Roberto Mania, la Repubblica 11/1/2014, 11 gennaio 2014
SOLO FABBRICHE FANTASMA CHE FINE HANNO FATTO LE PROMESSE DEL 2009?
[Maurizio Landini]
«Non si può dire che non si capisca quello che pensa Marchionne». Maurizio Landini, segretario generale della Fiom, ha appena letto l’intervista a Repubblica del numero uno della Fiat-Chrysler.
E allora, con il senno di poi, non ritiene di aver perso un’occasione? Perché non condividere il piano di rilancio Fiat?
«No, anzi. Un’occasione persa? Non c’è stata alcuna occasione, purtroppo. A me rimangono tutte le preoccupazioni del caso: sul piano della forma e sul piano dei contenuti. Il giorno prima a Torino la Fiat ci ha detto che il piano industriale non sarebbe stato pubblico prima di aprile e che comunque non lo avrebbe discusso né con il governo né con i sindacati. A Termini Imerese stanno chiudendo le aziende dell’indotto dopo che la Fiat se n’è andata. Tra qualche mese salteranno migliaia di posti. E invece di un tavolo di confronto, siamo alle solite: relazioni sindacali fatte sui giornali. Quanto alla condivisione del rilancio, vorrei ricordare che nessun sindacato ha mai fatto un accordo sui piani industriali».
Ci sono delle intese. Per quanto Marchionne abbia sempre detto che non cerca l’accordo a tutti i costi.
«Beh, con il governo americano l’ha dovuto fare. Ha dovuto dire che tipo di tecnologia avrebbe portato, quali modelli avrebbe realizzato. Dunque, resto dell’opinione che il governo debba convocare un tavolo per discutere di tutto questo».
Non crede che gli altri sindacati siano oggi più forti?
«Gli altri sindacati sono gli stessi che nel 2009 credevano al piano di investimenti da 20 miliardi e che la Fiat avrebbe prodotto in Italia 1,4 milioni di auto l’anno, mentre siamo sotto le 400 mila. Sono gli stessi che pensavano che da Mirafiori sarebbero uscite 280 mila vetture, mentre si è fatta solo cassa integrazione. Oggi è il sindacato che prende atto degli annunci di Marchionne fatti via intervista».
Proprio nell’intervista Marchionne risponde a molte obiezioni. Per esempio che è sbagliato fare investimenti con un mercato calante. Le difficoltà della Peugeot lo dimostrerebbero.
«Già. Si dà il caso, però, che Volkswagen ed altri hanno continuato ad investire e che, lo dico con preoccupazione, la Fiat ha perso quote di mercato. In più Volkswagen non è affatto uscita da alcuni segmenti, mentre Marchionne ha annunciato che intende uscire dal segmento basso, quello che garantisce più occupazione».
Ha detto che però manterrà le produzioni di 500 e Panda.
«Ho capito, ma la 500 non si fa in Italia».
La Panda sì, però.
«Sì, con metà dei lavoratori in cassa integrazione... ».
Marchionne dice che ci sarà un nuovo modello.
«Quale? E darebbe lavoro a chi?».
Senta, ma non siete stati sempre voi a chiedere alla Fiat di alzare la qualità, di non competere sui costi con i paesi di nuova industrializzazione. Ora che lo fa non vi va bene?
«Noi abbiamo proposto soprattutto di essere presente su tutti i segmenti. Sa cosa ci hanno detto i sindacati tedeschi che siedono nel consiglio di sorveglianza della Volkswagen? Che per i prossimi cinque anni sono previsti 50 miliardi di euro di investimenti. In Fiat l’unica cosa certa è che la famiglia continua a incassare i dividendi e a non sborsare un euro. E si riaffaccia l’ipotesi del convertendo che vuole dire un aumento dell’indebitamento».
Insomma, non crede che terminerà la Cig alla Fiat?
«Verificheremo. Ma intanto ricordo che per lanciare un nuovo modello ci vogliono 18-24 mesi. Vuol dire due anni di cassa».
Marchionne dice che ci sono capannoni- fantasma che stanno preparando i nuovi modelli Alfa.
«Chiederemo al ministro degli Interni e ai servizi segreti di trovare le fabbriche fantasma... »
Non crede che ci siano?
«In un Paese serio, se non vogliamo sembrare una repubblica delle banane, queste discussioni non si fanno sui giornali. Dov’è il governo italiano?».
Che pensa dello spostamento della sede e della possibile quotazione del titolo a New York?
«Mi preoccupo perché lo spostamento della sede vuol dire anche lo spostamento della progettazione. Mi sembra di vedere un americano che ha fatto brillantemente il suo lavoro assicurando i dividendi agli Agnelli e che ora dagli Usa valuta cosa fare per l’Italia».
Non le sembra di essere un disco rotto che ripete sempre le stesse cose, senza che nessuno l’ascolti?
«Purtroppo no. Mi sento uno che aveva previsto quello che sarebbe accaduto».
Ma la Fiom quanti iscritti ha perso nelle fabbriche Fiat?
«Ne avevamo 11 mila ora siamo intorno alla metà. Ma non dimentichiamoci che a Pomigliano non venivi assunto se eri iscritto alla Fiom. Volevano cancellarci, ma l’operazione non è riuscita».