Valeria Pacelli; Nello Trocchia, Il Fatto Quotidiano 10/1/2014, 10 gennaio 2014
IL RAS DEI RIFIUTI: “HO FATTO PIÙ IO CHE NAPOLITANO”
Mo’ scusa danno la cittadinanza onoraria a Napolitano, ma perché ha fatto più Napolitano che io pe’ Roma?”. Così Manlio Cerroni, dominus assoluto nella gestione dei rifiuti a Roma e nel Lazio, raccontava al telefono il suo ruolo di salvatore della Capitale dall’invasione del pattume. Ma i magistrati romani la pensano diversamente. Nell’inchiesta che ha coinvolto funzionari, politici e professionisti, Cerroni è finito ai domiciliari. Con lui altre sei persone sono state raggiunte da ordinanze di misura ai domiciliari. Si tratta di Piero Giovi, Francesco Rando e Bruno Landi, quest’ultimo già presidente della regione Lazio negli anni 80, presidente di FederLazio ambiente, ma anche Luca Fegatelli e Raniero De Filippis, due dirigenti della regione Lazio, guidata oggi dal Pd Nicola Zingaretti.
I REATI contestati, a vario titolo, agli indagati vanno dall’associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito, alla truffa al falso ideologico. L’inchiesta di cui è titolare il pm romano Alberto Galanti, che ha iscritto in totale 21 persone nel registro degli indagati, scompagina il sistema di malaffare nella gestione del pattume urbano. Un sistema, fatto di soldi e potere, dai “mille rivoli – così scrive il gip Massimo Battistini – caratterizzati da reati contro l’ambiente e la pubblica amministrazione”. Manlio Cerroni da oltre tre decenni gestisce la mega discarica di Malagrotta, chiusa da pochi mesi, dove i rifiuti di Roma e del Vaticano hanno trovato sistemazione in assenza di un piano di gestione da capitale europea. La finanza ha eseguito anche un sequestro per equivalente per un valore di 18 milioni di euro alle società E.Giovi e Pontina Ambiente, provento di reati. Il Gip parla di una imponente struttura informale in grado di condizionare la Pubblica amministrazione e in parte la politica. L’inchiesta, condotta dal maggiore dei carabinieri del Noe Pietro Rajola Pescarini e dal colonnello del nucleo operativo Sergio De Caprio, si divide in quattro filoni. Uno in particolare era stato avviato dalla Procura di Velletri, pm Giuseppe Travaglini, poi spostata a Roma per competenza territoriale dove si è riunificata con altre indagini pre-esistenti. Ecco i filoni dell’inchiesta: il traffico illecito di rifiuti e la truffa sul cdr (combustibile derivato dai rifiuti) prodotto nel Tmb (impianto di trattamento meccanico biologico) di Albano, solo una parte veniva realmente bruciata con aggravio di costi per i comuni e risparmio per Cerroni che lo portava a costo zero nelle sue discariche; le irregolarità nella realizzazione dell’invaso di Monti dell’Ortaccio; le tariffe per lo smaltimento dei rifiuti in due comuni del Lazio con attività illecite volte a impedire l’ingresso di concorrenti; gli illeciti per la realizzazione dell’inceneritore di Albano. Quest’ultima parte dell’indagine coinvolge anche Piero Marrazzo, ex presidente della Regione, indagato per falso e abuso d’ufficio. In particolare per un’ordinanza, ritenuta illegittima, secondo l’accusa, emanata, a ottobre 2008, quando il suo ruolo di commissario straordinario era scaduto. Ordinanza volta a favorire Cerroni nella costruzione dell’inceneritore anticipando i tempi e facendo rientrare l’impianto nel sistema premiante dei Cip6, incentivi economici per l’energia prodotta dalla combustione dei rifiuti. Nell’ordinanza emerge il ruolo dello scomparso Mario Di Carlo, ex assessore della giunta Marrazzo, cerroniano di ferro. Così come di Fabio Ermolli, indagato, oggi alla sezione provinciale, assunto nel 2008, scelto dopo aver lavorato in una società bresciana, appartenente alla galassia di Cerroni. Quello realizzato dal privato e dai dirigenti di stato viene definito dal Gip Massimo Battistini come un vero e proprio “sodalizio criminale”. Da un lato il “Supremo”, Manlio Cerroni, monopolista del settore con i suoi fidati uomini, e dall’altra i funzionari pubblici, pagati dallo stato, ma a disposizione della galassia del dominus di Roma. Il monopolio dell’ottavo re della Capitale avrebbe così condizionato i livelli amministrativi dalla provincia alla regione passando per i commissari straordinari per i i rifiuti. Tra gli indagati per associazione a delinquere c’è Romano Giovannetti, capo segreteria dell’allora assessore Pdl Pietro Di Paolantonio (estraneo all’indagine), quando presidente era Renata Polverini, ma anche Luca Fegatelli, per anni a capo del settore rifiuti, che con Nicola Zingaretti alla guida del Lazio è diventato direttore dell’agenzia regionale per i beni confiscati alle organizzazioni criminali. Il presidente chiarisce: “L’ho spostato. La legge mi impedisce di rimuoverlo”. Ma per gli inquirenti, Fegatelli, è il vero regista in regione degli interessi e dei voleri di Cerroni. Ai domiciliari anche Renato De Filippis, anche lui confermato da Zingaretti, oggi alla guida della direzione regionale ambiente e politiche abitative. Ma nell’inchiesta i riferimenti alla politica sono molti di più.
Nell’informativa dei carabinieri del Noe inviata alla Procura di Velletri, tra le telefonate c’è una conversazione di Cerroni con l’attuale assessore regionale Michele Civita (estraneo all’inchiesta), quando era assessore in Provincia. Era il 2010. “L’assessore – scrivono i carabinieri nell’informativa – sebbene in un primo momento sembra tenere testa alle pretese dell’avvocato, alla fine soccombe dietro la paura di creare un problema igienico-sanitario simile a quello vissuto dalla città di Napoli, così come paventato dal Cerroni stesso”. E alla fine il modello Cerroni vinceva. E il gip ne descrive chiaramente il sistema: “Costruire l’emergenza e, contemporaneamente, programmare la via d’uscita presentandosi come l’unica alternativa”.