Mario Deaglio, TuttoLibri, La Stampa 11/1/2014, 11 gennaio 2014
MA I BANCHIERI SONO GOLPISTI?
Tra i sociologi italiani, Luciano Gallino è sicuramente quello che riesce a collocarsi meglio sulla lunghezza d’onda degli economisti sia perché utilizza spesso, come punto di partenza, qualche modello economico sia perché conosce le statistiche e sa «farle parlare». Tutto questo spesso in polemica con gli economisti, una polemica che conduce senza alzare la voce, in tono asciutto, tagliente nella sua pacatezza, duro nel contenuto.
Contro l’opinione troppo attenta ai dettagli tecnici e troppo poco al quadro generale, di una parte del pensiero economico «ortodosso», Gallino propone una delle poche interpretazioni coerenti «di sinistra» della crisi in corso mentre il maggior partito della sinistra italiana ha, di fatto, accettato gran parte dei paradigmi del mercato. Alla crisi ha dedicato tre libri in cinque anni, cominciando con Con i soldi degli altri. Il capitalismo per procura contro l’economia (2009), per proseguire con Finanzcapitalismo. La società del denaro in crisi (2011) e con l’ultimo Il colpo di stato di banche e governi. L’attacco alla democrazia in Europa, tutti editi da Einaudi.
Per Gallino la crisi attuale sconvolge radicalmente la struttura del sistema produttivo e, per conseguenza, anche quella del sistema sociale. Con le armi della sociologia unite all’analisi economica Gallino sostiene che il sistema finanziario mondiale ha «espropriato» la ricchezza dei lavoratori consentendo solo una bassa dinamica salariale; così ha fatto crescere le diseguaglianze che hanno frenato la crescita dei consumi (in quanto i ricchi percentualmente spendono meno dei poveri); per uscire da quest’economia frenata, ha successivamente «fatto affluire il denaro dei ricchi al conto corrente dei poveri» in modo che potessero spenderlo, ossia indebitandosi con i nuovi strumenti finanziari. E quando un segmento dei poveri, ossia i sottoscrittori americani dei mutui «subprime», non è più riuscito a pagare, il castello delle carte di debito è venuto giù.
Fin qui, con qualche puntualizzazione e qualche distinguo sui termini usati, almeno una parte degli economisti può essere d’accordo. L’accordo diventa più difficile quando l’attenzione si sposta all’Europa, dove le banche, che vantano molti crediti non recuperabili grazie alla crisi, vengono salvate a spese pubbliche da governi che «corteggiano il capitale». I paesi come l’Italia, con poche banche a rischio ma con una finanza pubblica sfasciata vengono messi alle strette; il 4 novembre 2011 il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, riceve una lettera dal commissario europeo Olli Rehn con 39 punti, sotto forma di questionario, che poi si ritroveranno nel programma del successivo governo Monti.
Per Gallino questa successione di avvenimenti «assomiglia da vicino» a un colpo di Stato. Sono parole grosse: in realtà, i paesi dell’euro hanno abdicato alla loro sovranità con una serie di patti e trattati. Hanno, tra l’altro, bene o male che sia, rinunciato al diritto di battere moneta e si sono sottoposti a regole generali comuni, decise a Bruxelles, per quanto riguarda la politica economica.
Questa serie di avvenimenti, viene interpretata da Gallino come un attacco deliberato al modello sociale: un attacco a tutto campo, che mira, in definitiva, a controllare gli individui. In particolare nei quasi-anziani viene generata – con i media - la convinzione (che per gli economisti è invece realtà), di aver fatto parte di una generazione che ha vissuto al di sopra dei propri mezzi, con i relativi sensi di colpa; gli economisti deliberatamente costruiscono il modello dell’«homo economicus». Il Finanzcapitalismo diventa Terminator, un mostro da smontare per salvare l’umanità.
Quella di Gallino è sicuramente una bella sfida, con alcune intuizioni sulle quali è possibile costruire e altre assai più difficili da accettare. A cominciare dall’idea stessa di complotto-colpo di stato, quasi indimostrabile in assenza di evidenze precise. Quando diventa un paradigma dominante, il meccanismo del mercato non ha bisogno di complotti: come ha scritto Keynes, per indovinare quale sarà la ragazza che vincerà il concorso di bellezza non bisogna scegliere quella che si ritiene più bella ma quella che si pensa sarà ritenuta più bella (senza la necessità di complotti) dalla maggioranza. Il che può avere effetti negativi sulla libertà, ma non presuppone un Terminator assetato di controllo non solo dei portafogli ma anche delle anime.
Quando ispira azioni politiche, qualsiasi ideologia può essere presentata come un complotto. Il socialismo reale cercava di rovesciare i governi dell’Europa occidentale con colpi di stato «veri» (e ci riuscì in Cecoslovacchia nel 1948) per instaurare la dittatura del proletariato. L’attuale sistema globale, sicuramente pericoloso e ricco di aspetti più che spiacevoli, nasce proprio dal fallimento del socialismo reale. E per lo meno ci ha dato Internet e il personal computer, efficaci strumenti che possono essere usati per ampliare la libertà nei paesi emergenti che, senza la globalizzazione, continuerebbero a essere poverissimi. Il socialismo reale ci ha dato soprattutto i gulag.
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