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 2014  gennaio 11 Sabato calendario

IL DECLINO DI SANTORO

C’era una volta uno show imprescindibile, di quelli che correvi a casa per non perderti neanche le prime battute, di quelli che face­vano strillare i politici, che bloc­cavano le rotative dei giornali, che attiravano milioni di spetta­tori che temevano di non saper­ne­abbastanza l’indomani in uffi­cio. Praticamente un consiglio dei ministri del giovedì sera. In­somma, c’era una volta Servizio Pubblico , o Annozero o Il raggio verde o Samarcanda o Rosso e Ne­ro o Temporeale che dir si voglia, perché in fondo sono titoli dello stesso programma, il capostipi­te del talk show, il format al quale tutti hanno dovuto, volenti o no­lenti, ispirarsi.E c’era una volta il suo inventore, Michele Santoro, l’anchorman che ha fatto dispe­rare tutti i vertici della Rai che si sono susseguiti, Mauro Masi in testa, e che ha brandito per due decenni la spada contro l’arcine­mico Silvio Berlusconi (salvo gli anni trascorsi a Mediaset dove, inviso ai capi prodiani Rai, fu cla­morosamente accolto).
Bene,ora dov’è finito«Miche­le chi», l’uomo che (anche) sul celeberrimo anatema di Enzo Si­ciliano seppe ricostruirsi una carriera? Non preoccupatevi, ammiratori o detrattori che sia­te, lui è ancora lì, inossidabile, al giovedì sera su La7. Ma il suo im­pero, il suo potere, la sua forza (forse) cominciano a declinare. L’altra sera la puntata dedicata alla crisi sociale, ospiti il capo­gruppo azzurro Renato Brunet­ta­e il segretario della Fiom Mau­rizio Landini, ha raccolto solo un milione 872 mila spettatori e uno share del 7,84 per cento, il ri­sultato più basso da quando il giornalista si è trasferito su La7. E che sarà mai, si penserà: ci voglio­no numeri ben peggiori per de­cretare la morte televisiva di un guru come Santoro. Certamen­te.
Servizio pubblico continua a mietere ascolti succulenti in rap­porto a una rete come La7 (che pure macina numeri sempre mi­gliori) e anche a molte altre. Il fat­to è che anche un grande amma­liatore come Michele deve assi­stere a una progressiva erosione degli ascolti. Certo, giovedì sera su Raiuno è andato in onda Don Matteo che ha sbancato gli ascol­ti con il 31% di share e su Raidue Udinese-Inter ha raccolto un ot­timo 12%, però di concorrenza (e comunque il pubblico delle fiction del primo canale non è quello interessato ai dibattiti po­litici) il talk ne ha avuta sempre a dismisura. E, nonostante film, show o fiction acchiappa-ascol­ti, ha raggiunto vette di più del 30 per cento di share e 5 o 6 milioni di spettatori (parliamo dei tempi di Raidue, ovviamente).
Come ebbe a dire Carlo Frecce­ro, uno che sulla tv la sa lunga, in un’intervista all’ Espresso a ini­zio autunno, Santoro ha «la con­sapevolezza di essere alla fine di un ciclo. Quello che doveva da­re, lo ha dato: gli tocca solo atten­dere che sulla sua storia, e su quella del nemico Berlusconi, ca­li il sipario». Perché, si sa, gran parte della sua fortuna televisi­va, lo sciamano della sinistra l’ha costruita sulla lotta all’ulti­ma intercettazione sulle maga­gne del leader del centrodestra. Dalle prime telefonate dell’ex premier in diretta a Il raggio ver­de ( «Lei è un dipendente del ser­vizio pubblico, si contenga!) al­l’­editto bulgaro del 2002 che por­tò al secondo esodo del giornali­sta dalla Rai, fino alla «spolvera­ta » del Cavaliere alla sedia di Marco Travaglio nel mitico duel­lo finale dello scorso gennaio su La7 (8 milioni 670mila spettato­ri!), Santoro è riuscito a trasfo­r­mare l’odio e la rabbia dei leader e del popolo del centrodestra nei suoi confronti in una grandissi­ma sceneggiata teatrale. Che si è giocata sugli schermi e anche fuori (i contrasti con i dirigenti, le uscite di scena eclatanti, i titoli sui giornali, le prese di posizioni politiche), contribuendo a in­cendiare gli animi e a scaldare l’attesa per la successiva punta­ta.
Ora che l’agenda politica è det­tata dai mini scontri Letta-Alfa­no- Renzi,e che ci ritroviamo a di­battere all’infinito su temi noiosi come Imu, Tares e crisi economi­ca, di sicuro i talk politici hanno meno appeal: tutti, su tutte le re­ti, soffrono di una perdita netta di ascolti. Dunque, a Michele toc­ca sperare che l’arcinemico tor­ni presto in pista. Del resto, quel­li che hanno dato il Cavaliere per morto, politicamente parlando, si sono sempre dovuti ricredere. Nello stesso modo in cui, quelli che hanno cercato di spegnere il microfono di Santoro, sono stati sconfitti. Beh, alla prossima cam­pagna elettorale...