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 2014  gennaio 11 Sabato calendario

DA GADDA A MARINETTI INVITO A CASA DEI GRANDI SCRITTORI


«La casa è il nostro corpo più grande», scriveva Khalil Gibran nel Profeta del 1923. Lo è stato soprattutto per gli scrittori, in perenne simbiosi o lite con gli ambienti dove vivevano. Ne scopriamo alcuni di sconosciuti, non celebrati, dimenticati ai quali lanciare uno sguardo quando si passa davanti.
Per quelli che… Milano «fa schifo», l’ingegnere Carlo Emilio Gadda è un padre nobile. La polemica verso i costruttori caratterizza molte sue opere. In Pianta di Milano. Decoro dei Palazzi (1964), immagina che la città sia frutto di uno scellerato patto tra l’uggia e il cattivo gusto. Sentiamolo: «Fabbrichiamo una città dove poter imperare senza contrasti: tu sarai re, ed io la regina... Primo: tutti gli alberi maggiori di cinque anni venissero adibiti a far legna; secondo: non una piazza fosse quadrata o rotonda, ma tutte bislacche; terzo: l’angolo di sessanta gradi, quello di novanta e i loro mezzi fossero banditi dai piani; quarto: non una casa fosse pari in altezza alla casa contigua; quinto: i muri scialbati e senza finestra delle fiancate si levassero ovunque; sesto: i tetti fossero combinati alla meglio e con ogni aggeggio: pentoloni, caminacci, fette di panettone, canne da pesca, parafulmini arrugginiti». Più o meno... Beh, ma lui dove viveva?
Gadda visse in via Manzoni 5 e in via San Simpliciano 2, in stabili ora nella disponibilità di una banca e di una assicurazione. L’edificio in via Manzoni è imponente: il primo piano a bugnato lo mette in relazione con gli edifici che lo circondano. Discorso diverso per l’abitazione di via San Simpliciano, inserita in una viuzza che dalla chiesa sfocia in via Pontaccio. Forte il contrasto tra la facciata e il retro, elemento che ritroviamo anche negli scritti dell’autore: «Dividere il mondo in due, nella facciata e nel retro, è l’idea fissa di taluni costruttori milanesi. Il lustro della facciata, l’abominazione del retro. Ma dio ci vede da tutte le parti: e noi stessi, umili e transeunti creature, dobbiamo concedere un occhio, talora, ai retroscena del mondo, anche non volendo» (Le meraviglie d’Italia , 1964).
Chi passa sul lago di Como può dare un’occhiata a due abitazioni d’autore di forte contrasto: la prima, a Bellano, anonima e sconosciuta; la seconda, a Bellagio, è il più bell’albergo d’epoca.
La casa dove visse Tommaso Grossi (Bellano, via Cavour 23), ora proprietà privata, era già censita nel Catasto Teresiano del 1722 ed era allora in possesso dell’oratorio della Beata Vergine di Lezzeno. Grossi visse al secondo piano di questa casa con due fronti: il primo sulla piazzetta che conduce al lungolago; il secondo su una stretta via interna. Confrontando un disegno del 1838 con oggi, si nota che l’unico cambiamento è la presenza di un piccolo balcone al primo piano. Per salire ci si serve ancora di una stretta scala elicoidale dell’epoca. Nel Marco Visconti Grossi ci offre un’immagine medioevale di Bellano che ricordano gli spazi angusti di questa casa. Descrive la piazza medievale di San Giorgio che conosceva bene, essendo visibile dalla sua finestra. «Alla sinistra di chi, stando sulla piazza, volge il viso al lago, s’innalza la casa dell’arcivescovo: un lungo edifizio di pietre rozze colle finestre a sesto acuto, dimezzate da una sottile colonnina di marmo nero di Varenna. Alla destra mano e di fronte, varie casucce; dietro le spalle la chiesa dedicata allora a San Giorgio, colla facciata acuta, un finestrone tondo nel mezzo a fiorami; tra il finestrone e la porta una statua di pietra rappresenta il santo patrono a cavallo in atto di ferire colla lancia il solito dragone».
Tutt’altro autore e scenario a Bellagio. Nell’hotel Splendide Filippo Tommaso Marinetti – che rifiutava il concetto di casa - visse parte dei suoi giorni e morì nel ‘44. L’albergo era allora di recente costruzione, ma non confacente agli ideali poetici dell’autore: Martinetti auspicava un’architettura dinamica e meccanicista mentre dalla finestra della sua camera si respirava una vista incantata sul lago. L’Hotel, costruito dal 1907, è una costruzione che presenta simmetrie e il prospetto non è solo tripartito in senso orizzontale (zoccolo, corpo, coronamento), ma anche in verticale. L’edificio è di influenze Liberty con elementi legati all’accademismo. Qui il concetto di linea forza, il colpo di frusta marinettiano, è completamente assente.
Pierluigi Panza