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 2014  gennaio 10 Venerdì calendario

Dal taschino di Berlusconi esce sempre qualche piccolo o grande delfino. Chi per fare il successore in pectore del Cavaliere addirittura come nuovo leader dei moderati (ma tanto dopo Silvio solo Silvio ci può essere secondo Silvio) e chi, più in piccolo, per essere messo a dirigere il partito di Berlusconi ed essere illuminato dalla sua luce

Dal taschino di Berlusconi esce sempre qualche piccolo o grande delfino. Chi per fare il successore in pectore del Cavaliere addirittura come nuovo leader dei moderati (ma tanto dopo Silvio solo Silvio ci può essere secondo Silvio) e chi, più in piccolo, per essere messo a dirigere il partito di Berlusconi ed essere illuminato dalla sua luce. Che s’accende si spegne con regale leggerezza, secondo i piaceri e le bizze del sovrano. E’ il delfino numero trenta Giovanni Toti, arrivato nel cuore di Silvio dopo che ne è uscito Alfano ma forse Angelino sta per rientrarne perchè è mutevole il sentimento del super-leader che non innalza mai davvero nessuno ma neanche gode nello scaricare le persone di cui si è stufato. O meglio, una trentina, ma forse anche di più dal ’93 e soprattutto dal ’96 a oggi, sono le cotte, i piccoli colpi di fulmine (a volte grandi: come quando nell’estate del 2007 voleva affidare tutta la baracca a Michela Vittoria Brambilla, ora degradata a consigliera zoologico-animalista che comunque non è poco), le infatuazioni, le voglie di creare nuovi Silvio o simil-Silvio (anche in salsa femminea) sapendo che è impossibile. Prima ancora di puntare su se stesso, nel ’93, Berlusconi già aveva un delfino, o meglio un alter ego ovvero un sostituto («Ma è troppo molle») capace forse di impedire la dittatura bolscevico-occhettiana in Italia. Ma l’accordo con il prescelto, Mariotto Segni, non si chiuse e allora sua Emittenza scese in campo personalmente. Per due anni, dal ’94 al ’96, si stette calmo, ma appena cominciò quella fase che Silvio chiamò «la traversata nel deserto» (la dura vita all’opposizione dopo il Ribaltone di Bossi e fino alla rivittoria nel 2001 e Scajola gestì le liste con mano sicura) Berlusconi s’è messo a giocare pazzamente con le figurine. Il ’96 è l’anno di Letizia Moratti che successivamente, come «la nostra Lady Ferro», rispunterà come ereditiera quasi certa cioè improbabile. Ora il posto di Letizia nell’album è di Marina Berlusconi o di Barbara e la prima come trainer per la leadership ha l’ex filosofo, e fondatore di Forza Italia, Paolo Del Debbio sul quale più volte in passato e di recente Silvio ha fatto un pensierino come «nuova guida dei moderati» in quanto «è spigliato in tivvù». E comunque, Moratti ballò un annetto ma ancora nel 2010, sindachessa di Milano, si trovò a smentire in un take dell’Adnkronos del 1 aprile: «Non sono il delfino di Berlusconi. Il Cavaliere ha tanti delfini e tutti validissimi». E anche, spesso, somigliantissimi - almeno agli occhi del Re - tra di loro. Lui predilige i bellini, composti e gentili, piuttosto alti di statura per supplire nel suo immaginario ai centimetri che gli mancano: Toti è così e lo è un altro vecchio sogno (svanito) che si chiama Franco Frattini, per non dire di Mauro Pili. Pili chi? Sardo e governatore della Sardegna, pettinato e piacente, fisicamente slim, con però un difettuccio che gli è costato la carriera anche agli occhi del suo grande mentore. Nel discorso di insediamento da presidente sardo, recitò un discorso ricalcato pari pari da un testo che si riferiva originariamente alla Lombardia. E così, si scoprì che il fiume Ticino bagna la Barbagia e il Mincio scorre in Costa Smeralda. E Maurizio Scelli, che doveva sostituire tutti i «parrucconi» forzisti - eterno incubo del Presidentissimo - grazie alla sua esperienza alla Croce Rossa? Svanito in un attimo, e subito dopo la sua convention personale a Firenze disertata quasi anche da lui stesso. Un elenco telefonico potrebbero riempire le mancate promesse messe in campo da Silvio. E via: Alfio Marchini, Corrado Passera, Mario Monti («Gli affido la guida del centrodestra moderato»), Daniela Santanchè (tuttora in pista per un ruolo super-top ma meno di prima), Luca di Montezemolo (Berlusconi provò a convincerlo nel 2012), Fini e Casini (ma lì non c’era amore), Formigoni (ma in realtà Silvio non lo ha mai amato), Guido Barilla, Guido Martinetti (il mister Grom dei gelati, cometa di un giorno), Gianni Letta (ovvio), Gianpiero Samorì. E Guido Bertolaso? E Fitto, che ancora mastica amaro? E la Carfagna portavoce unica, ossia una Silvia più mora e piacente di lui? Sogni, bufale, sbandamenti. Con una morale in queste ore spesso ripetuta a Toti da chi gli vuole bene: «Ma sei sicuro che domani Silvio, che ti ha appena dato il quid, non te lo toglie?».