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 2014  gennaio 11 Sabato calendario

NEI MONASTERI LA DECRESCITA È UNA VIA FELICE


Tutto cominciò in un monastero. «Era il 2007 e radunai alcune persone sul lago di Garda, a Maguzzano, dove si era ritirato il cardinale Reginald Pole dopo il concilio di Trento, quando aveva capito di aver perso. Un posto per eretici». Così nacque il Movimento per la decrescita felice, che ora conta mille soci (l’80 per cento under 30) e trenta circoli in tutta Italia, da Bolzano a Catania. E il suo fondatore, Maurizio Pallante, dopo una ventina di libri riannoda i fili sfornandone uno proprio sui monasteri. «Siamo alla fine di un’epoca cominciata con la rivoluzione industriale - dice -. La decrescita sembra una teoria economica, invece è una concezione del mondo, una filosofia».
Saggista anomalo, Pallante. Formazione filosofica, esperienze politiche, contaminazioni scientifiche, incursioni economiche. Ha studiato dai gesuiti, ma ugualmente spiazza questo elogio dei monasteri. «Li ho scoperti nel 1999. Mi interessano in quanto strutture autosufficienti dal punto di vista energetico e alimentare, non chiuse in se stesse, con rapporti personali permeati di spiritualità e non mediati dal denaro. Il contrario della società odierna: nessuno sa fare più niente, prevalgono rapporti competitivi, non c’è dimensione spirituale. Sono convinto che oggi non siamo in grado di modificare politicamente l’economia della crescita, ma possiamo realizzare esempi, penisole e non isole, per le quali i monasteri sono un modello. Quello di Bose è un monastero del terzo millennio, ma ci sono altre dimensioni. Nel pensiero religioso la contemplazione si carica di fede, in quella laica no. L’”ora” non è necessariamente preghiera».
Lo spunto del volume è una conferenza tenuta anni fa all’abbazia di Vezzolano, le riflessioni su Pil e consumi energetici sono innervate da rimandi biblici. «Il concetto di “occupazione” fa perdere la caratteristica del lavoro, il fare bene per contemplare. Nel libro cito una lettura della Genesi, con una interpretazione dei concetti di immagine e somiglianza. Contempli Pienza, non l’Ilva. Quando il fare non si presta alla contemplazione, allontana gli uomini dall’identificazione con Dio».
All’università, Pallante era nel movimento. «Marxista per la tensione all’uguaglianza e alla liberazione dell’individuo, ma non materialista. Anzi penso che il difetto della sinistra sia voler estendere alle classi subalterne i modelli di comportamento di quelle dominanti: più salario per poter comprare più cose». Ammira Aurelio Peccei, il manager Fiat promotore del club di Roma che aprì il dibattito sui «limiti della crescita». Legge il romeno Nicholas Georgescu-Roegen, teorico della bioeconomia, e il francese André Gorz, fondatore dell’ecologia politica. Ascolta Pier Paolo Pasolini, «che abitava dietro al mio liceo e nel pomeriggio faceva lezioni di cinema: tutta la sua vita è una sorta di anabasi verso il sud a caccia di nicchie di cultura preindustriale e di relazioni umane non mercificate». Decisive le lezioni di Claudio Napoleoni: la sua teoria economica, gli studi su Piero Sraffa, gli scritti sulla rivista Bozze diretta da Raniero La Valle. «Gli mandai il mio primo libro. Mi telefonò, andai a trovarlo. Poi fu pubblicato da Bollati Boringhieri con il titolo Le tecnologie dell’armonia».
Nel 1985, Pallante partecipa alla nascita dei Verdi, «in una componente cattolica ingenua, schiacciata dai marxisti con un’opera di cuculizzazione del movimento. Lo stesso Alexander Langer, pur proveniente da Lotta Continua, fu emarginato. Mi invitò a un convegno intitolato “Quanto sono conservatori i verdi, quanto sono verdi i conservatori”».
I contatti con il pensiero cattolico (consonanti con un altro pilastro del pensiero decrescitista, l’eclettico Ivan Illich) non valgono, sostiene Pallante, a mitigare una critica radicale «alla contraddizione della Chiesa: da una parte sostiene la crescita industriale, dall’altra condanna il consumismo. Con l’appiattimento materialistico negli Anni 50-60 ha celebrato un suicidio ideologico. Adesso è un fiorire di componenti ecclesiali che recuperano la dimensione spirituale, l’economia del dono. Il filone dell’economia civile – Zamagni, Gui, Bartolini, Bruni – prova a umanizzare questo sistema, a curvarlo a fini virtuosi. Per me non è possibile».
In attesa di altri monasteri del terzo millennio, Pallante pensa al prossimo libro. «Su Leopardi. Anticonservatore, ma preso in giro dai progressisti. In realtà, proponeva un cambiamento diverso da quello in corso. Come Pasolini».