per soddisfare le richieste che arrivavano dalle grandi capitali straniere. L’Italia come grande fattore di instabilità che andava riportato all’ordine. E Monti l’ha fatto facendo crollare il Pil del 3% quasi e i consumi quasi del 5%. Portando la pressione fiscale al record storico del45%.Tutto questo facendosi dettare la linea. Come stupirsi allora di quanto accaduto in campagna elettorale. Prima la Merkel e poi Obama che invitano gli italiani a votare il Preside. In maniera molto esplicita la Cancelliera tedesca tanto da meritarsi qualche salato rimprovero. Più contenuto l’inquilino della Casa Bianca. Dopo la delusione elettorale, però, i padrini sono scomparsi.
Della scontentezza di Monti si fa portavoce il «Guardian», organo della sinistra radical chic britannica. Riferisce del rancore dell’ex premier che si aspettava maggior riconoscenza. Qualche poltrona di prestigio in Europa per rendere meno amaro l’in - successo in Italia. Invece niente. Il telefono non ha squillato. Nessuna chiamata da Washington o da Berlino. Tutti zitti. Un silenzio destinato a durare. Fino a quando ci sarà Mario Draghi alla Bce, nessun altro italiano potrà assumere posizioni di rilievo nella Ue. Così, alla fine, al Professore potrebbe non restare altro che la scrivania di Quintino Sella al ministero del Tesoro. Come italiani speriamo che non accada.