Paolo Siepi, ItaliaOggi 10/1/2014, 10 gennaio 2014
PERISCOPIO
Perché Saccomanni fa il ministro? Jena. La Stampa.
Abbiamo tutti gli anni contanti. Alessandro Bergonzoni. il venerdì.
Quando Dudù vede Renzi, morde Silvio. Francesco Borgonovo. Libero.
Ma ragionier Saccomanni, cosa ci combina al ministero dell’economia? Non c’è giorno senza una sua gag sulla casa che si conclude sempre con un nulla di fatto. Mi ricorda una celebre gag di Totò che fermava tutti perché stava per venirgli uno starnuto; lo annunciava, lo mimava, predisponeva il volto, e poi niente «mi è passata» diceva, e la scena si ripeteva. Così fa lei, ragionier Saccomanni. Marcello Veneziani. Il Giornale.
Piano con le parole. Saccomanni era solo il mero esecutore. Non l’utilizzatore finale. Maurizio Crippa. Il Foglio.
«Noi non siamo forconi», dice Chiavegato, «è un nome che ci è stato dato. Life invece è un’associazione libera da partiti e sindacati che combatte contro burocrazia, tasse e ostacoli contro le piccole imprese». Eleonora Vallino, La Stampa.
A Torino, nel congresso Pd più pazzo del mondo, un tal Vincenzo Iatì viene eletto segretario del circolo Pd più glorioso e numeroso della città, quello della Barriera di Milano, che oggi conta ben 745 iscritti (più che raddoppiati dal 10 ottobre, quand’erano 346). Chi è Iatì? Un ex ragazzo del Sud che negli anni 90, nel paesone periferico di Borgaro, s’è arrabattato fra furti di auto e ricettazioni, collezionando più di una condanna e più di un soggiorno nella patrie galere. L’ultima volta, l’hanno arrestato in flagranza di reato perché picchiava la moglie, che prima lo denunciò e poi ritirò la querela. Forte di questo curriculum, ottenuta la riabilitazione del tribunale di sorveglianza (istituto previsto per i pregiudicati che non commettano più reati nei successivi vent’anni) Iatì si dà alla politica. Esordisce nel Pdl per poi darsi, con più successo, al Pd. Marco Travaglio. Il Fatto quotidiano.
Pina, iscritta da 40 anni al Partito (Pci, Pds, Ds, Pd) nella sezione, oggi circolo, di Torbellamonica, periferia di Roma e sostenitrice della lista dei giovani, mi parla di pacchi di pasta e cappuccini in cambio di tessere: «Se ce la facciamo a sfangarla contro ’sta melma, resto. Se no me ne vado». Tra i tanti nuovi iscritti, il suo mancato rinnovo, forse, non si noterà neanche. Diego Bianchi. il venerdì.
C’è chi si è dato ad amori mercenari senza pagare l’Iva, e la ragazza l’ha denunciato. Massimo Bucchi. il venerdì.
I sei stabilimenti Fiat in Italia (Mirafiori, Grugliasco, Cassino, Atessa, Melfi, Pomigliano) rimarranno aperti o meno. Certo, Marchionne ha rassicurato. Ma anche questo è ovvio: in attesa che la fusione Fiat-Chrysler si faccia, l’uomo in maglione deve continuare a ripetere quello che ha detto in questi anni. Ma dopo, quando con la fusione si sarà superato il punto di non ritorno, perché si dovrebbe seguitare a fare nelle fabbriche italiane le utilitarie (a parte forse, le produzioni di nicchia di Maserati, Ferrari e Alfa)? La produzione Fiat-Chrysler per l’Europa si farà all’Est, Polonia in primis. Cioè dove costa meno: ovvio, no? Con buona pace dei ministri e dei sindacalisti che adesso si sono lasciati andare a espressioni di giubilo. Enrico Cisnetto. Il Foglio.
Non ammiro gli slanci adoranti di alcuni berlusconiani. Ma quando vedo l’arroganza e la settarietà intolleranti di alcuni antiberlusconiani, finisco per pensare che abbiano ragione con il loro «meno male che Silvio c’è». Mario Cervi. Il Giornale.
Nella Roma del sindaco Ignazio Marino ci sono archi e piccoli passaggi tra i vicoletti attorno a Piazza Navona, Campo dei Fiori e piazza Farnese che sono diventati recessi che tutti conoscono, anche le amministrazioni che fanno finta di non sapere: sacchetti, materassi, porte sfasciate, e qualcuno al Testaccio li butta direttamente del balconi di casa come nei film di Ficarra e Picone. Francesco Merlo. la Repubblica.
Una piccola cosa dalla quale mi piacerebbe cominciare un nuovo giorno, è la scomparsa dei talk show. Questi talk show politici all’italiana che esistono soltanto da noi e spiegano da soli l’inamovibilità di una classe dirigente pur fallimentare. Una di queste sere, giri i canali e non ne trovi più nessuno, né Vespa, né Santoro, né gli imitatori di Vespa e Santoro. Quel giorno avrebbe inizio in Italia la rivoluzione. Curzio Maltese. il venerdì.
Questo Piccolo Teatro non è molto cambiato. È sempre lo stesso posto in cui Paolo Grassi e io penetrammo una mattina del 1947, dopo aver rotto un catenaccio, un cinema per coppiette, e i camerini erano state celle di tortura. Giorgio Strehler intervistato da Enzo Biagi a Linea diretta. Rai, 1989.
Riletta a una distanza che si avvicina al secolo, la letteratura dell’epoca della prima guerra mondiale appare a tal punto intossicata dall’odio nazionalista da far pensare che l’Europa sia stata vittima dei poeti, dei romanzieri e dei professori di storia, prima e ben più che dei sovrani, presidenti e militari, che si limitarono infine a trarne le conclusioni. La guerra della rovina dell’Europa distilla e matura i suoi veleni nelle biblioteche e negli studi, ben prima che gli Stati Maggiori si decidano ad elaborare i loro piani. D’Annunzio che intona, intorno al 1900, le sue fanfare guerriere, è, a sua volta, soltanto un allievo tardivo dell’antigermanesimo isterico e decadente, ultracattolico e ultralatino, di Maurice Barrès, che nel «figliol prodigo, l’enfant de volupté» italiano, attendeva da anni nel caldo ovile dell’odio razziale, di quella «rèsistance du gènie latin, entente durable contre le germanisme» (resistenza del genio latino, intesa durevole contro il germensimo ndr), che doveva celebrare, prima o poi, i suoi fasti nel vasto macello. Piero Buscaroli, Paesaggio con rovine. Camunia.
Ho collaborato con Federico Fellini nella sceneggiatura del Satyricon. Fu un’esperienza straordinaria vederlo dirigere un film. Il mio rapporto con lui fu propiziato da Antonello Trombadori. Fellini gli chiese se conosceva un latinista (senza il basco in testa, precisò ironico) che lo potesse aiutare, non tanto a dirgli cosa fare, quanto cosa non fare. Aveva delle battute meravigliose. E diventammo amici. Per come si poteva intendere l’amicizia con lui. Qualcosa di volatile. Luca Canali, latinista. la Repubblica.
Sono una piccola ape furibonda. / Mi piace cambiare di colore. / Mi piace cambiare di misura. Poesia di Alda Merini da lei inviata ad Adriano Celentano.
La sciatteria del corpo si accompagna quasi sempre a quella dello spirito. Roberto Gervaso. Il Messaggero.