S. RIZ., La Stampa 11/1/2014, 11 gennaio 2014
L’ARCIPELAGO DEGLI ALBANESI DI CALABRIA – [GLI ARBËRESHË]
«È un’identità vissuta con naturalezza, senza retorica della minoranza né paura di sparire». Secondo Carmine Abate, oggi è questo essere arbëreshë, albanese d’Italia. «Il termine stesso è stato recuperato solo in epoca moderna, per distinguerci dagli albanesi che stavano arrivando in quegli anni dall’Albania».
Scrittore premio Campiello nel 2012, Abate è nato a Carfizzi, in provincia di Catanzaro. «Fino a sei anni – racconta – ho parlato solo arbëreshë. L’italiano l’ho imparato a scuola e poi la sorte ha voluto che in italiano diventassi prima insegnante e poi scrittore». Tra le opere ispirate da questo senso d’appartenenza, la trilogia delle stagioni di Hora: «Hora, paese, è uguale nell’albanese antico e in quello moderno. È un tributo alla miracolosa resistenza di questa lingua».
Frutto di insediamenti tra il XV e il XVIII secolo, le comunità arbëreshë sono soprattutto in Calabria – 60 mila persone – ma sono diffuse in tutto il Sud. Spiega Abate: «È un vero arcipelago. Ma è un arcipelago che si sente unito. Quando parliamo arbëreshë ci capiamo senza problemi». [S. RIZ.]