Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  gennaio 11 Sabato calendario

LA PROCURA FA LE SCARPE AI FURBETTI DI PRADA: INDAGATI PER REATI FISCALI


Milano E adesso chissà se an­che per Prada, la griffe delle bor­sette da 5mila euro ma politica­mente corrette­ che-più-corret­te- non-si-può, scatterà l’ostra­cismo che colpì Dolce e Gabba­na. Quando si scoprì che D&G erano indagati per evasione fi­scale, sugli stilisti di Madonna piombò l’anatema della giunta Pisapia, con l’assessore D’Al­fonso che promise: «Qualora stilisti come Dolce e Gabbana dovessero avanzare richieste per spazi comunali il Comune dovrebbe chiudere le porte». Aggiunse D’Alfonso: «La moda è un’eccellenza nel mondo ma non abbiamo bisogno di farci rappresentare da evasori fisca­li ». Ne nacque un pandemonio, con D&G che tuonavano «Mila­no fa schifo» e Pisapia che pre­tendeva ( senza ottenerle) le lo­ro scuse.
Peccato che adesso a ritrovar­si pari pari nella stessa posizio­ne di Dolce e Gabbana siano Miuccia Prada e suo marito Pa­trizio Bertelli, insieme a un col­laboratore ( o forse due). I coniu­gi Prada, a differenza di Dolce e Gabbana, a Milano sono riveri­ti e coccolati, e appena pochi giorni fa hanno ottenuto il via li­bera del Comune per espande­re la loro presenza nella Galle­ria Vittorio Emanuele. Ma per la procura sono degli evasori fi­scali tanto quanto D& G: artico­lo 4 e articolo 5 della legge del 2000 sui reati tributari, «dichia­razione infedele » e «omessa di­chiarazione », questi sono i rea­ti per cui Miuccia e Patrizio so­no finiti nel registro degli inda­gati della Procura milanese. Nel corso degli anni, spostando all’estero fittiziamente la sede di una delle loro società (esatta­mente il medesimo escamota­ge per cui finirono sotto accusa Dolce e Gabbana) Prada avreb­be sottratto alle mire del Fisco la rispettabile cifra di 470 milio­ni di euro.
Va detto che a innescare l’in­chiesta della Procura sono stati loro stessi, i coniugi Prada, auto­denunciandosi alla Agenzia delle entrate, e scucendo il mal­tolto e gli interessi. Purtroppo per loro, la legge prevede che anche in caso di ravvedimento spontaneo,se l’ammontare del­l’evasione supera un certo im­porto il pagamento non estin­gue i reati commessi per schiva­re le tasse: mettersi d’accordo con gli ispettori del Fisco non scongiura il rischio di dover fa­re i conti con la magistratura.
E proprio questo è quanto sta accadendo: a quanto pare, il Diavolo veste Prada ma non fa i coperchi. Dalla Agenzia delle entrate è partita la segnalazio­ne alla Guardia di finanza che l’ha girata al pool reati finanzia­ri della Procura milanese. Qui i pm Gaetano Ruta e Adriano Scudieri hanno aperto il fasci­colo e iscritto i coniugi Prada tra gli indagati. La notizia, anti­cipata ieri da due quotidiani, trova conferma negli ambienti giudiziari. E poco dopo ecco la conferma dall’Agenzia delle en­trate: «Le procedure di accerta­mento relative ai soci di c­ontrol­lo del gruppo Prada sono inizia­te a seguito di una voluntary di­sclosure attivata dagli stessi azionisti di controllo del grup­po, si sono positivamente con­cluse con il pagamento di tutti i debiti tributari, compresi san­zioni e interessi, e non vi sono al­tre verifiche fiscali in corso da parte dell’Agenzia».
Raccontata così, sembrereb­be una storia paradossale e un po’ crudele: i Prada si accorgo­no all’improvviso di avere ri­sparmiato più tasse del dovuto, si pentono, si autodenunciano, pagano tutto il dovuto e anche un mucchio di interessi, e ciò nonostante si ritrovano inquisi­ti e sbattuti in prima pagina. Ma è andata davvero così? Davve­ro i Pr­ada dopo avere architetta­to la consueta serie di società in località scomode ma al riparo del Fisco sono stati folgorati sul­la via di Damasco? O invece la autodenuncia è arrivata per­ché qualcuno dentro il gruppo si è reso conto - magari proprio dopo le disavventure di Dolce e Gabbana- che i segugi del Fisco stavano annusando anche le tracce di Mariuccia e Patrizio?
Negli ambienti della Procura si assicura che nessuna indagi­ne era stata aperta prima della voluntary disclosure . Ma se si chiede agli investigatori se dav­vero nessuno si stesse occupan­do di frugare nelle dichiarazio­ni dei redditi­della maison mila­nese si ottengono in risposta so­lo dei sorrisini. Che magari non vogliono dire niente. O magari?