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 2014  gennaio 11 Sabato calendario

PDL, ORA I FALCHI FANNO LA VOCE GROSSA

Hanno dato la caccia ai «traditori» per difendere il loro Sire, e adesso ne vengono ripagati con una pugnalata dietro la schiena... Che il vero Traditore, con la maiuscola, sia proprio lui, Re Silvio? Ecco il dubbio che si fa strada tra «falchi» berlusconiani, da quando il Capo ha espresso l’intenzione di collocare al vertice di partito (ma sotto le sue dipendenze, si capisce) un «homo novus» in senso antico, cioè del tutto estraneo alla politica, individuato nella persona molto educata e altrettanto ragionevole di Giovanni Toti, comunicatore Mediaset. Per tutti i reduci della guerra civile contro Alfano, a cominciare da chi maggiormente si era esposto, questa volontà del leader suona a dir poco umiliante. Offensiva. Una prova di ingratitudine e anche di scarso acume politico. Accanite sono le resistenze all’investitura di Toti, sebbene nessuno finora sia venuto pubblicamente allo scoperto e il solo Fitto abbia preannunciato al Capo l’intenzione di rompere rumorosamente il silenzio, casomai dovesse dar corso ai suoi propositi.
Tace in particolare Verdini, cioè colui che più di tutti subirebbe un declassamento: ben noto, del resto, è lo scarso feeling di Denis coi giornalisti. E si mostra molto serena la Santanché, tuttora impegnatissima a organizzare incontri del Cavaliere, come se la competizione interna le facesse il solletico. Ma dietro le quinte il braccio di ferro è durissimo, anzi di inusitata violenza, al punto che nelle prossime ore Berlusconi dovrà scegliere tra una marcia indietro parecchio ingloriosa su Toti (e addio a tutti i propositi di cambiare volto al partito) oppure una nuova possibile scissione a destra. Nel preciso istante in cui gli «ultras» si sentissero accantonati perché troppo aggressivi, o poco telegenici, insomma «impresentabili», sarebbe tutto un fuggi fuggi di deputati e senatori. Verso dove? La destinazione poco conta, anche il Gruppo misto farebbe al caso loro in attesa di riciclarsi. Ed è qui che la sfida dei falchi assume i toni, politicamente parlando, del ricatto a colui (Berlusconi) che si illude di liquidarli come se nulla fosse: aggiunti agli altri «boat people» del centrodestra, i nuovi profughi formerebbero una massa di manovra parlamentare importante a sostegno del governo Letta. Con l’obiettivo di tirare avanti non solo fino al 2015, ma addirittura al 2018. E tra quattro anni chi vivrà vedrà...
Tutto questo a Berlusconi è stato detto papale papale. Così come il Cav ha ben presente che Verdini è il suo unico aggancio con Renzi, in quanto negoziatore nemmeno tanto segreto della nuova legge elettorale e dei piani strategici che (nelle menti immaginifiche di Arcore) dovrebbero portare prima o poi a un governo guidato da Matteo e sorretto da Forza Italia... Potrebbe Berlusconi declassare Verdini senza interrompere così facendo il contatto col sindaco di Firenze? «Impossibile», garantisce chi è al corrente dei rapporti personali tra Denis e Matteo, giudicati molto stretti, ma soprattutto dell’amicizia vantata dal primo nei confronti di papà Renzi e della sua famiglia. Ma qui è meglio fermarsi, perché davvero si rischia di sprofondare tra i pettegolezzi e i veleni di un pianeta dove l’aria diventa, di giorno in giorno, più irrespirabile.

In bilico Denis Verdini, deus ex machina del Pdl,

Hanno dato la caccia ai «traditori» per difendere il loro Sire, e adesso ne vengono ripagati con una pugnalata dietro la schiena... Che il vero Traditore, con la maiuscola, sia proprio lui, Re Silvio? Ecco il dubbio che si fa strada tra «falchi» berlusconiani, da quando il Capo ha espresso l’intenzione di collocare al vertice di partito (ma sotto le sue dipendenze, si capisce) un «homo novus» in senso antico, cioè del tutto estraneo alla politica, individuato nella persona molto educata e altrettanto ragionevole di Giovanni Toti, comunicatore Mediaset. Per tutti i reduci della guerra civile contro Alfano, a cominciare da chi maggiormente si era esposto, questa volontà del leader suona a dir poco umiliante. Offensiva. Una prova di ingratitudine e anche di scarso acume politico. Accanite sono le resistenze all’investitura di Toti, sebbene nessuno finora sia venuto pubblicamente allo scoperto e il solo Fitto abbia preannunciato al Capo l’intenzione di rompere rumorosamente il silenzio, casomai dovesse dar corso ai suoi propositi.
Tace in particolare Verdini, cioè colui che più di tutti subirebbe un declassamento: ben noto, del resto, è lo scarso feeling di Denis coi giornalisti. E si mostra molto serena la Santanché, tuttora impegnatissima a organizzare incontri del Cavaliere, come se la competizione interna le facesse il solletico. Ma dietro le quinte il braccio di ferro è durissimo, anzi di inusitata violenza, al punto che nelle prossime ore Berlusconi dovrà scegliere tra una marcia indietro parecchio ingloriosa su Toti (e addio a tutti i propositi di cambiare volto al partito) oppure una nuova possibile scissione a destra. Nel preciso istante in cui gli «ultras» si sentissero accantonati perché troppo aggressivi, o poco telegenici, insomma «impresentabili», sarebbe tutto un fuggi fuggi di deputati e senatori. Verso dove? La destinazione poco conta, anche il Gruppo misto farebbe al caso loro in attesa di riciclarsi. Ed è qui che la sfida dei falchi assume i toni, politicamente parlando, del ricatto a colui (Berlusconi) che si illude di liquidarli come se nulla fosse: aggiunti agli altri «boat people» del centrodestra, i nuovi profughi formerebbero una massa di manovra parlamentare importante a sostegno del governo Letta. Con l’obiettivo di tirare avanti non solo fino al 2015, ma addirittura al 2018. E tra quattro anni chi vivrà vedrà...
Tutto questo a Berlusconi è stato detto papale papale. Così come il Cav ha ben presente che Verdini è il suo unico aggancio con Renzi, in quanto negoziatore nemmeno tanto segreto della nuova legge elettorale e dei piani strategici che (nelle menti immaginifiche di Arcore) dovrebbero portare prima o poi a un governo guidato da Matteo e sorretto da Forza Italia... Potrebbe Berlusconi declassare Verdini senza interrompere così facendo il contatto col sindaco di Firenze? «Impossibile», garantisce chi è al corrente dei rapporti personali tra Denis e Matteo, giudicati molto stretti, ma soprattutto dell’amicizia vantata dal primo nei confronti di papà Renzi e della sua famiglia. Ma qui è meglio fermarsi, perché davvero si rischia di sprofondare tra i pettegolezzi e i veleni di un pianeta dove l’aria diventa, di giorno in giorno, più irrespirabile.

Hanno dato la caccia ai «traditori» per difendere il loro Sire, e adesso ne vengono ripagati con una pugnalata dietro la schiena... Che il vero Traditore, con la maiuscola, sia proprio lui, Re Silvio? Ecco il dubbio che si fa strada tra «falchi» berlusconiani, da quando il Capo ha espresso l’intenzione di collocare al vertice di partito (ma sotto le sue dipendenze, si capisce) un «homo novus» in senso antico, cioè del tutto estraneo alla politica, individuato nella persona molto educata e altrettanto ragionevole di Giovanni Toti, comunicatore Mediaset. Per tutti i reduci della guerra civile contro Alfano, a cominciare da chi maggiormente si era esposto, questa volontà del leader suona a dir poco umiliante. Offensiva. Una prova di ingratitudine e anche di scarso acume politico. Accanite sono le resistenze all’investitura di Toti, sebbene nessuno finora sia venuto pubblicamente allo scoperto e il solo Fitto abbia preannunciato al Capo l’intenzione di rompere rumorosamente il silenzio, casomai dovesse dar corso ai suoi propositi.