Stefano Vecchia, Avvenire 12/1/2014, 12 gennaio 2014
E IL GIAPPONE PENSA AL LAVORO A VITA
Convincere i sessantenni a continuare a lavorare. Magari per sempre... Con cautela mista a determinazione il Giappone ci sta provando. Più per necessità che per scelta. Il Paese del Sol Levante ha oggi la più alta percentuale al mondo di ultra-sessantacinquenni alla popolazione, a quota 23,2%. Una situazione equiparabile a quella italiana, dove la situazione demografica è molto simile, e che coinvolge una vasta gamma di problematiche, inclusa quella di una esclusione o permanenza in ambito produttivo. Uno strumento, quest’ultimo, individuato a Tokyo non solo come utile a alleggerire solitudine e senso di inutilità, ma anche a sostenere l’economia del Paese. Fino a ipotizzare la permanenza a vita. Con la fine dell’età della pensione.
Un primo passo in questo senso è stato il recente innalzamento dell’età pensionabile per tutti a 61 anni, con la previsione di arrivare a 65 anni entro il 2025 e con la possibilità per le aziende di utilizzare dipendenti oltre quell’età a metà salario. Una possibilità che in molte imprese è già realtà. Come dimostra una ricerca a livello nazionale condotta lo scorso giugno scorso su 140mila aziende dal ministero del Lavoro, la proporzione di imprese con oltre 30 dipendenti che incentivano i lavoratori a restare fino ad almeno i 65 anni, è salita di 17,7 punti percentuali dall’anno precedente, portando il totale al 66,5%. È un risultato della legge che chiede espressamente alle imprese di incentivare la permanenza al lavoro di dipendenti anziani in vigore da aprile, proprio in vista di una maggiore età pensionabile a 65 anni. Una percentuale che è salita di 24,6 punti arrivando al 48,9% in aziende con oltre 300 lavoratori e di 16,8 punti fino al 68,5% nelle aziende impiegano meno di 300 dipendenti.
Nelle imprese in cui vige l’obbligo del pensionamento a 60 anni, dei 366.755 lavoratori che a maggio hanno raggiunto l’età del ritiro, il 76,5% ha scelto di restare in azienda. Notevole anche la quota di aziende con lavoratori attivi fino a 70 anni di età: è il 18,2%.
Nel 2011 i dati segnalavano come gli ultra-sessantacinquenni fossero in Italia il 20,3% della popolazione complessiva, una percentuale destinata, secondo l’Ocse, ad arrivare almeno al 35 per cento nel 2050. Nel 2010 il tasso di lavoratori anziani ancora impiegati era del 34,4%, 13 punti al di sotto della media europea che è circa del 47%.