Giuseppina Manin, Corriere della Sera 11/1/2014, 11 gennaio 2014
LISIECKI ALLA SCALA: HO 18 ANNI, SONO UN EX RAGAZZO PRODIGIO
Salire per la prima volta sul palcoscenico della Scala è uno degli appuntamenti più sognati e attesi per qualsiasi artista. Qualcuno lo aspetta per una vita, a qualcun altro capita a 18 anni. È il caso di Jan Lisiecki, pianista canadese di origini polacche, che la maggiore età l’ha raggiunta solo da qualche mese. E ora, lunedì (domani prova aperta a favore della Caritas), avrà il suo debutto al Piermarini con il Concerto per pianoforte di Schumann, insieme con la Filarmonica diretta da Daniel Harding.
«Schumann l’ha scritto per sua moglie Clara, un gesto d’amore che si sente ancora oggi in ogni passaggio — assicura il pianista —. Eseguirlo alla Scala, per me la sala più bella del mondo, quella dove si respira la grande storia della musica, mi dà un’insolita emozione». Stavolta sul podio ci sarà Harding, anche lui talento precoce, che ha iniziato la sua carriera come pupillo di Claudio Abbado. «Con Abbado ho suonato a Bologna lo scorso marzo. Martha Argerich aveva dato forfait e all’ultimo sono arrivato io. È stata un’esperienza bellissima, una lezione di musica e di vita. Un bel regalo per i miei 18 anni. Ma ora sono molto curioso di incontrare Harding». Di certo più vicino generazionalmente a lui. «Non credo che sia importante. L’età non ha niente a che fare con la musica. È qualcosa che va oltre».
A proposito di anagrafe, per Jan essere diventato maggiorenne è stata la liberazione da un incubo. «Non ne potevo più di sentirmi chiamare “ragazzo prodigio”. Una categoria a cui peraltro non ho mai pensato di appartenere, ma che tutti mi affibbiavano dopo il mio esordio a 9 anni. Ho dovuto attenderne altrettanti prima di essere finalmente considerato un artista. E basta». Ciò nonostante Lisiecki va ancora in tournée scortato dalla madre. «Sto lontano da casa per oltre metà dell’anno, ogni sera mi ritrovo in posti lontanissimi e spesso sconosciuti. Avere accanto qualcuno dei miei cari mi scalda il cuore e non mi fa sentire solo. Come antidoto a un certo senso di spaesamento ho preso anche l’abitudine di fotografare quante più cose vedo: la città dove mi trovo in quel momento, un paesaggio, un viso. Persino la partitura che ho sul leggio... E così la fotografia è diventata una mia compagna di vita. Tra i miei soggetti preferiti c’è naturalmente la mia famiglia. Anche quella di origine. Ogni anno vado in Polonia a trovare i nonni. Sono nato a Calgary, in Canada, ma sento molto intense le mie radici polacche».
Sarà anche per questo che Chopin fa così parte del suo dna. Di recente Lisiecki ha inciso per la Deusche Grammophon l’integrale degli Studi di Chopin. Unico a cimentarsi nell’impresa per l’etichetta gialla dopo la magistrale registrazione di Pollini del 1972. Ma tra il grande pianista milanese e la leggendaria Argerich, Lisiecki non se la sente di fare una scelta. «Sono due mondi completamente diversi. A entrambi devo moltissimo. Però alla fine quello che cerco è una “terza via”. La mia».
L’aver sperimentato tanti successi in così breve tempo può essere un dono degli dei ma anche un buco nero dove si perdono tutti i sogni. «Il futuro non mi preoccupa. Proprio questo “bruciare le tappe” mi ha insegnato ad apprezzare giorno per giorno quel che accade. Il 2013 per me è stato un’ottima annata. Il 2014 si apre anche meglio. Mi contento di vivere il presente. È già così meraviglioso».
Giuseppina Manin